Il sistema di scrittura cuneiforme: cos’era e quando nacque

scrittura cuneiforme

La scrittura cuneiforme è un antico sistema di scrittura in uso nel Vicino Oriente antico tra la fine del IV millennio a.C. e il I secolo d.C.
Il cuneiforme fu messo a punto dai Sumeri intorno al 3200 a.C. per la lingua sumera e poi adattato da altre popolazioni per scrivere le proprie lingue: l’accadico (nelle sue varianti assira e babilonese), l’eblaita, l’ittita, l’elamico, il luvio e l’urarteo. Il primo e più diffuso di questi sistemi cuneiformi è quello sumero-accadico.
L’originale sistema di scrittura cuneiforme sumero fu a lungo ritenuto non una lingua indipendente ma un modo particolare di scrivere l’accadico. Alla metà dell’Ottocento, nulla si sapeva ancora dei Sumeri e della lingua sumera.
Nel 1850, Hincks lesse un proprio articolo davanti alla British Association for the Advancement of Science; in esso, l’orientalista irlandese avanzava dubbi sul fatto che a sviluppare il cuneiforme fossero state le popolazioni semitiche di Assiria e Babilonia. Nelle lingue semitiche, osservava Hincks, l’elemento morfologico stabile è la consonante, mentre la vocale ha caratteristiche di variabilità e volatilità. Era dunque assai improbabile che popoli semitici sviluppassero una forma di scrittura in cui consonanti e vocali avessero la stessa stabilità nel contesto della sillaba. Inoltre, una caratteristica centrale delle lingue semitiche è la distinzione tra consonanti palatali e dentali, ma il sillabario cuneiforme non è in grado di esprimere adeguatamente questa differenza. Infine, solo una minima parte dei valori sillabici dei segni cuneiformi accadici era riconducibile a parole o a elementi semitici. Per queste ragioni, arguì Hincks, la messa a punto del sistema di scrittura cuneiforme era stata opera di una popolazione non semitica, più antica degli Accadi.
Fu nel 1869 che Jules Oppert, in una lezione alla sezione etnografica e storica della Société française de numismatique et d’archéologie, attribuì a questa popolazione non semitica l’appellativo di “Sumeri” e ciò sulla base del titolo regale “Re di Sumer e Akkad”. L’aggettivo “sumero” per indicare questa popolazione pre-accadica e non semitica faticò a lungo ad imporsi sull’aggettivo “accadico”. Vi fu anzi un celebre orientalista, il francese Joseph Halévy (1827-1917), che negò per decenni l’esistenza tanto dei Sumeri quanto della lingua sumera. Secondo Halévy, il cuneiforme “sumero” non era che un artificio inventato da popolazioni semite per scopi esoterici.

Quando finalmente l’identità del sumero come lingua fu stabilita, le difficoltà interpretative rimasero enormi. Il sumero era però stato mantenuto a Babilonia come lingua di culto e per facilitarne l’apprendimento i Babilonesi avevano provveduto a comporre liste grammaticali, vocabolari, traduzioni in accadico babilonese. La sumerologia poté quindi fare passi avanti, in particolare per merito di studiosi come Delitzsch, il francese François Thureau-Dangin (1872-1944) e i tedeschi Arno Poebel (1881-1958), Anton Deimel (1865-1954) e Adam Falkenstein (1906-1966).

La messa a punto del sistema di scrittura cuneiforme avvenne in un contesto di significative trasformazioni sociali, in un’epoca in cui, nella Bassa Mesopotamia, si andavano sviluppando la rivoluzione urbana, forme di società complesse e stratificate, opere architettoniche di dimensioni monumentali, coordinate da una classe dirigente di nuova formazione. Il nome ‘cuneiforme’ ideato nel XVIII secolo dall’orientalista inglese Thomas Hyde, deriva dal latino cuneus, ‘cuneo’, e fa riferimento alle impressioni di forma triangolare prodotte dagli antichi scribi con un calamo (o stilo) su argilla umida, composta in tavolette poi essiccate al sole o cotte al forno. I caratteri si scrivevano dalla sinistra alla destra; e ciascuno di essi è infatti formato da uno o più impressioni prodotte con un angolo del calamo. A dare il nome al sistema è proprio la caratteristica forma a chiodo o a cuneo. In origine i segni, pittografici, riproducevano schematicamente degli oggetti: divenuti con il tempo lineari, acquistarono la forma di cunei quando si cominciò a scrivere nell’argilla ancora molle, su cui era impossibile segnare con chiarezza le linee. Col tempo i segni divennero più semplici e più simmetrici mentre il fonetismo, l’espressione dei suoni, soppiantava definitivamente l’ideografismo.

