Abbigliamento islamico femminile: tradizioni e usanze

abbigliamento islamico femminile: tradizioni e usanze

Quando parliamo delle regole dell’abbigliamento islamico femminile, ci riferiamo a un insieme di norme e consuetudini che hanno radici nel Corano e nelle tradizioni islamiche. Queste regole, che variano in base alle diverse interpretazioni religiose e ai contesti culturali, riguardano principalmente la copertura del corpo e, in particolare, l’uso del velo, per il quale si utilizza spesso il termine arabo hijab. Il termine hijab è stato utilizzato per la prima volta da Ibn Taymiyya nel XIV secolo, egli lo utilizzò per indicare la condizione della donna che osserva l’insieme delle prescrizioni relative all’abbigliamento. Attualmente, con hijab si intende l’obbligo imposto alle donne di coprire il corpo quando si trovano in pubblico o in presenza di uomini con cui potrebbero, in teoria, contrarre matrimonio.

Hijab: significato e origine del termine

Il termine “hijab” deriva dalla radice araba “h-j-b”, che significa “nascondere”, “velare”, “coprire”. In senso più ampio, il concetto di hijab si riferisce a un comportamento modesto e dignitoso, che non riguarda solo l’abbigliamento ma anche l’atteggiamento e il modo di porsi in pubblico.

Le diverse interpretazioni del Corano: copertura integrale vs. copertura parziale

In relazione all’abbigliamento islamico femminile, per quanto riguarda le parti del corpo che le donne possono mostrare, si prende in considerazione il versetto del Corano 24,31. In particolar modo, la seconda parte del versetto può avere diverse interpretazioni dalla quale derivano differenti dottrine. Le principali dottrine sono: quella della copertura integrale del corpo (dottrina minoritaria) e quella della copertura parziale, secondo cui il corpo deve essere coperto per intero fatta eccezione per il viso e le mani (dottrina dominante).

La dottrina della copertura parziale: viso e mani scoperti

Secondo i dotti che seguono la dottrina dominante, le donne possono mostrare il viso e le mani che costituiscono ciò che è visibile. Secondo l’interpretazione delle tradizioni di Ibn Abbas, Dio ha chiesto alle donne di abbassare i copricapi sul collo e non sul viso. Nella tradizione si racconta che Ibn Abbas abbia visto le mani delle donne mentre richiedevano l’elemosina, da qui si è dedotto che si potevano mostrare. Ulteriore tradizione legata a questa dottrina è quella in cui si narra che il profeta, avendo notato che un compagno guardava con insistenza una donna, lo girò per evitare che ne fosse tentato. Questo mostra che le donne andavano in giro senza il viso coperto. Questa interpretazione, che consente di mostrare viso e mani, è quella più diffusa nel mondo islamico.

La dottrina della copertura integrale: il concetto di ‘awra

Secondo la dottrina islamica della copertura integrale del corpo, la donna ha l’obbligo di coprire integralmente il proprio corpo incluso il viso e le mani ovunque viva. L’obbligo per le credenti di velare la faccia è strettamente connesso al fatto che il viso è inteso come la principale fonte di bellezza e di attrazione. Le donne si devono coprire il viso tutte le volte che si trovano in presenza di un uomo con il quale possono contrarre matrimonio, viceversa non dovranno farlo dinanzi al marito e ai parenti con i quali è preclusa l’unione coniugale: padri, suoceri e figli. La seconda tradizione a cui hanno fatto riferimento i dotti per questa dottrina è quella secondo cui “La donna è ‘awra”, termine utilizzato per indicare le parti del corpo che non possono essere viste. Di conseguenza se la donna è ‘awra, tutto il corpo della donna deve essere coperto. Infatti, è da questa tradizione che deriva il divieto per le donne di uscire di casa se non in caso di necessità, perché quando le donne escono attraggono Satana, che si servirà di loro per attrarre gli uomini. Questa interpretazione è seguita da una minoranza di musulmani ed è più diffusa in alcune aree del Medio Oriente, come l’Arabia Saudita.

I diversi tipi di abbigliamento islamico femminile: himar, gilbab, niqab e qafazin

Secondo le regole dell’abbigliamento islamico femminile, per coprire integralmente il proprio corpo le donne possono indossare una combinazione di quattro diversi indumenti ovvero:

1) Himar: un copricapo che la donna deve aver cura di far aderire alla testa per non far fuoriuscire i capelli. Si tratta di un velo che copre i capelli, le orecchie e il collo, lasciando scoperto il viso.
2) Gilbab: il vestito; una tunica lunga e ampia che copre tutto il corpo, dalle spalle alle caviglie.
3) Niqab: ovvero il pezzo di stoffa che viene usato per nascondere la faccia lasciando scoperti solo gli occhi. È un velo facciale che può essere di diversi tipi: alcuni lasciano una fessura per gli occhi, altri coprono anche gli occhi con un tessuto trasparente.
4) Qafazin: guanti, indossati per coprire le mani.

È importante notare che l’uso di questi indumenti varia notevolmente a seconda del contesto geografico e culturale. Ad esempio, il niqab è più comune in alcune regioni del Medio Oriente, mentre in altre aree è sufficiente l’himar. Inoltre, esistono altri tipi di velo, come lo shayla, un foulard lungo e rettangolare che viene avvolto intorno alla testa e appuntato sulle spalle, o il chador, un mantello semicircolare che copre tutto il corpo, diffuso soprattutto in Iran.

Oltre il velo: l’abbigliamento islamico femminile tra religione, cultura e identità

In conclusione, è importante ricordare che conoscere tradizioni ed usanze, come quelle dell’abbigliamento islamico femminile, può aiutare ad ampliare il nostro bagaglio culturale e può guidare nell’interfacciarsi a chi ha costumi diversi dai nostri. L’abbigliamento islamico femminile è un fenomeno complesso che intreccia aspetti religiosi, culturali e sociali. Al di là delle prescrizioni religiose, il modo di vestire delle donne musulmane è influenzato da molteplici fattori, tra cui le tradizioni locali, le tendenze della moda, le scelte personali e le diverse interpretazioni dell’Islam. Per molte donne, indossare il velo è una libera scelta e un modo per esprimere la propria identità religiosa e culturale, mentre per altre può essere percepito come un obbligo imposto dalla famiglia o dalla società. Comprendere queste sfumature è fondamentale per un approccio rispettoso e non giudicante verso una realtà così variegata e complessa.

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Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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