Il Folklore napoletano, anche detto musica tradizionale o di tradizione napoletana, è quell’insieme che racchiude tutti i canti trasmessi oralmente descrittivi di una popolazione o di un particolare momento storico. La cultura partenopea è ricca di questo genere di canti e canzoni, alcuni sono così antichi che le loro origini sono quasi sconosciute.
Alcuni esempi di brani popolari che raccontano la storia del popolo napoletano sono: “La Tammurriata nera” “‘O Surdato ‘nnammurato” e “La Rumba degli Scugnizzi”.
“La Tammurriata nera”
Fu scritta da Edoardo Nicolardi nel 1944, ispirato da un avvenimento che causò immenso scalpore nella società antiquata napoletana: un ospedale di Napoli vide i parenti di una donna sconvolti nel vedere che la ragazza aveva appena dato alla luce un bambino di colore, nonostante lei e suo marito fossero bianchi. Si accorse poco dopo che non fu un caso isolato, tante altre donne in quel periodo partorirono bambini dalla carnagione scura o mulatta. Si trattava di donne rimaste incinte dalle violenze dei gourmier, ossia soldati di nazionalità marocchina che in quel periodo avevano invaso la città. In questa classica canzone del folklore napoletano la donna non rifiuta il bambino, lo accetta e, come dice in uno dei versi, “‘O chiamma Ciro”, tipico nome napoletano, simbolo del fatto che per lei quel bambino è da considerarsi italiano perché sangue del suo sangue. Tuttavia il tono con cui viene narrata la vicenda è umoristico, il coro fa notare che per quanto la donna voglia nascondere il fatto che ha tradito il marito il bambino è nero e questo ricorderà sempre a sé stessa, ma soprattutto agli altri, la sua mancanza di fedeltà. La canzone è un pilastro del folklore napoletano, ha girato il mondo attraverso grandi artisti come Roberto Murolo o Renato Carosone, ma anche diverse compagnie di Canto Popolare. Inoltre Tammuriata è anche il termine napoletano per riferirsi ad un brano suonato con il tamburello.
“‘O Surdato ‘nnammurato”
Forse la canzone napoletana per eccellenza, identificativa della città non soltanto in Italia, ma anche all’estero. Il testo è di Aniello Califano, che la scrisse mentre soggiornava nella sua villa paterna di Sant’Egidio del Monte Albino, musicato poi da Enrico Cannio. Come si evince dal titolo la canzone parla della guerra, in particolare di un soldato che combatte lontano dalla sua famiglia e dai suoi affetti, nei momenti di quiete pensa e si ricorda del suo grande amore che lo attende a grande distanza da dove si trova.
“A’rumba de’ Scugnizzi”
Parola tipica del Folklore Napoletano è proprio “scugnizz”, termine che iniziò a essere utilizzato nel 19 secolo, designa un giovane senza regole, dispettoso, disobbediente e ribelle. Un po’ simile al personaggio della favola Le avventure di Pinocchio di Collodi, Lucignolo. Grazie all’interpretazione di artisti come Sergio Bruni e Massimo Ranieri, questo brano raggiunge una grande popolarità. Il ritmo ricorda quello di una ballata latina, ci fa immaginare di trovarci all’interno di una piazza napoletana dove solitamente si tiene il mercato.
‘O rilorgio, mo capisco pecché ‘o cerco e nun ‘o trovo, steva appiso, è gghiuto o ffrisco: c’è rimasto sulo ‘o chiuo vo.
Tradotto: “L’orologio, ora capisco, perché lo cerco e non lo trovo. Stava appeso, è andato al fresco: è rimasto solo il chiodo.”
Il Folklore napoletano è talmente ricco di canzoni e brani musicali che risulta difficile se non impossibile raccoglierli tutti.
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