Il crepuscolo della civiltà: la vicenda di Patrick Zaki

Il crepuscolo della civiltà: la vicenda di Patrick Zaki

Patrick Zaki resterà altri 45 giorni in carcere. Lo ha deciso il tribunale antiterrorismo del Cairo dopo la richiesta degli avvocati di rilascio e dopo una grande mobilitazione mediatica, anche a opera di star internazionali. Patrick resta lì, dentro le mura del silenzio, nell’orrore delle situazioni che non possono essere cambiate e che finiscono poi per cambiano loro te, nel caos degli eventi, nell’avvilente “mercanteggio” per la libertà. Nel paradosso di un tempo che non scorre allo stesso modo per tutti i posti, che a volte viene scandito diverso a seconda di dove ti trovi e che rimbalza dentro sé stesso come un flipper.
In Egitto, per esempio, è una notte fonda, buia come la pece e senza luce. Si cammina a tentoni e si fa fatica persino a capire dove mettere i piedi e se messi male, si rischia di non muoverli più, per sempre.

Nel resto del mondo invece è il crepuscolo, col sole appena declinato che sembra tutto l’auspicio di ristoro e invece è solo la fine del giorno, frettoloso, uguale al precedente.
Nella vicenda di Zaki il tempo è cattivo e lunghissimo, fagocita tutto quello che di buono è stato detto e lascia che si diradi, muoia. Però Patrick Zaki lo sa come vanno queste cose, sa che una parola detta ha un riverbero enorme, corre più forte dell’orologio e se compresa attecchisce pure, che è rivoluzionaria qualche volta.

Per questo è in carcere. Lo sa che sta lì, ché non gli andava proprio di camminare in un posto dove ogni passo deve essere deciso da qualcuno perché altrimenti non ha senso spostarsi, che ci sono rumori di passi che sono meno forti di altri e vanno ascoltati meglio e si riesce solo se c’è qualcuno che li racconta veramente.
Sa che sta lì anche perché lui è uno che pensa, tanto, molto più di quelli che sono indifferenti a quello che gli succede intorno. Pensa pure per loro, perché qualcuno deve pur pensarci e menomale che lo fa lui. Per questo resta rinchiuso. Lui che è sempre così attivo, ora deve stare fermo. Ma Zaki lo sa che non si tratta di coraggio o spavalderia, è normalità. È normale dire che una cosa non funziona quando è rotta e attivarsi per aggiustarla, è più strano il contrario.

Oggi non funziona che Patrick sia detenuto, torturato e rinchiuso per aver denunciato i soprusi del governo egiziano e per aver combattuto per i diritti umani che ogni giorno vengono calpestati. Sarebbe strano e profondamente ingiusto non dirlo, non scandalizzarsi, dormirci la notte quando fuori è il crepuscolo della civiltà.
Scusaci Patrick Zaki

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Scrivo cose e parlo tanto. Mi piace Forrest Gump (anche se sono nata quattro anni dopo il film) e nel tempo libero studio filologia a Napoli. Bella storia la vita come scatola di cioccolatini.

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