Anormalità di genere: Ungaretti e l’uomo contro natura

Anormalità di genere: Ungaretti e l'uomo contro natura

L’anormalità di genere è sicuramente un concetto quasi del tutto assurdo al giorno d’oggi, al limite del denunciabile effettivamente. Oramai si è proiettati verso quella che è la completa accettazione anche se, come ogni percorso d’altronde, inciampando alcune volte. Sono state e continuano ad essere milioni le lotte per l’indipendenza di genere, la completa accettazione di quella che è l’identità intrinseca del singolo. D’altronde risulta essere quasi impossibile sradicare il concetto di giudizio nell’essere umano. Sono, di fatti, innumerevoli le opinioni a proposito dell’argomento. Quella che più attanaglia, però, il dibattito è legata strettamente all’idea di ciò che può essere definito o meno “contro natura”. Fortunatamente a rispondere a questo dubbio è stato proprio Giuseppe Ungaretti nell’intervista di Pierpaolo Pasolini.

La domanda posta da Pier Paolo Pasolini è mirata, ben pensata:

“Ungaretti, secondo lei, esiste la normalità e la anormalità sessuale?”

Ci si aspetterebbe dunque una risposta diretta o per lo meno incentrata su quella che è proprio la domanda primaria: “Considerare un orientamento sessuale più valido di un altro è possibile? Esiste l’anormalità di genere?” Ma Ungaretti è riuscito ad andare oltre avventurandosi in un discorso tanto complesso quanto puramente naturale:

“Senta. Ogni uomo è fatto in un modo diverso, dico nella sua struttura fisica, è fatto in modo diverso. Fatto anche in un modo diverso nella sua combinazione spirituale, no? Quindi tutti gli uomini sono, a loro modo, anormali. Tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura. Questo sino dal primo momento, l’atto di civiltà che è un atto di prepotenza umana sulla natura, è un atto contro natura.‘”

Ci collochiamo nel 1963 ed il grande Ungaretti con questa risposta riguardo “l’anormalità di genere” è stato in grado di rivelarsi incredibilmente moderno e per nulla banale, per niente scontato. Parole a dir poco commoventi e di un impatto storico che dire notevole è dire poco, pochissimo, sostanzialmente è dire niente. Ciò su cui il poeta si concentra non è tanto la definizione fisica, oggettiva di diversità. Egli piuttosto denuncia tutto ciò che d’artificioso l’uomo abbia potuto macchinare per arrivare a definire le leggi naturali stesse. Per arrivare a definire autonomamente ciò che può essere etichettato come “naturale” e “contro natura”. La società è un concetto puramente umano, una creazione dell’uomo basata su di un sistema di leggi sempre impartite dagli uomini per gli uomini. Un sistema che tollera tanto, ma non tollera niente ed è proprio questo che denuncia Ungaretti. Concepire ciò che possa essere la definizione di ”contro natura” è già solo questo un atto definibile non naturale. Un atto di violenza perché mirato, appunto, a violare quelle che sono le tolleranze della natura stessa. Citando: “L’atto di civiltà è un atto di prepotenza sulla natura, è un atto contro natura.”

Inutile dire quanto travagliato sia il rapporto che l’uomo ha con la natura stessa. Per cui sarebbe impensabile poter definire il rapporto che l’uomo possa avere con la propria di natura. Quella intrinseca, introspettiva, quella personale che a volte può pure far vergognare. Ma tutto ciò che di negativo si possa ricavare dalla naturalezza dell’essere stesso non è altro che il risultato di quelli che sono i costrutti artificiali, quelli definibili “puramente umani”. Quelli costruiti sulla basi di un immaginario comune. Comune, si, ma non unitario. I dogmi, le restrizioni, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato sono concetti tanto grandi quanto superflui al cospetto delle leggi naturali, quelle bianche, senza infezioni. Quelle spontanee, quelle che ricercava proprio Ungaretti nel lanciare questo grido disperato alla libertà. 

Fonte immagine: Wikipedia

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