Come illustrato in un precedente articolo, nell’antico Egitto la magia era strettamente legata a una forma di religione essa stessa magica. Ma l’Egitto non fu l’unica culla della magia: un altro importante centro fu la “Terra dei Caldei”, ovvero la Mesopotamia. Questa regione, che include l’antica Persia influenzata dalla figura di Zoroastro, fu il cuore di un sapere esoterico che ha profondamente influenzato il pensiero occidentale.
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Maghi caldei: tra sapienza, astronomia e divinazione
Si è spesso parlato di un’origine persiana della magia. D’altra parte, la stessa parola “mago” deriva dall’antico persiano “magu-“, attraverso il greco “magoi”, termine che indicava un’antica casta sacerdotale zoroastriana. Nell’antica Persia e in Mesopotamia, la magia era strettamente legata alla sapienza, intesa come quella che oggi chiamiamo scienza. I “maghi” erano studiosi, astronomi e filosofi. Divennero così celebri per la loro conoscenza del cielo che nel mondo greco-romano il termine “caldeo” divenne sinonimo di “astrologo”. Furono proprio questi sapienti a giungere in Palestina dall’Oriente per salutare la nascita di Gesù Cristo, guidati da un’insolita congiunzione astrale, a testimonianza della loro competenza astronomica.
La teurgia caldea: un contatto diretto con il divino
L’osservazione dei fenomeni astronomici era uno dei compiti principali dei maghi caldei. Questa pratica, tuttavia, non era fine a se stessa ma legata a una forma superiore di interazione con il divino: la teurgia. Secondo il filosofo neoplatonico Giamblico, autore del trattato “De mysteriis”, i maghi caldei credevano che la divinazione non fosse opera di spiriti ingannatori, ma un dono degli dèi, i quali sono dispensatori di beni e in relazione solo con gli uomini purificati. La teurgia (dal greco theós, “dio”, ed érgon, “opera”) significa letteralmente “operazione divina”. A differenza della magia comune (o goezia), che mira a ottenere risultati materiali evocando entità, la teurgia ha come scopo il contatto diretto con la divinità per purificare l’anima e ricongiungerla alla sua origine divina. Questa tradizione mistica fu codificata negli Oracoli Caldaici, un testo del II secolo d.C. attribuito a Giuliano il Teurgo.
Caratteristica | Teurgia (magia caldea) | Goezia (magia comune) |
---|---|---|
Scopo principale | Elevazione spirituale e unione con il divino | Ottenere risultati pratici e materiali |
Natura dell’atto | Rito religioso e mistico per la purificazione dell’anima | Evocazione di entità per comandarle |
Rapporto con il divino | Sottomissione e collaborazione con la divinità | Costrizione e controllo delle entità spirituali |
Fonte testuale di riferimento | Oracoli caldaici | Grimori (es. piccola chiave di salomone) |
Il poema di Gilgamesh: magia e la sfida alla morte
Spostandoci in Mesopotamia troviamo un documento prezioso che riflette la società assiro-babilonese: il Poema di Gilgamesh. Qui, lo scriba era una figura poliedrica: esorcista, medico e astronomo. L’eroe del poema, Gilgamesh, re di Uruk, è un autentico mago: per due terzi dio e per un terzo uomo, conoscitore dell’universo e dotato di preveggenza. Gilgamesh pratica l’oniromanzia (divinazione attraverso i sogni), il più antico sistema divinatorio mesopotamico. La sua sfida a Hubaba, il guardiano della Foresta dei Cedri, è un esempio di contesa magica in cui l’eroe invoca il suo dio protettore Shamash, dio della saggezza, per sconfiggere un avversario dai poteri soprannaturali.
Simpatia cosmica e rituali: l’eredità della magia caldea
Per prepararsi alla rivelazione onirica, l’assistente di Gilgamesh, Enkidu, predispone un cerchio magico con la farina. L’uso del cerchio magico, insieme ad altri strumenti, dimostra come le pratiche babilonesi anticiparono elementi della magia cerimoniale successiva. Queste pratiche si fondavano sul principio di simpatia cosmica: la convinzione che esistesse una profonda interconnessione tra il macrocosmo (il cielo, gli dèi) e il microcosmo (la Terra, l’uomo). Ciò che accadeva in cielo si rifletteva sulla terra, e viceversa. Per questo gli astronomi-sacerdoti caldei furono i primi a mappare il cielo per trarne presagi (gli odierni oroscopi), vedendo nelle stelle la dimora celeste degli dèi. Nonostante le loro conoscenze, nemmeno i pratiche divinatorie liberavano gli uomini dalla paura della morte. Gilgamesh stesso, alla fine, accetta la propria mortalità. La magia caldea, con la sua teurgia e la sua profonda comprensione della simpatia cosmica, rappresenta un capitolo fondamentale nella storia del pensiero religioso, un’eredità rintracciabile anche in fonti accademiche come quelle della Enciclopedia Treccani.
Prof. Giovanni Pellegrino
Fonte immagine: Pixabay
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Articolo aggiornato il: 19/09/2025