5 aprile 1895, Oscar Wilde condannato per sodomia

5 aprile

Il 5 aprile 1895 lo scrittore irlandese Oscar Wilde venne definitivamente condannato per sodomia e grave indecenza, costretto ai lavori forzati.

Esponente del decadentismo e dellestetismo britannico, Oscar Wilde è stato uno dei più brillanti scrittori, poeti e drammaturghi dell’era vittoriana. Egli ha conosciuto una grande fama per la sua narrativa breve, i saggi, i dialoghi e le commedie teatrali, ma la sua vita ha purtroppo conosciuto anche un periodo molto difficile segnato da una data: 5 aprile 1895, giorno della sua condanna per omosessualità.

Oscar Wilde era sposato con Constance Lloyd, una giovane donna di cinque anni più giovane di lui. Wilde la conobbe nel 1881 dopo una visita a casa della ragazza in compagnia di sua madre. Lo scrittore ne rimase così affascinato che decise di convolare a nozze il 29 maggio 1884. Il matrimonio dette alla luce due figli: Cyril nacque il 5 giugno 1885 e Vyvyan il 5 novembre 1886. Dopo la nascita dei figli, la vita matrimoniale divenne sempre più difficile per Oscar e Constance, poiché già all’epoca Wilde era solito frequentare dei giovani uomini.

Il 5 aprile 1895, Oscar Wilde venne accusato a seguito della sua amicizia molto forte con Lord Alfred Douglas, detto Bosie. Wilde conobbe il giovane a metà del 1891, quando il cugino Lionel Johnson glielo presentò. Alfred all’epoca era uno studente universitario a Oxford. Tra i due nacque una profonda amicizia fino alla nascita di una relazione tormentata nel 1893. Lord Alfred era un giovane viziato, Wilde assecondava ogni suo capriccio e si lasciò trascinare nel mondo della prostituzione gay.

Il padre di Lord Alfred era il marchese di Queensberry, noto per i suoi modi brutali. Egli infatti litigava spesso con il figlio sulla natura della sua amicizia con Wilde ed arrivò ad affrontare lo scrittore nel 1894, quando si recò a casa sua minacciandolo. La diatriba continuò fino al 18 febbraio 1895, quando il marchese lasciò il suo biglietto da visita al club di Wilde, l’Albemarle, con scritto: “Per Oscar Wilde, in posa sodomita“. Wilde replicò con un’accusa per diffamazione che portò all’arresto di Queensberry. Il marchese poteva essere rilasciato solo dimostrando che la sua accusa era in realtà vera. Ben presto la vita privata di Wilde divenne di dominio pubblico poiché gli avvocati della parte opposta iniziarono ad indagare nella suo privato portando alla luce la relazione con uomini omosessuali che si prostituivano e varie persone vennero chiamate a testimoniare.

Tutto questo portò ad un processo che iniziò il 3 aprile 1895 a Londra. Le prove e le testimonianze acquisite dagli avvocati di Queensberry erano schiaccianti. Wilde tentò di difendersi affermando che alcune lettere che aveva indirizzato a Douglas erano scritte in linguaggio poetico e per questo facilmente fraintendibili. Anche se Wilde cercò di rigettare le accuse sostenendo che tutti gli uomini che l’accusa aveva citato erano dei semplici amici, alcuni di essi erano disponibili a testimoniare di aver avuto dei rapporti intimi con Wilde. Per questo il 5 aprile 1895 Queensberry venne ritenuto non colpevole di diffamazione e Oscar Wilde ufficialmente colpevole di sodomia, costretto inoltre a pagare le spese che Queensberry aveva sostenuto per la sua difesa, le quali lasciarono Wilde in bancarotta.

Lo stesso giorno, il 5 aprile 1895, venne rilasciato un mandato di arresto per Wilde con l’accusa di sodomia e grave indecenza. Alcuni amici dello scrittore gli consigliarono di partire per la Francia, ma Wilde sostenne che era troppo tardi. Il giorno dopo venne arrestato e imprigionato in custodia cautelare a Holloway. Durante il secondo processo venne interrogato circa l’espressione “l’amore che non osa pronunciare il suo nome”. Wilde lo definì come un profondo affetto spirituale, puro quanto perfetto, la forma più nobile ed intellettuale dell’affetto. La risposta non aiutò l’uomo ma si rivelò controproducente poiché rafforzò l’idea della sua colpevolezza. Nel processo finale Wilde venne condannato a due anni di lavori forzati, anche se in seguito il giudice affermò che la pena era “totalmente inadeguata per un caso con questo”.

Nel 1897, durante il periodo del carcere, scrive una delle sue opere più toccanti, De Profundis, una lunga lettera indirizzata all’amante Alfred Douglas, il quale nel frattempo si era allontanato da lui, non rispondendo nemmeno alle sue lettere. Nella lettera, che Wilde dovette comporre una pagina alla volta a causa delle restrizioni del carcere, Wilde racconta della sua relazione con Bosie, incolpando il giovane di aver causato la sua rovina, sia morale che economica, e se stesso per la debolezza nel non sapersi limitare alle richieste del giovane. La loro indole era profondamente diversa al punto tale da interferire nella produzione artistica dello scrittore, infatti il periodo trascorso insieme fu infruttuoso dal punto di vista artistico. Più volte Wilde avrebbe voluto porre fine alla loro relazione, prevedendo il baratro che lo aspettava, ma non ne fu mai capace. Nel De Profundis si può leggere: “A te sono toccati in sorte libertà, piaceri, divertimenti, una vita di agi; e tu non ne sei degno. A me è toccato un destino di pubblica infamia, una lunga prigionia, e infelicità, rovina, disonore; e di questo, nemmeno io sono degno; non ancora per lo meno.”

Il 5 aprile divenne la data iniziatrice del dolore nella vita dell’artista. Alfred negò di aver mai ricevuto la lettera. Tuttavia, una volta scarcerato il 19 maggio 1897, quel legame tormentato ma profondo fece sì che i due si ritrovassero e il 20 settembre partirono insieme per Napoli. Fu solo nell’anno successivo che i due si lasciarono definitivamente e Wilde riprese la sua produzione artistica. La sua amara vita però incontrò la malattia fisica: si ammalò di nevrastenia, poi venne operato a causa di un’otite non curata. Dal settembre 1900 rimase costretto a letto e arrivò a perdere l’uso della parola. Si spense all’età di 46 anni il 30 novembre.

Oscar Wilde ci ha lasciato tante opere che ancora oggi riscuotono un grande successo, anche se le dure prove affrontate lo portarono ad affermare durante l’ultimo anno di vita: “Ho scritto quando non conoscevo la vita. Ora che so il senso della vita, non ho più niente da scrivere. La vita non può essere scritta: la vita può essere soltanto vissuta”.

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

A proposito di Ilaria Panaro

Laureata in lingue e letterature europee, il mio amore per la parola scritta ha guidato ogni passo della mia formazione e carriera. Appassionata di letteratura, mi sono dedicata allo studio delle lingue alla scoperta delle sfumature culturali che permeano le letterature e le culture. Questa passione si riflette anche nel tempo libero poiché sono solita immergermi in opere letterarie di vario genere e periodo. La mia vita è una fusione tra l'amore per le lingue, la dedizione alla letteratura e la gioia della lettura e scrittura.

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