Endecasillabo: il verso principe della poesia italiana. Scopriamo insieme come si strutturanno e si dividono gli endecasillabi
L’endecasillabo è il verso più importante della metrica italiana, utilizzato in letteratura da numerosi poeti nel corso dei secoli. Con il termine endecasillabo si indicano i versi in cui l’ultimo accento, tonico e ritmico, cade obbligatoriamente sulla decima sillaba, per un totale di undici sillabe metriche. Si tratta di un verso ampio e solenne, particolarmente adatto a componimenti di ampio respiro come poemi epici e narrazioni, ma anche a componimenti lirici intensi ed emozionanti.
L’endecasillabo è il verso principale e più utilizzato della poesia italiana: si trova in tutte le strofe e le strutture metriche più importanti, come la terza rima, o terzina dantesca, l’ottava, la ballata, la canzone, il sonetto. È sempre stato usato anche da solo in sequenze di endecasillabi sciolti.
Cos’è l’endecasillabo: definizione e caratteristiche
L’endecasillabo è un verso composto da undici sillabe, in cui l’accento principale, detto accento tonico, cade sulla decima sillaba. Oltre all’accento sulla decima, l’endecasillabo prevede altri accenti, detti ictus, su altre sedi, più o meno fisse. Si possono individuare due tipi principali di endecasillabo:
- Endecasillabo a minore: quando, oltre all’accento sulla decima sillaba, è presente un accento fisso sulla quarta sillaba.
- Endecasillabo a maiore: quando, oltre all’accento sulla decima sillaba, è presente un accento fisso sulla sesta sillaba.
Storia dell’endecasillabo: dalla Scuola siciliana a oggi
Probabilmente la paternità dell’endecasillabo è da attribuire a Giacomo da Lentini, noto esponente della Scuola siciliana. Lentini compose poesie in forma dialogata, ma egli è principalmente ricordato per l’invenzione del sonetto e appunto, degli endecasillabi.
Giacomo da Lentini e l’invenzione del sonetto in endecasillabi
Giacomo da Lentini, funzionario alla corte di Federico II di Svevia, è considerato l’inventore del sonetto, una struttura metrica composta da quattordici versi endecasillabi, suddivisi in due quartine e due terzine.
Esempi di endecasillabi famosi nella letteratura italiana
Sono numerosi gli esempi di splendidi endecasillabi che caratterizzano la storia della letteratura italiana, da Dante ai giorni nostri.
Dante Alighieri e gli endecasillabi della Divina Commedia
Il primo e sicuramente uno dei più celebri è:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita // mi ritrovai per una selva oscura”.
I primi due noti versi endecasillabi della prima cantica della Divina Commedia di Dante Alighieri, ossia l’Inferno. Il sommo poeta descrive, in questi versi, un viaggio, intrapreso da egli stesso, che si è smarrito, finendo in una selva oscura; proprio la selva oscura rappresenta, allegoricamente, la strada errata dell’esistenza umana. La Divina Commedia o semplicemente Commedia, è un poema allegorico, scritto in terzine incatenate di endecasillabi (poi chiamate per antonomasia terzine dantesche).
Un altro endecasillabo dantesco famoso si trova in “Donne ch’avete intelletto d’amore”, una canzone composta da soli endecasillabi e inserita nello stile dello Stilnovo, formata da cinque stanze di quattordici versi ciascuna, con schema della rima AB BC AB BC CD DC EE.
Guido Guinizzelli e il Dolce Stil Novo: un endecasillabo memorabile
Altro endecasillabo famoso è: “Al cor gentil rempaira sempre amore”, canzone di Guido Guinizzelli, definita “canzone dottrinale” in quanto le argomentazioni dell’autore si discostano dal genere propriamente lirico per accostarsi alla riflessione filosofica.
