TED talk: come affrontare la paura del rifiuto

La paura del rifiuto

La paura del rifiuto è tra le più comuni, frequenti e limitanti: è interiorizzata, è difficile da comunicare e bisogna farci i conti tutti i giorni, in ogni ambito della vita quotidiana. Tra i TED talks, numerosissimi sull’omonima pagina, c’è però un interessante e divertente dibattito su come affrontarla.

TED talks: cosa sono

Una tra le piattaforme streaming gratuite più interessanti e originali degli ultimi anni è sicuramente la TED, che diffonde i dibattiti affrontati nelle conferenze annuali, prima limitate agli Stati Uniti ed ora diffusisi in tutto il mondo.
Alla base dell’iniziativa ci sono eventi non-profit, speakers senza compenso e registrazioni complete degli incontri. La sua missione è indicata nella formula “ideas worth spreading”, idee che vale la pena di diffondere: si spazia dalla scienza e dalla tecnologia alla crescita personale e al senso d’identità.
I relatori delle lezioni provengono, quindi, da esperienze straordinarie e studi molto differenti. Tra i più celebri Bill Clinton, ex presidente degli USA, il Premio Nobel per la medicina James Dewey Watson, il cofondatore di Wikipedia Jimmy Wales e il fondatore di Microsoft Bill Gates. Accanto a questi grandi nomi, però, si presentano persone comuni, rappresentanti di fatti degni di conoscenza.
Questi dibattiti sono spesso di ispirazione e di incoraggiamento e sono un’ottima modalità per la trasmissione veloce e divertente di notizie e idee sempre interessanti.

Cosa ho imparato da cento giorni di rifiuto” : La paura del rifiuto in un TED talk

Jia Jiang, uno dei relatori, ha ottenuto più di 5.700.000 visualizzazioni nel suo dibattito riguardo la paura del rifiuto, dimostrazione di quanto questa sia temuta da molti di noi.
Raccontando la sua esperienza, riconosce la nascita della sua patologia in un esperimento avvenuto alla scuola elementari in cui l’insegnante aveva tentato di incoraggiare i compagni a farsi complimenti tra di loro: arrivato il suo turno, però, nessuno aveva cose carine da dirgli e lui si sentì pubblicamente umiliato.
Con il tempo è cresciuto volenteroso e ispirato, grazie soprattutto a un discorso di Bill Gates che lo motivò rispetto al suo futuro ma ogni volta che aveva idee nuove e buoni propositi si sentiva bloccato da quel bambino di sei anni che aveva paura di non sentirsi accettato.
Così, intento a svincolarsi dai suoi stessi ostacoli, finisce su un sito online, “Rejection therapy”, ed accetta la sfida proposta: andare in giro per trenta giorni alla ricerca di rifiuti, per desensibilizzarsi dal dolore.
Crea quindi un blog dedicato a questo suo nuovo esperimento e comincia a fare le proposte più assurde. Alla prima – farsi prestare 100 dollari da uno sconosciuto – reagì fuggendo, sconvolto dalla negazione ricevuta. Continuò chiedendo al cameriere di una paninoteca se fosse possibile riempire di nuovo il suo hamburger e questa volta, nonostante il rifiuto, tentò di spiegarsi. Ma la vera svolta avvenne quando, entrato in un negozio di dolci, chiese alla pasticcera se fosse possibile una ciambella a forma di simbolo olimpico. Lei, dopo quindici minuti, gli consegnò proprio quello che aveva richiesto.
Ciò lo spinse a continuare e ad allargare il suo progetto a cento giorni durante i quali è arrivato ad una scoperta che ha completamente modificato il suo punto di vista: il rifiuto può trasformarsi in accettazione solo pronunciando una semplice parola, “perché?”. Ha compreso che molte volte le cause non erano legate e che non sempre era possibile fare qualcosa per modificarle. Chiedere, però, gli ha cambiato la vita, al punto tale che solo insistendo, senza referenze o competenze, gli è stato concesso di tenere un corso all’Università e da lì è partito per crescere, tra dibattiti, pubblicazione di libri e, addirittura, prodotti tecnologici per affrontare questa paura comune.
Ogni giorno, anche noi, possiamo scegliere. Nelle relazioni, al lavoro, nello studio e con noi stessi. Basta decidere di non farci definire dal rifiuto e anche la nostra vita potrebbe cambiare.

“Quando venite rifiutati, quando siete di fronte al prossimo ostacolo, al prossimo fallimento considerate le possibilità. Non scappate. Se le sfruttate, potrebbero diventare anche i vostri doni”.

A proposito di Carolina Cappelli

Mi chiamo Carolina Cappelli, ho ventun anni e sono nata e cresciuta a Napoli. Dopo il diploma conseguito al Liceo Scientifico Vincenzo Cuoco, ho deciso di iscrivermi al cdl in Lingue, culture e letterature moderne europee, per ampliare le mie conoscenze di lingua straniera, ma dopo il primo anno mi sono convinta ad optare per il cdl in Lettere moderne, più in linea con gli studi propriamente linguistico-letterari. I miei interessi spaziano da sempre nell’ambito artistico culturale: ho frequentato per qualche anno un corso di teatro fino a dedicarmi completamente, all’età di undici anni, alla danza, scoperta per caso dopo il continuo rifiuto di mia madre di iscrivermi a scuola calcio, dimostrazione della mia grande curiosità verso le cose più varie. Il percorso di studi a danza è stato formativo e ricco di belle esperienze, di vario genere, da spettacoli per strada a collaborazioni con il teatro Bellini di Napoli. La prima parte della mia formazione si è conclusa nel giugno del 2019 quando, dopo lo spettacolo di fine anno e gli esami accademici, ho conseguito il diploma in danza classica, moderna e contemporanea. Scrivere, invece, è sempre stato parte della mia vita. Il mio carattere irruente e testardo è sempre stato equilibrato dalla capacità di dar ordine all’espressione proprio mediante la scrittura. Inoltre, è sempre stato uno dei modi migliori per dar spazio alla mia forte sensibilità. Proprio questa mi porta ad essere una persona fortemente emotiva, sempre coinvolta a pieno in quello che fa, e molto attenta ai bisogni degli altri. L’aspetto sociologico dei fatti è da sempre, per me, fonte di particolare curiosità. Ciò mi ha spinto ad elaborare, negli anni del liceo, alcuni piccoli articoli pensati come un’analisi sociale di un fatto di cronaca popolare, essendo molto legata alla mia città d’origine. Queste prime prove sono sfociate in pubblicazioni su Il Mattino e Il Roma. La comunicazione, lo scambio di idee ed opinioni, le discussioni creative e la libertà di pensiero sono tra le cose che più ricerco perché determinanti per la crescita e la buona salute “spirituale”. Il mio sogno è quello di rendere la scrittura il mio pane quotidiano e questa collaborazione è la mia prima vera esperienza, per la quale sono molto entusiasta e fiduciosa. Spero di esserne all’altezza e, contemporaneamente, di poter crescere insieme. Grazie mille per la possibilità.

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