Calligrafia araba: una forma d’arte divina

Calligrafia araba: una forma d’arte divina

La calligrafia araba è molto importante per la cultura islamica: essa rappresenta una delle poche forme d’arte figurative nel mondo arabo.

Uno sguardo alle origini 

Nonostante fosse stata inventata verso il III secolo d.C., il processo di diffusione della calligrafia araba iniziò solo successivamente alla morte di Maometto, nel 632 d.C.: era compito della comunità raccogliere e trascrivere i frammenti del Corano, essendoci fino a quel momento i cosiddetti huffaz che memorizzavano e poi recitavano le sacre scritture a memoria.

La sua forma iniziale viene descritta come abbastanza sgraziata, ma ha avuto un’evoluzione in tempi relativamente brevi, tanto da raggiungere l’apice del suo splendore nel X secolo. Vennero poi pian piano introdotti metodi decorativi per i margini e per l’intera pagina, elaborando tecniche raffinate per abbellire il libro ancor di più. Prima del XII secolo si utilizzava uno stile calligrafico angolato, successivamente invece, con l’invenzione dell’alfabeto Naskh, la calligrafia araba assunse un tratto più curvilineo.

Fin da subito questo sistema calligrafico ha avuto dei forti legami con la sfera religiosa: infatti, viene applicata su ogni tipologia di oggetto, per evidenziare il potere mistico del divino, mettendo per iscritto la parola di Allah. Rappresenta allo stesso tempo una forma d’arte di una bellezza straordinaria, tanto che da qualche anno è entrata a far parte del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

La struttura della calligrafia araba

La calligrafia araba presenta 28 lettere, con cui si scrive da destra a sinistra e può presentare sia uno stile più compatto o allungato, sia angolare o ricurvo. Nonostante ciò, non si tratta soltanto di utilizzare una grande precisione, ma il calligrafo deve sapersi muovere bene tra gli spazi e donare alle lettere la giusta forma per creare un prodotto armonioso ed elegante. Nel corso del tempo si sono sviluppati tanti stili della calligrafia araba, in base ai diversi materiali utilizzati e alle tecniche messe in atto.

L’esempio più antico è quello cufico: esso veniva impiegato per la trascrizione del Corano nei primi secoli e venne creato a Kufa, in Iraq. Questo, inoltre, comprende varie forme come quello fogliato, floreale, arcaico e quadrato.

Altri due stili particolarmente diffusi sono: naskh e nasta’liq. Il primo è quello più diffuso in tutto il mondo arabo, in quanto fa un utilizzo di lettere molto lineari, che sono facilmente comprensibili. Per questo motivo è lo stile di calligrafia araba usato per la redazione del Corano, giornali, il mondo del web e molto altro. Il secondo invece, è uno stile ben più elegante ed è composto da lettere ravvicinate: per questo motivo le vocalizzazioni (segni che indicano le vocali brevi) sono spesso omesse.

A proposito del nasta’liq, le lettere vengono elaborate dai calligrafi con un metodo molto originale: esse sono personificate con oggetti o con entità che sono presenti in natura. In realtà questa è una pratica che veniva utilizzata dai poeti persiani, i quali paragonavano alle lettere dell’alfabeto dei tratti e lineamenti del volto delle persone da loro amate.

Un’ennesima prova del fatto che la calligrafia araba è una forma artistica suprema risiede nel fatto che essa non esprime soltanto una forma di comunicazione scritta. Al contrario, funge anche come rappresentazione visiva a tutti gli effetti in quanto la disposizione particolare delle lettere, delle parole o delle frasi vada a definire delle forme vere e proprie. Ancora, la calligrafia araba può anche essere utilizzata come elemento decorativo di edifici e palazzi: nelle moschee si trovano spesso decori di questo tipo, conosciuti come arabeschi.

La calligrafia araba rappresenta, dunque, un pilastro portante della cultura islamica e non solo, è un tratto peculiare che è in grado di unire varie sfere della vita dell’uomo, creando un unico filo che riconduce alla superiorità artistica e spirituale.

Fonte immagine in evidenza: Freepik

A proposito di Sarah Di Maro

Vedi tutti gli articoli di Sarah Di Maro

Commenta