Torquato Tasso: l’ottava di endecasillabi nella Gerusalemme Liberata
Tra gli altri poeti che hanno composto poesie e liriche rifacendosi allo schema metrico dell’endecasillabo c’è Torquato Tasso, con la meravigliosa Gerusalemme Liberata. “Canto l’arme pietose e ’l Capitano // che ’l gran sepolcro liberò di Cristo” sono i celebri versi proemiali dell’opera, la quale si basa sulla presenza di rime alternate e baciate, e in particolar modo il metro scelto è appunto, l’ottava di endecasillabi. Lo stesso Torquato Tasso definì l’ottava di endecasillabi come una scelta maestosa, ma anche eccellente ed acuta al tempo stesso.
Giacomo Leopardi: gli endecasillabi sciolti de Le Ricordanze
Un altro splendido esempio di coppia di endecasillabi è: “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea // tornare ancor per uso a contemplarvi”, che è possibile leggere ne Le Ricordanze di Giacomo Leopardi; nell’opera, Leopardi, sviluppa un tema a lui caro, quello del confronto tra passato e presente, paragonando malinconicamente le illusioni della giovinezza e l’amara disillusione attuale. Si tratta di una canzone di sette strofe libere in endecasillabi sciolti.
Francesco Petrarca: l’endecasillabo nel Canzoniere
Uno dei poeti più vicini all’utilizzo dell’endecasillabo, oltre a Dante Alighieri, è certamente Francesco Petrarca, il quale utilizzava questa figura metrica per descrivere i propri stati d’animo, caratterizzando il testo in base a quanto egli volesse esprimere. Uno dei suoi versi più famosi, nel quale si ritrova uno splendido endecasillabo, è: “Solo e pensoso i più deserti campi” dei Rerum Vulgarium Fragmenta; si tratta di uno dei sonetti più celebri del Canzoniere, in cui Petrarca descrive se stesso intento a camminare in luoghi remoti e selvaggi, nel tentativo (vano) di sfuggire alle sue pene d’amore. Nella prima quartina la presenza di endecasillabi conferisce una particolare lentezza al ritmo, che sottolinea il procedere lento e cadenzato dei passi dell’autore.
Salvatore Quasimodo: endecasillabi per una poesia civile
Un altro splendido endecasillabo che vale la pena menzionare, è di Salvatore Quasimodo: “E come potevamo noi cantare // con il piede straniero sopra il cuore // fra i morti abbandonati nelle piazze”, terzina di endecasillabi tratta da una delle poesie più conosciute di Quasimodo, Alle fronde dei salici, collocata in apertura della raccolta Giorno dopo giorno. La celebre poesia si compone di dieci endecasillabi sciolti, che l’autore sceglie per denotare quello che viene definito un cambiamento stilistico, sottolineando il passaggio dall’ermetismo ad una poesia più attuale e quindi vicina a tutti.
Guido Gozzano e gli endecasillabi de la Signorina Felicità
“M’apparisti così come in un cantico // del Prati, lacrimante l’abbandono // per l’isole perdute nell’Atlantico”, è una splendida strofa tratta da La Signorina Felicità di Gozzano. La metrica del poemetto è composta da sestine di endecasillabi rimate secondo lo schema ABBAAB con possibile variazione ABABBA.
Vittorio Alfieri: gli endecasillabi nelle Rime
Il ritmo incalzante di alcuni poeti o autori, ha caratterizzato numerose opere letterarie, è il caso di Vittorio Alfieri, il quale, nella sua ricca produzione, (all’interno della quale si annoverano principalmente tragedie) ha prediletto e quindi utilizzato molto spesso, l’endecasillabo. Annoveriamo tra i dieci splendidi endecasillabi: “Non perciò d’ira al flagellar rovente”, proprio di Vittorio Alfieri, inserito nella Raccolta di Rime. Dal punto di vista metrico, presenta quattordici versi endecasillabi divisi in due quartine e due terzine, la rima segue lo schema: ABAB ABAB CDC DCD.
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Da ricordare anche l’endecasillabo della poesia del Novecento espressa da PierPaolo Pasolini.