Akutagawa Ryunosuke: i 5 migliori racconti

Akutagawa Ryunosuke

Akutagawa Ryunosuke: biografia e analisi di 5 racconti capolavoro

Chi era Akutagawa Ryunosuke, il genio tormentato del Giappone

Akutagawa Ryunosuke è stato uno dei più grandi e influenti scrittori della letteratura giapponese. Figura chiave del periodo Taisho (1912-1926), è considerato il padre del racconto breve giapponese. La sua vita, segnata da un profondo disagio esistenziale e dalla paura della follia, si è conclusa tragicamente con il suicidio a soli 35 anni. Nonostante la breve carriera, ha lasciato un’eredità immensa. La sua figura è diventata leggendaria, ispirando artisti come il regista Kurosawa Akira per il suo capolavoro Rashomon (1950). A lui è dedicato il più prestigioso premio letterario giapponese per esordienti, il Premio Akutagawa, a testimonianza della sua influenza duratura.

I 5 racconti più importanti di Akutagawa Ryunosuke

Rashomon: l’esordio modernista di Akutagawa Ryunosuke

Pubblicato nel 1915, Rashomon è uno dei primi lavori di Akutagawa Ryunosuke, con cui ottenne i complimenti del suo maestro Natsume Soseki. Ispirato a un setsuwa (un racconto di matrice buddista) del Konjaku Monogatarishu, una raccolta del periodo Heian, il racconto narra di un servo da poco licenziato che, ai piedi della fatiscente porta Rashomon, si trova di fronte a un dilemma morale: diventare un ladro per sopravvivere o morire di fame restando onesto. Akutagawa prende una storia tradizionale e la reinterpreta con una profondità psicologica del tutto nuova. A differenza del testo originale, dove il protagonista è già un criminale, qui viene indagato il processo interiore che lo porta al male. Questo interesse per la psicologia del personaggio segna il carattere modernista dell’opera.

La rappresentazione dell’inferno (jigokuhen): l’arte e il sacrificio

Intitolato in originale “Jigokuhen” (1918), questo racconto esplora il tema del rapporto tra arte e vita. Il protagonista è Yoshihide, il più grande pittore del paese, a cui il crudele signore di Horikawa commissiona un paravento che raffiguri l’inferno. Per creare un’opera veritiera, Yoshihide si spinge a infliggere sofferenze ai suoi assistenti, fino a chiedere al suo signore di bruciare viva una donna in una carrozza per poterla ritrarre. Il signore accetta, ma nella carrozza fa mettere la figlia stessa del pittore, Yuzuki. Davanti a questa scena atroce, Yoshihide crea il suo capolavoro, sperimentando sulla propria pelle l’inferno che voleva rappresentare. È una riflessione agghiacciante sul prezzo dell’arte e sulla simbiosi totale tra creazione e distruzione.

Nel bosco (yabu no naka): l’impossibilità della verità

Yabu no naka” (1922) è il racconto che costituisce il soggetto principale del film di Kurosawa. La sua caratteristica centrale è la polifonia: la storia di un crimine (l’omicidio di un samurai e la violenza su sua moglie) viene narrata attraverso sette testimonianze diverse, incluse quelle dei tre protagonisti: il bandito Tajomaru, la moglie Masago e il fantasma del samurai Takehiro, che parla attraverso una medium. Ognuno fornisce una versione diversa e autoassolutoria dei fatti, lasciando il lettore senza una verità oggettiva. Con questa tecnica narrativa rivoluzionaria, Akutagawa Ryunosuke suggerisce che la verità assoluta non esiste e che la realtà è un prisma di percezioni soggettive. Un racconto che ha dato origine al concetto di “effetto Rashomon”.

Kappa: la satira sociale di Akutagawa Ryunosuke

Pubblicato nel 1927, Kappa è una delle opere più celebri e satiriche di Akutagawa Ryunosuke. Un uomo, ricoverato in un manicomio, racconta di essere stato rapito da un kappa (una creatura del folklore giapponese) e di aver vissuto nel loro mondo sotterraneo. Attraverso la descrizione di questa società, Akutagawa costruisce una geniale satira di stampo swiftiano, parodiando il capitalismo, la religione, la famiglia e la giustizia del Giappone del suo tempo. Tra i personaggi spicca Tokku, un poeta kappa pessimista che si suicida, anticipando di pochi mesi il tragico gesto dello stesso Akutagawa. Il tema della pazzia, ossessione personale dello scrittore (sua madre morì in manicomio), è centrale: il lettore non sa mai se il protagonista sia davvero pazzo o l’unico sano di mente.

La ruota dentata (haguruma): il testamento autobiografico

Scritto nel 1927, anno della sua morte, “Haguruma” è l’opera più emblematica della sua maturità. Appartenente al genere dello shishosetsu (romanzo dell’io), questo racconto non ha una vera trama ma ripercorre gli ultimi, tormentati mesi di vita dell’autore. La narrazione è frammentata, allucinata, e descrive con una lucidità terrificante il suo deterioramento psichico. Akutagawa Ryunosuke confessa il suo dolore, la sua paranoia e le visioni di ruote dentate trasparenti che si sovrappongono alla realtà. La chiusa del racconto è una straziante dichiarazione di resa: «Non ho più la forza per continuare a scrivere. Vivere così è un tormento indicibile. Non c’è nessuno disposto a soffocarmi nel sonno?». Pochi mesi dopo, il 24 luglio 1927, si tolse la vita ingerendo una dose letale di Veronal.

L’eredità immortale di Akutagawa Ryunosuke

L’eredità di Akutagawa Ryunosuke risiede nella sua straordinaria capacità di fondere la tradizione letteraria giapponese con le innovazioni del modernismo europeo. È stato un maestro nel reinventare antiche leggende per esplorare le oscurità della psiche umana. Dai dilemmi morali di Rashomon alla soggettività della verità in Nel bosco, fino al crudo autoritratto del suo crollo mentale in La ruota dentata, i suoi racconti sono finestre sull’inquietudine e la bellezza dell’animo umano. La sua opera, seppur breve, continua a essere studiata e amata, testimonianza di un talento immenso che seppe trasformare il proprio disagio esistenziale in letteratura immortale.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

 

 

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