Esilio di Dante: causa, date e conseguenze

Esilio di Dante: causa, date e conseguenze.

L’esilio di Dante Alighieri, durato 20 anni, ha apportato un importante cambiamento nella vita e nella poetica del noto scrittore fiorentino. Andiamo a vedere nel dettaglio quali sono le cause alla base di questo esilio e che conseguenze ha comportato.

Nella seconda metà del XIII secolo, la scena politica fiorentina era dominata dal riacutizzarsi dello scontro tra Bianchi e Neri, due diversi schieramenti del partito del guelfo, che fin dal 1266 (data della battaglia di Benevento) teneva saldamente il potere. I Bianchi facevano capo alla famiglia dei Cerchi ed esprimevano gli interessi del popolo ‘’grasso’’, ovvero di finanzieri e di ricchi mercanti, mentre i Neri erano guidati dalla famiglia dei Donati (la famiglia di Gemma Donati, moglie di Dante), sostenitori della restaurazione del potere nobiliare e disposti ad appoggiarsi al papa per raggiungere questo scopo. Dante, essendo un sostenitore dell’autonomia del Comuni, sostenne il primo, finendo in conflitto con papa Bonifacio VIII. La sua scelta, ovvero di schierarsi in maniera esplicita, darà vita al lunghissimo esilio di Dante. Il 7 maggio del 1300 Dante si era recato in ambasceria presso il Comune di San Gimignano per sostenere la causa dei Bianchi. Il primo Novembre le truppe angioine di Carlo di Valois, alleate del papa, entrarono con forza a Firenze e deponevano il governo in carica, portando così la vittoria dei Neri.

Secondo il racconto dei biografi, la notizia avrebbe raggiunto Dante durante il suo ritorno mentre era ancora lontano da Firenze e fu, poi, raggiunto dalla condanna pronunciata contro di lui il 17 gennaio 1302. Quest’ultima consisteva in una multa di cinquemila fiorini e due anni di esilio. Non riconoscendosi colpevole, e in particolare respingendo l’accusa, che era davvero infondata, di baratteria (ovvero di corruzione nell’esercito delle forze pubbliche), Dante decise di non presentarsi a pagare e piuttosto si unì agli altri esiliati di parte bianca premeditando un futuro ritorno in patria. La condanna, però, data tale sua reazione, fu aggravata comportando ad una confisca di tutti i suoi beni e condanna alla morte sul rogo. L’esilio di Dante, a questo punto, si preannunciava lungo e inesorabile e i suoi spostamenti non ci sono noti con sicurezza, infatti pare che durante questi anni di esilio abbia soggiornato a Treviso e in altre città del Veneto, in Lunigiana, in Casentino e a Lucca. Pare anche che nel 1310 abbia svolto un viaggio a Parigi di cui ci danno testimonianza Giovanni Villani e Boccaccio, oltre che alcuni passi della Divina Commedia, infatti è durante questi anni che dante si è dedicato all’inferno e al Purgatorio. Nel 1310, con la discesa in Italia di Arrigo VII di Lussemburgo, Dante si riavvicina alla vita politica scrivendo diverse epistole volte a favorire l’operato dell’Imperatore, ma tale entusiasmo per le azioni di Arrigo vennero presto annullate data la sua improvvisa morte a Buonconvento nel 1313. L’esilio di Dante è, dunque, durato circa vent’anni.

L’essersi schierato in maniera così aperta con Arrigo non fece altro che aggravare le condizioni dell’esilio di Dante, data la diffusa ostilità dei signori locali, sia guelfi che ghibellini, al progetto della riunificazione imperiale. Fu costretto ad abbandonare il Casentino recandosi a Verona con i figli dove vi restò fino al 1318, o addirittura fino al principio del 1320. In seguito si trasferì a Ravenna, per un periodo molto breve data la sua morte avvenuta fra il 13 e il 14 settembre 1321.  È, dunque, deceduto oltre 700 anni fa. 

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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