George Perec e il suo Tentativo di esaurimento di un luogo parigino sono il punto di partenza di Un’idea di Parigi, originale operazione compiuta da una giovane artista napoletana, Mary Cinque, che, consacrando un matrimonio tra arte e letteratura, ha animato con le sue colorate ed enigmatiche creazioni, le pareti dell’ Institut Français di Napoli. Strumenti diversi, penna per George Perec, pennarelli colorati per Mary Cinque, ma utilizzati con un intento comune: raccontare la propria città attraverso i piccoli gesti quotidiani, che sono poi quelli che fanno la Storia. Perec rimase per tre giorni consecutivi in Place Saint Sulpice, seduto ai tavolini dei caffè o sulle panchine a fissare con le parole il flusso di vita “qualunque” che scorreva davanti ai suoi occhi, Mary si è cimentata in una simile operazione, spiando situazioni e gesti, rubati alla magmatica vita di Napoli, sottraendoli al fluire del tempo e fissandoli sulla pagina con un veloce tratto di colore.
Innanzitutto, perchè Parigi? Perchè sovrapporre Napoli a Parigi?
Più che Parigi, mi piace molto Perec, il suo libro Tentativo di esaurimento di un luogo parigino. Il disegno è per me un modo per approcciasi alla realtà, per capirla e indagarla. In questo caso il disegno è servito a me per scoprire Parigi, una città che è un po’ in tutti noi, la nostra cultura è profondamente legata a quella francese. Con Perec sento molte affinità, mi piace il suo approccio, più che la città.
Nei tuoi schizzi non ci sono indicazioni relative alla città. Lasci allo spettatore il compito riconoscere quell’angolo, quella strada, quel caffè di Napoli?
In tutta la mia produzione, prettamente pittorica, indago sempre la città, che viene fuori come vedute urbane, edifici o persone e non dichiaro mai qual’è. Quello che accade nelle città e che viene innescato da noi esseri umani ha qualcosa di universale, che si può ritrovare e si ripete. Mi piace invitare lo spettatore a farsi delle domande e a decidere lui stesso quale città possa essere o anche addirittura decidere che non è importante stabilire che città è. Il luogo è essenzialmente un accidente, almeno in questa fase della mia ricerca.
Pagine capovolte di una vecchia grammatica francese la base su cui disegni. Perchè?
Si tratta di pagine di una grammatica francese, per stranieri. La trovai per caso da un mio amico libraio, Roberto della Libreria Librido, sponsor tecnico, che mi ha aiutato nella mia ricerca. Avevo bisogno di un libro vecchio, perchè mi piacciono gli oggetti vecchi, che hanno già una storia, preferibilmente francese. Lui tirò fuori questa grammatica. Da straniera, che cercava di approcciarsi alla realtà parigina, mi sembrò perfetta. E’ stato il mio viatico. E’ coerente con tutto il mio lavoro, quando disegno dal vero lo faccio sempre su fogli riciclati, e il primo dispositivo tecnico per disinnescare l’attenzione da una base già scritta e non distogliere l’attenzione dello spettatore è capovolgerla. Sono due supporti che dialogano, ma che si rispettano a vicenda.
In quanto tempo hai realizzato questo progetto?
Ho lavorato in autunno, sfruttando ogni giorno di sole. Appena la pioggia mi dava una tregua, correvo in questo safari disegnato invece che fotografico a “raccogliere” le persone. All’incirca per sette giorni.
Il Grenoble era un luogo d’obbligo di partenza. Quali saranno le altre tappe di Un’idea di Parigi?
Assolutamente! Infatti, ringrazio Chiara, che per prima ha proposto qui la mia mostra, ed è stata accolta. Sicuramente cercheremo di portarla in altri istituti di Cultura, incrociando le dita, di intrecciare le varie culture. Perec non è mai stato a Napoli, ma, durante la realizzazione di questo lavoro, ho scoperto che sentiva il legame con questa città e la voglia di venirci. Raccontando l’incontro di due artisti, di due nazionalità è necessario spostarsi, andare in giro.
Di seguito, la presentazione della mostra, curata da Chiara Reale e Lara Carbonara, e inaugurata all’Istitut Français di Napoli il 20 gennaio 2015.