Vladimir Majakovskij: biografia, opere e impegno politico del poeta della Rivoluzione russa
Vladimir Majakovskij è stato un poeta, drammaturgo, giornalista, attore e regista teatrale sovietico, tra i maggiori esponenti del movimento letterario del futurismo russo. La sua vita e la sua opera sono state profondamente segnate dalla Rivoluzione d’Ottobre e dall’impegno politico, che lo portò prima a celebrare il nuovo regime e poi a criticarne aspramente la deriva autoritaria.
Biografia di Vladimir Majakovskij: dalla Georgia alla Rivoluzione
Vladimir Majakovskij nasce a Bagdadi, in Georgia, allora provincia della Russia zarista, nel 1893. Fin da giovane si interessa alla politica, aderendo al Partito bolscevico e subendo più volte l’arresto per le sue idee rivoluzionarie. È proprio durante la detenzione che inizia a dedicarsi alla scrittura, sviluppando uno stile innovativo e polemico nei confronti dell’arte tradizionale, in linea con le istanze del Futurismo. Con la Rivoluzione del 1917, Majakovskij aderisce con entusiasmo al nuovo regime, lavorando per l’agenzia di stampa statale ROSTA, per la quale realizza manifesti di propaganda. In questo periodo stringe rapporti con importanti esponenti dell’avanguardia artistica e teatrale russa, allontanandosi progressivamente da una poetica intimista per abbracciare temi di carattere sociale e politico.
Le opere di Majakovskij: dall’esaltazione della Rivoluzione alla critica del regime stalinista
L’impegno politico e l’entusiasmo per la Rivoluzione d’Ottobre segnano una fase di grande creatività per Vladimir Majakovskij. Gli eventi storici e politici contemporanei diventano il fulcro della sua produzione letteraria. Ne è un esempio Mistero buffo (1918), opera teatrale che rielabora il mito dell’arca di Noè per narrare la rivolta degli operai, rappresentando lo scontro tra proletari e borghesi e presentando il socialismo come il modello ideale a cui aspirare. Un altro esempio è il poema Lenin Vladimir Il’ ič (1924), scritto in seguito alla morte di Lenin, in cui Majakovskij esalta il movimento operaio e, soprattutto, la figura di Lenin, fonte di ispirazione per il poeta. I numerosi viaggi all’estero compiuti come direttore della rivista LEF (Fronte di Sinistra delle Arti), organo dell’omonima organizzazione politico-artistica, contribuiscono ad alimentare la sua ricerca di una poesia nuova, in grado di rompere con gli schemi del passato e di farsi megafono delle istanze rivoluzionarie.
Tuttavia, con il progressivo venir meno dell’entusiasmo rivoluzionario e l’instaurarsi di una rigida ortodossia ideologica sotto la dittatura di Stalin, l’opera di Majakovskij cambia radicalmente. Dalla celebrazione del regime, l’autore passa alla critica dei suoi aspetti degenerativi. Nella commedia La cimice (1929), emerge tutta la delusione di Majakovskij nei confronti della deriva burocratica e conformista assunta dalla società sovietica. Ne Il bagno (1930), invece, il poeta mette in scena, con toni sarcastici, un mondo dominato da ottusi burocrati, incapaci di comprendere le esigenze del popolo. Entrambe le commedie non ottengono il successo sperato: Majakovskij viene accusato di scrivere opere incomprensibili per il pubblico e non rispondenti alle esigenze della società sovietica. Le delusioni artistiche, unite al fallimento delle speranze riposte nella Rivoluzione e a tormentate vicende sentimentali, spingono il poeta al suicidio, avvenuto il 14 aprile 1930.
L’eredità di Majakovskij
Nonostante la tragica fine, Vladimir Majakovskij ha lasciato un segno indelebile nella letteratura e nell’arte russa del XX secolo. La sua opera, caratterizzata da un linguaggio audace e innovativo, da un forte sperimentalismo formale e da un costante impegno politico e sociale, ha influenzato generazioni di poeti e artisti, sia in Russia che all’estero. La sua figura complessa e contraddittoria continua ancora oggi a essere oggetto di studi e di dibattiti, a testimonianza della sua perdurante importanza nel panorama culturale mondiale.
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