Aggettivo e avverbio: come distinguerli senza errori
La differenza principale tra aggettivo e avverbio risiede nella loro funzione e variabilità: l’aggettivo qualifica un nome e concorda con esso in genere e numero, mentre l’avverbio modifica un verbo, un aggettivo o un altro avverbio ed è una parte invariabile del discorso. Comprendere questa distinzione è fondamentale per una corretta analisi grammaticale.
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Le parti del discorso nella grammatica italiana
Ogni lingua è costituita da parole, suddivise in diverse parti del discorso o classi lessicali. L’insieme delle norme che regolano il loro uso è la grammatica, un termine che deriva dal greco tèchne grammatikè, ovvero “arte dello scrivere”. In italiano le parti del discorso sono 9, suddivise in 5 variabili e 4 invariabili.
- Parti variabili: articolo, nome, verbo, aggettivo e pronome.
- Parti invariabili: avverbio, congiunzione, preposizione e interiezione.
Cos’è un aggettivo: la parola che qualifica il nome
L’aggettivo (dal latino adiectivus, «che aggiunge») è quella parte variabile del discorso che si affianca al nome per qualificarlo o determinarlo. In base alla sua funzione, si suddivide in qualificativo e determinativo.
- Aggettivo qualificativo: indica una qualità del nome, con cui concorda in genere e numero (es. “un fiore profumato“, “delle rose profumate“). Può avere un grado positivo, comparativo o superlativo.
- Aggettivo determinativo: precisa un aspetto del nome come possesso, posizione o quantità (es. “questo libro”, “mio fratello”).
Cos’è un avverbio: la parola che modifica il verbo
L’avverbio (dal latino ad verbum, «vicino al verbo») è una parte invariabile del discorso che determina o modifica il significato di un verbo, di un aggettivo o di un altro avverbio. Come definito dall’enciclopedia Treccani, la sua funzione è arricchire la frase con precisazioni. Ad esempio, nella frase “Marco corre velocemente“, l’avverbio specifica il modo in cui si svolge l’azione. Gli avverbi si classificano principalmente in avverbi di modo, tempo, luogo, quantità e giudizio.
La differenza fondamentale: come riconoscerli in pratica
Il trucco per distinguere un aggettivo da un avverbio è verificare la sua variabilità. L’aggettivo è variabile e deve sempre concordare con il nome a cui si riferisce. L’avverbio, invece, è invariabile e non cambia mai la sua forma.
- Test di prova: prova a cambiare il genere o il numero del nome. Se la parola che hai il dubbio cambia di conseguenza, è un aggettivo. Se rimane identica, è un avverbio.
- Esempio: “Luca ha una macchina veloce“. Se trasformiamo al plurale, diventa “Luca ha delle macchine veloci“. La parola è cambiata, quindi “veloce” è un aggettivo. Al contrario: “Luca guida velocemente“. Al plurale diventa “Luca e Marco guidano velocemente“. La parola non è cambiata, quindi è un avverbio.
Caratteristica | Aggettivo vs avverbio: le differenze in sintesi |
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A cosa si lega? | Al nome (o pronome) |
È variabile? | Sì, concorda in genere e numero (es. alto, alta, alti, alte) |
Esempio pratico | “Ho letto un libro interessante“ |
A cosa si lega? | Al verbo, a un aggettivo o a un altro avverbio |
È variabile? | No, è sempre invariabile (es. lentamente) |
Esempio pratico | “L’ho ascoltato interessatamente“ |
Come si trasforma un aggettivo in avverbio: la regola del -mente
Molti avverbi di modo si formano a partire da un aggettivo qualificativo seguendo una regola precisa. Si prende la forma femminile singolare dell’aggettivo e si aggiunge il suffisso -mente.
- Esempi: da lenta si ottiene lentamente; da sincera si ottiene sinceramente.
- Casi particolari: come spiega l’Accademia della Crusca, se l’aggettivo termina in -le o -re, la ‘e’ finale cade prima di aggiungere -mente. Esempi: gentile diventa gentilmente; particolare diventa particolarmente.
Esistono anche aggettivi che possono essere usati in funzione avverbiale, mantenendo la stessa forma, come in “parla chiaro” o “vai piano“.
Fonte immagine: Pixabay
Articolo aggiornato il: 26/09/2025