Ercole e Lica: la scultura di Canova che ha proclamato la sua grandezza

Ercole e Lica: la scultura di Canova che ha proclamato la sua grandezza

Ercole e Lica è un gruppo scultoreo in marmo eseguito da Antonio Canova tra il 1795 e il 1815, conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Qui, il mito, la realizzazione e varie curiosità.

La realizzazione e l’ardua vendita dell’ Ercole e Lica

Era il 1795 quando la statua canoviana di Venere e Adone giunse a Napoli e fu collocata nel giardino del palazzo Berio. Ebbe cosi tanto successo che il marchese Francesco Berio dovette vietarne la visita al pubblico.

Tale consenso di pubblico, tuttavia, non fu la chiave della fama di Antonio Canova, poiché le sue prodezze artistiche gli valsero l’appellativo di “scultore grazioso”. Negli ambienti accademici di quegli anni essere definiti graziosi significava avere uno stile “sdolcinato, debole ed effeminato”.

Nel breve soggiorno a Napoli, il conte Onorato Gaetani dell’Aquila D’Aragona, durante una cena, suggerì una strategia per eliminare dalle opere canoviane quella fastidiosa etichetta. Fu così che don Onorato propose ad Antonio D’Este, veneziano coetaneo di Canova, di commissionare all’artista una scultura che rappresentasse Ercole furioso che getta in mare Lica.

Questa sorta di scommessa fu accettata di buon grado dallo scultore che appena tornato a Roma fece dell’opera un bozzetto in cera. La scultura sarebbe stata fatta prima in gesso e poi trasformata in marmo; nello specifico sarebbe stata creata una scultura di quasi tre metri e mezzo, dal costo di tremila zecchini d’oro, prezzo che avrebbe pagato don Onorato in tre rate.

Per un anno e mezzo l’opera rimase incompiuta, fino a quando Onorato Gaetani ritirò la sua offerta, complici le vicende militari che tediavano il paese. Una nuova opportunità cambiò le sorti del Canova quando l’esercito austriaco sconfisse le truppe francesi. I Veronesi erano così entusiasti per quella vittoria che vollero installare un grosso monumento in memoria del successo militare e della liberazione. Fu in quel momento che il critico d’arte Giovanni de Lazara si rivolse a Tiberio Roberti, caro amico di Canova, per proporre allo scultore la realizzazione di una grande opera.

Canova pensò che la scultura Ercole e Lica potesse essere congeniale alla richiesta. Dopo un fitto scambio epistolare con la municipalità veronese, si siglò l’accordo: Ercole e Lica fu venduta per tremila zecchini. Ancora una volta, però, l’incarico venne nuovamente arrestato da una serie di vicende politiche.

La vendita finale fu aggiudicata a Giovanni Torlonia, che acquistò l’Ercole e Lica per 18.000 scudi. Nel 1815 la scultura fu terminata definitivamente ed esposta in una sala rotonda appositamente costruita dal Valadier, con cupola a luce zenitale. In occasione dell’inaugurazione, si registrò un grande successo dei visitatori.

L’opera, che era nata per una scommessa ed aveva vissuto varie tribolazioni durante la sua costruzione, fu la chiave principale per trasformare l’arte canoviana da graziosa ad eroica.

Il significato dell’ Ercole e Lica

Il momento che viene rappresentato è quello in cui Ercole sta scagliando in aria Lica, il quale aveva consegnato all’eroe una tunica da parte di sua moglie Deianira.

Quando il centauro Nesso tentò di rapire Deianira, Ercole lo uccise con una freccia ma, prima di morire, Nesso diede alla donna un po’ del suo sangue, dicendole che avrebbe potuto preparare una pozione d’amore per Ercole. Fu così che Deianira intinse con tale unguento la veste che poi inviò per mezzo di Lica a suo marito. Quando l’uomo la indossò, il veleno entrò in circolo in modo così feroce che Ercole quasi prese fuoco e, dal dolore, lanciò l’ignaro Lica in mare, prima di morire tra le fiamme del monte Oeta.

La scultura è interessante oltremisura, poiché raffigura un momento “in movimento”. È l’attimo in cui i muscoli di Ercole, pronto a scagliare Lica in mare, sono tesi al massimo. Il volto del ragazzo è dettagliato ed espressivo, poiché la sua disperazione è intagliata magistralmente nel marmo. Lica, infatti, prova invano ad aggrapparsi all’altare alle spalle dell’eroe o alla pelle del leone ai suoi piedi.

L’opera, per alcuni, rappresenterebbe la distruzione della monarchia da parte della Francia ma Canova, che non mescolava mai ideologia ed arte, negò contrariato quest’ipotesi.

La scultura tende all’equilibrio, raggiunto anche grazie alle proporzioni delle varie parti del corpo, con un impianto strutturale impostato su un arco di cerchio, figura che l’artista prediligeva per la stabilità che suggeriva.

Ad oggi l’opera si trova alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, montata su perni specifici che ne permettono la rotazione, al fine di esaltarne la visione da più punti di vista.

Curiosità sull’artista

Antonio Canova, soprannominato anche il nuovo Fidia, possedeva abilità enormi circa la lavorazione del marmo. Nato a Possagno nel 1757 e morto a Venezia nel 1822, l’artista trascorse buona parte della sua vita a Roma, dove trovava maggiore ispirazione per la sua arte. Fu uno dei maggiori esponenti della scultura e pittura neoclassica, la quale ricercava la perfezione esecutiva, con composizioni equilibrate e bilanciate e volti imperturbabili. L’artista era alla continua ricerca di una bellezza pura ed idealizzata.

C’è da ricordare che a Canova è dedicato persino un asteroide: 6256 Canova.

La scultura Ercole e Lica ancora oggi incanta ed affascina migliaia di visitatori, i quali estasiati da tale bellezza ignorano le sorti della scultura dell’artista veneto, che ha fatto di una leggenda greca un successo in marmo.

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