Amore e morte nella Divina Commedia

Amore e morte

Amore e morte sono due temi che spesso si accompagnano.

L’amore è un argomento molto comune nelle opere e nella poetica dell’autore della Divina Commedia, Dante Alighieri, il quale all’età di soli nove anni ha incrociato lo sguardo della bambina che poi diventerà la donna della sua vita, Beatrice. Avrà un secondo incontro con lei all’età di diciotto anni, dopodiché  tutto cambierà nella vita del poeta, tanto che questa donna diverrà la musa ispiratrice della poetica dantesca. Dante amò profondamente la sua Beatrice secondo i canoni dell’amore cortese, senza distruggere mai quel legame di amore platonico che caratterizza la loro storia:  sappiamo infatti che questo amore nato da un semplice sguardo si è sviluppato senza che il poeta le abbia mai  nemmeno rivolto la parola. Ha amato così tanto questa donna, per lui miracolosa, quasi angelica, tanto da inserirla, tra le altre opere, anche all’interno della Divina Commedia: in tutto il cantico del Paradiso, infatti, sarà proprio lei la guida di Dante. Beatrice, non più donna ma ‘solo’ creatura angelica, darà avvio al processo di salvezza e di recupero dell’identità del poeta, il quale all’inizio del suo percorso si era trovato smarrito in una selva oscura, avendo perduto la giusta strada. Beatrice diventa maestra di verità, il tramite che permette a Dante, e poi grazie alla sua opera all’intera umanità, di arrivare al Paradiso e alla contemplazione di Dio. Nei tre regni della morte descritti nella Commedia, Beatrice è la vera e unica guida del poeta, poiché è lei che intercede per lui, scendendo nel Limbo e pregando Virgilio di avere cura di Dante e di portarlo da lei prima della sua dipartita; è quindi la personificazione della salvezza del poeta, prima che sia troppo tardi per porne rimedio.
Dante finalmente incontra Beatrice dopo aver superato l’Inferno e poi il Purgatorio, appena fa il suo ingresso nel Paradiso, mentre davanti a lui trova una meravigliosa alba e la donna in mezzo agli angeli.