Lentamente, il sistema di scrittura cuneiforme  fu reso abbastanza flessibile da essere usato per scopi non più esclusivamente burocratici e contabili, giungendo ad esprimere (a partire dal III millennio a.C.) diverse letterature in poesia e prosa, cronache, epiche, incantesimi, ma anche conoscenza scientifica. I popoli del Vicino Oriente produssero attraverso il cuneiforme testi bilingui o trilingui, dizionari, glossari, e formarono biblioteche e archivi.  Oltre ad essere impressi su argilla umida, il cuneiforme era vergato (fin dalle fasi arcaiche) anche su pietra; tale uso su pietra, che comunque rappresentava una sorta di imitazione dei segni lasciati su argilla, venne poi limitato alla composizione di iscrizioni reali, su stele o su pareti di montagna. Le registrazioni contabili e i testi amministrativi rappresenteranno comunque sempre il tipo più diffuso di documento.

Il più antico corpus di letteratura in cuneiforme fu scoperto ad Uruk; si tratta di circa 4000 tavolette d’argilla risalenti al tardo IV millennio a.C. e il sistema in esse usato è detto proto-cuneiforme. Nel tempo, i segni hanno cambiato più volte forma e in modo anche assai significativo; via via che il sistema evolvé, il numero dei segni diminuì, come diminuì anche il numero di cunei di cui era composto ciascun segno. I segni, complice anche l’avvenuta rotazione, assunsero anche una forma sempre più astratta e più difficilmente riconducibile agli oggetti designati dagli esordi pittografici. Ad un certo punto, nel III millennio o all’inizio del II, tutti i segni subirono una rotazione antioraria di novanta gradi. Un’analoga rotazione sembra sia avvenuta anche per il verso di lettura (dall’alto al basso si passò a leggere da sinistra a destra). Di norma, non v’era separazione tra le parole.

Un segno appartenente al sistema cuneiforme poteva avere diversi usi. Esso poteva infatti essere:

  • un determinativo, cioè un segno marcatore, privo di resa fonica, ma che determinava la categoria semantica a cui apparteneva il nome che esso accompagnava;
  • un logogramma, cioè un segno che sta per una parola;
    una sillaba (o parte di essa), del tipo V , CV o VC o CVC 

Il valore dei segni tradizionalmente interpretati come più arcaici, cioè quelli con valore pittografico o logografico, venne esteso attraverso il ricorso alla metonimia e (intorno al 2800 a.C.) al principio del rebus. Quest’ultimo determinò l’attribuzione di un valore sillabico ad alcuni segni. Furono questi elementi di valore fonetico a rendere possibile l’identificazione della lingua scritta in cuneiforme (il sumero), mentre per i segni più arcaici non è possibile rinviare ad alcuna lingua specifica. Un esempio di metonimia è relativo al segno  , che indicava la parola an (‘cielo’) e che finì per significare anche la parola dingir (o diĝir), cioè dio. Successivamente, per il principio del rebus, il segno che andava letto an finì per essere usato per rappresentare il suono an in tutte quelle parole in cui tale suono appariva come sillaba.

Un’altra importante proprietà dei segni cuneiformi è che alcuni potevano essere letti in più modi. Altrettanto, lo stesso suono poteva essere scritto con diversi segni.

Alla metà del III millennio, il cuneiforme sumero fu adottato dagli Accadi, che lo adattarono alla propria lingua (una lingua semitica), ampliando il repertorio dei segni con valore sillabico-grafico. Fu questo cuneiforme sumero-accadico ad essere adottato da diversi popoli per scrivere le rispettive lingue.

Fonte immagine: Wikipedia. 

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