Cristo velato: tra arte, leggenda e superstizione
Il Cristo velato, custodito nella Cappella Sansevero a Napoli, è una delle opere più suggestive e affascinanti del XVIII secolo. Realizzato nel 1753 dal genio di Giuseppe Sanmartino su commissione del principe Raimondo di Sangro, il Cristo velato affascinò sin da subito i suoi visitatori, per la sua straordinaria fattura e il realismo del velo marmoreo. La perfezione dell’opera è tale da aver generato dubbi e perplessità fin dalla sua creazione.
In molti però espressero il loro scetticismo sulle parole di Sanmartino, sostenendo che la trasparenza del sudario fosse figlia di un processo di marmorizzazione, ovvero un procedimento alchemico in grado di trasformare il tessuto in marmo. L’artista sostenne invece di aver lavorato esclusivamente su un blocco di marmo, senza l’aiuto di alcun processo alchemico. E in effetti così fu, come attestano numerosi documenti dell’epoca, tra cui alcune lettere dello stesso principe di Sansevero e ricevute di pagamento a favore di Sanmartino.
Raimondo di Sangro: principe, alchimista e committente del Cristo velato
Nonostante ciò, l’opera resta ancora oggi al centro di numerose leggende, così come il principe che la commissionò: Raimondo di Sangro. Si tratta di un personaggio in bilico sulla sottile corda della leggenda che oscilla sul baratro della realtà, una figura complessa e affascinante, avvolta da un alone di mistero. Un uomo che ha saputo alimentare il mistero attorno alla sua figura.
Leggende a parte, Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, divenne un mito già in vita. Un mito che egli stesso alimentò nel corso degli anni, attraverso esternazioni e comportamenti illuminati, anticipando in qualche modo lo spirito dell’Illuminismo. Come possiamo leggere nelle righe dedicate dal Museo Cappella Sansevero al suo principe, nel 1752 i censori della Congregazione dell’Indice dei libri proibiti gli riconobbero “un ingegno singolare, meraviglioso, si direbbe prodigioso”. Un riconoscimento importante, che testimonia l’intelligenza e la cultura del principe.
Cristo Velato e superstizione: la leggenda degli studenti universitari
La leggenda più nota è forse quella legata alla (non) visita del Cristo Velato prima di essersi laureati. Sono in migliaia gli studenti che da generazioni non cadono in tentazione e aspettano la fine del proprio percorso universitario per visitare la Cappella Sansevero, temendo che una visita prematura possa portare sfortuna e impedire il conseguimento della laurea. Ma da dove nasce questa superstizione?
Così come ogni mito, la provenienza è avvolta dal mistero: tuttavia scorgiamo una strada più plausibile. Una storia che parte dalla facoltà di medicina e si dirama all’università tutta. Una leggenda metropolitana che si è diffusa tra gli studenti universitari, diventando una vera e propria tradizione scaramantica.
In principio, agli studenti di medicina venne infatti sconsigliata la visita all’opera di Sanmartino poiché avrebbe potuto minare le loro certezze in campo medico/scientifico. Per quale motivo?
La risposta, come un cane che morde la propria coda, va ritrovata nel principio: la precisione e la minuziosità che caratterizzano la composizione del velo poggiato sul corpo esanime di Cristo avrebbero potuto mettere in discussione la visione logica, e ordinaria, della realtà. La perfezione del velo, la sua trasparenza quasi irreale, potevano insinuare il dubbio che l’opera fosse frutto di qualcosa di più di una semplice abilità scultorea.
Le macchine anatomiche: tra scienza e leggenda
Ad alimentare tale sentimento ci pensano poi le due macchine anatomiche, commissionate (nemmeno a dirlo) dal settimo principe di Sansevero a un anatomista palermitano, Giuseppe Salerno. Si tratta di due scheletri, un uomo e una donna, su cui venne realizzata una più che fedele rappresentazione dei vasi sanguigni del corpo umano e su cui aleggia l’ennesima leggenda che vede come protagonista Raimondo di Sangro. La precisione con cui sono realizzati i vasi sanguigni è impressionante, al punto che per secoli si è pensato che fossero frutto di un processo alchemico.
Secondo il mito, le macchine anatomiche sarebbero i corpi di due schiavi del principe uccisi proprio in nome della scienza alchemica. Si narra che il principe avesse iniettato nei loro corpi una sostanza misteriosa, in grado di metallizzare i vasi sanguigni, uccidendoli all’istante. Un’altra leggenda oscura che contribuisce ad aumentare il fascino e il mistero attorno alla figura del principe e alle sue opere.
E tu hai mai visitato la Cappella Sansevero? Da studente universitario ci andresti o rimanderesti a data post-laurea?
Licenza immagine: Museo Cappella Sansevero