Chi era Christian Boltanski?
Tra le sue opere più note ricordiamo: L’Album de la famille D. (1971), un lavoro in cui usa fotografie in bianco e nero provenienti da un vero album familiare (di un amico), le immagini coprono gli anni 1939–1964 e vengono ri-fotografate, ordinate e presentate come un archivio che tenta di ricostruire la storia di questa famiglia; Reliquaire (1980-1990), una serie di installazioni in cui costruisce moderni “reliquiari” laici, piccoli altari della memoria dedicati a persone anonime, utilizzando scatole di latta o teche, fotografie in bianco e nero, abiti usati o frammenti di stoffa e lampadine a bassa intensità; La Maison Manquante (1990), un’installazione nel vuoto tra due palazzi di Große Hamburger Straße 15–16, Berlino-Mitte, al posto dell’edificio distrutto nella Seconda guerra mondiale, Boltanski fissa 24 targhe sulle pareti laterali rimaste, all’altezza dei piani e degli appartamenti scomparsi. Le targhe riportano nomi, professioni e periodi di residenza degli abitanti di allora (molti erano ebrei, spogliati dei beni e deportati); Les Archives du Cœur ovvero Gli Archivi del Cuore (dal 2008).
Figura di spicco dell’arte contemporanea, Christian Boltanski nasce a Parigi nel 1944; ha iniziato la sua carriera come pittore, ma già negli anni Sessanta ha virato verso la scrittura e l’esplorazione di nuovi linguaggi espressivi. Si è dedicato alla creazione di complessi assemblaggi e “opere-mondo”, dispositivi artistici che integrano materiali eterogenei come vecchie fotografie, oggetti trovati, e elementi tratti dalla propria vita e da esistenze altrui, reali e immaginarie, divenuti il fulcro principale del suo lavoro artistico. Attraverso la combinazione di frammenti di realtà e immaginazione, e mediante l’utilizzo e l’accumulo di materiali, oggetti vari e, in particolare, fotografie, ha creato assemblaggi e installazioni. Ci ha lasciati il 14 luglio 2021 all’età di 76 anni.
Gli Archivi del Cuore: oltre i confini visivi
Les Archives du Cœur è un’opera d’arte profondamente significativa. Boltanski ha registrato per anni, dal 2008, in vari posti del mondo, il battito cardiaco delle persone, catalogando ogni suono. Queste registrazioni si trovano sull’isola di Teshima, nel mare interno del Giappone, nel polo museale Teshima Art Museum.
In Les Archives du Cœur, Christian Boltanski utilizza le registrazioni dei battiti cardiaci, un elemento che tradizionalmente non rientra nei confini dell’arte visiva. Invece di creare immagini o sculture che gli spettatori possono osservare da una certa distanza, Boltanski li invita a entrare fisicamente nello spazio dell’opera e a esperire l’arte attraverso l’ascolto.
L’uso di un medium non visivo in un contesto artistico scompone la tradizionale “cornice” attraverso cui l’arte viene solitamente esperita. In questo modo, l’ascolto dei battiti cardiaci crea una connessione intima tra lo spettatore e le persone rappresentate, rendendo la presenza di queste ultime palpabile e viva anche nella loro assenza fisica.
Il suono dei battiti cardiaci è intimamente connesso all’essere umano e generalmente percepito solo in contesti di intimità o riflessione personale. La sua proiezione in uno spazio pubblico trasforma un’esperienza interna e privata in qualcosa di condiviso. L’opera acquisice così la capacità di far sentire l’osservatore come se stesse vivendo un incontro diretto con l’oggetto o il soggetto dell’arte; costruisce una narrazione diffusa che si sviluppa attraverso suoni e ritmi. In questo senso, l’installazione di Boltanski si configura come una memoria collettiva che si costruisce in un luogo narrativo immersivo. Les Archives du Cœur è infatti pensata per durare nel tempo e modificare la propria narrazione attraverso il significato che i visitatori gli attribuiscono.
Gli Archivi del Cuore: il museo come varco percettivo
Il percorso teorico e sensoriale tracciato da Les Archives du Cœur di Christian Boltanski dimostra come un’opera possa superare i confini tradizionali dell’arte visiva, generando un’esperienza in cui il pubblico è coinvolto non solo come spettatore, ma come presenza viva e partecipante. Attraverso il suono del battito cardiaco, l’opera attiva ciò che è normalmente invisibile. In questo modo, Les Archives du Cœur apre un varco in cui si intrecciano tempo, corpo, memoria e comunità, trasformando lo spazio museale in un luogo di presenza condivisa.
Fonte immagine di copertina: Wikipedia