Amore e morte: due facce della stessa medaglia 

L’idea che sembra essere al centro della poetica del Dolce Stil Novo è che la donna genera sempre nell’uomo un sentimento di elevazione che porta quasi alla perfezione. Nonostante ciò, Dante comprende che non sempre il sentimento amoroso eleva l’animo, perché questo sentimento stravolge l’aspetto razionale dell’uomo e questa è la vera peculiarità dell’essere umano che lo differenzia dagli altri esseri irrazionali, quindi non può configurarsi come azione nobilitante e strumento per arrivare a Dio. In una delle sue poesie egli dice infatti che questo continuo amare inchioda l’uomo alla sua animalità, costringendolo ad allontanarsi da Dio, quindi è un sentimento negativo. È per questo motivo, per esempio, che Dante colloca Francesca, altro personaggio femminile che incarna in qualche modo una faccia dell’amore, all’Inferno, consapevole della giustizia di Dio nel tenerla in quel luogo per l’eternità.
È infatti proprio nel V canto che ritroviamo questo tema assai caro a Dante per molteplici aspetti, quello dell’amore. Nel V canto si esce dal primo e si entra nel secondo cerchio, in quello che è il vero Inferno, perché si incontra il primo dei grandi peccati capitali: la lussuria. È un canto che possiede un duplice aspetto, un canto emblematico, perché lo conosciamo come il canto dell’amore ma è un amore che possiede un’antitesi: la morte. È il canto di amore e morte, Eros e Thanatos, uno dei pilastri dei grandi miti della nostra civiltà.
Prima della Commedia il sentimento amoroso era ciò che permetteva la nobiltà interiore, che è qualcosa che dipende dalla propria capacità di sentire e di comportarsi, di stare nel mondo e di relazionarsi agli altri.
Qui invece Dante stravolge questo pensiero tanto da considerare la lussuria il primo peccato capitale poiché, quando l’amore non riesce a stare nei limiti della spiritualità ma si trascina nella corporeità, rompe i vincoli sociali e diventa un peccato. Questa cosa dispiace moltissimo a Dante, che disprezza i dannati degli altri peccati, qui invece sviene per il dispiacere e parla ai due amanti emblematici che lui incontra, Paolo e Francesca, con grande affetto e grande partecipazione emotiva, si, ma questo non gli impedisce di condannare questo tipo di amore. La prima parte del canto è importante perché ci fa ricordare che la lussuria di cui parla Dante è qualcosa di brutto, i personaggi che si trovano nel secondo cerchio hanno avuto morti violente e tutti amori perversi: incestuoso, adultero, violento, antico e medievale.
È un canto molto strano poiché la violenza del contrappasso è molto attenuata rispetto a tutte le altre ed è certamente la più leggera delle pene dell’inferno, il contrappasso consiste nel fatto che questi dannati sono rapiti da un vento perenne che li fa sbattere contro i muri di una caverna e sono destinati a girare e si capisce che sono castigati da soli; invece, Paolo e Francesca sono gli unici che stanno in coppia.
Nel canto vengono menzionati diversi personaggi, come Semiramide, che fu la moglie di Nino re degli Assiri, Didone, morta suicida per amore di Enea, Cleopatra, regina egiziana che è stata amante di Giulio Cesare e di Marco Antonio, riuscendo a manipolarli politicamente, ma ci sono anche Elena di Troia e il grande Achille, che muore per amore di una donna, Pentesilea. Dante, dunque, vuole far passare il messaggio che la lussuria allontana da ciò che si deve fare per natura: Achille si allontana dalla guerra, Didone dalla guida di Cartagine e così via. Poi Paride e l’eroe medievale Tristano.
Nel nominare quest’ultimo Dante condanna tutta la letteratura cavalleresca e di intrattenimento, che non a caso fa innamorare Paolo e Francesca. È proprio quando li vede muoversi assieme, travolti più degli altri dal vento, che rimane incuriosito e quindi chiede alla sua guida, Virgilio, di parlare con loro. Quando i due si avvicinano a Dante il vento si ferma, come se Dio facesse un’eccezione, e in questo momento inizia il dialogo.
È qui che troviamo le tre terzine più famose della letteratura italiana, i nove versi che Dante fa dire a Francesca per raccontare come i due si innamorarono:

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense”.
Queste parole da lor ci fuor porte.

Queste sono le tre terzine dell’amore stilnovista con cui Francesca dichiara il suo amore per Paolo. L’amore che è “ratto”, quindi rapido, prende fuoco e s’apprende nel cuore gentile. Dante in questo modo ci fa innamorare delle parole di Francesca ma allo stesso tempo le dà una colpa, perché l’amore la prese “per la bella persona che mi fu tolta”, quindi per l’aspetto esteriore, s’innamorarono perché attratti rispettivamente dalla reciproca bellezza. “E il modo ancor m’offende” perché sono stati assassinati dal marito di lei, nonché fratello di Paolo. Francesca era sposata con Gianciotto Malatesta, il quale un giorno è fuori e i due in sua assenza si innamorano, al suo ritorno scopre il tradimento e assassina entrambi, pagando naturalmente una pena peggiore in quanto ha ucciso il fratello e la moglie. “Amor condusse noi ad una morte” laddove “una” diventa aggettivo, intesa come “unica e sola” che li portò a morire insieme. Notiamo che nello stesso verso c’è l’idea di Amore e Morte come prima ed ultima parola e questa è proprio la cifra del canto.
Quindi Dante ci ricorda una cosa terribile che è quello che lui ha imparato: quell’amore così bello porta alla morte e alla distruzione, è una frode, è un inganno e significa anche adulterio, incesto e quindi il male. È amore e morte!

 

Immagine in evidenza: wikipedia.it

 

 

A proposito di Elisabetta Giordano

Sono Elisabetta Giordano, ho 23 anni e vivo a Napoli da 4 anni. Originariamente sono del capoluogo di regione più alto d’Italia, Potenza, in Basilicata. Studio Arabo e Spagnolo presso l’università degli studi di Napoli “L’Orientale” e lavoro presso un bar. Scrivo di qualsiasi cosa da quando sono bambina, diciamo che è una mia passione.

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