I dipinti di Giotto che hanno rivoluzionato l’arte italiana

I dipinti di Giotto che hanno rivoluzionato l'arte italiana

I dipinti di Giotto nell’arte italiana del Duecento

L’arte italiana del duecento rappresenta un terreno fertile sul quale ben si innesta, con tutta la sua carica originale e innovativa, la geniale opera giottesca. Caratterizzata dalla diffusione di una nuova spiritualità, in questi anni si preannuncia una vera e propria rivoluzione culturale e artistica, testimoniata  dall’avvicinamento del sacro alla dimensione laica e quotidiana. L’arte del duecento diviene così l’emblema di una nuova spiritualità domestica, che si diffonde grazie alla parola degli ordini mendicanti e al proliferare dell’arte bizantina, soprattutto nella forma della pittura su tavola a soggetto sacro. Alla concezione di una religione più accessibile alla popolazione si accompagna in aggiunta anche il desiderio di rappresentare in maniera realistica il mondo visibile.

“La superfice pittorica diviene il piano trasparente attraverso il quale noi possiamo pensare di guardare in uno spazio aperto per quanto circoscritto in tutte le direzioni.” (Erwin Panofsky)

I Dipinti di Giotto: trasporre una realtà tridimensionale su una bidimensionale 

Questi due tratti caratteristici dell’arte del duecento, ben si sposano con l’arte giottesca. L’intento principale del pittore fiorentino, infatti, era quello di rendere artisticamente ciò che lo sguardo umano può cogliere, rappresentando su tela la realtà in tutte le sue forme, nel modo che più si avvicini alla verità. Per raggiungere tale scopo Giotto operò una vera e propria resa differenziata del paesaggio, dell’architettura, dei vestiti e delle espressioni, distaccandosi completamente dalla resa stilizzata che caratterizzava l’arte bizantina. 
Fu una rivoluzione che nacque dalla immensa tecnica pittorica dell’artista toscano, ma anche dal talento innato che possedeva. Basti pensare, che secondo alcune storie leggendarie, Giotto, fin da piccolo fosse così bravo a rendere realisticamente la realtà con i suoi dipinti, da ingannare persino il suo presunto maestro Cimabue, il quale, si dice,  passò un’intera giornata a scacciare, senza successo, una mosca su una pietra, che il suo giovane allievo disegnò.

 

Esaù respinto da Isacco, Basilica superiore di San Francesco, Assisi, 1291-95

Un dipinto che ha suscitato un acceso dibattito tra tutti gli storici dell’arte, soprattutto a causa delle inesistenti informazioni riguardanti la sua realizzazione e la paternità dell’opera. Si tende ad attribuire tale opera ad un pittore toscano, il Maestro di Isacco, che distaccandosi dalla tradizione e dai modi di rappresentare di Cimabue, abbia realizzato un dipinto maggiormente concentrato sulla tridimensionalità e sulla voluminosità della scena. Indipendentemente dall’attribuzione di tali opere a un maestro sconosciuto o allo stesso Giotto, di sicuro questa rappresentazione può essere considerata come il punto di partenza di una tradizione pittorica maggiormente focalizzata sulla resa realistica e plastica dello spazio. Essa presenta alcuni elementi tipici della pittura giottesca, come il chiaroscuro accentuato, la disposizione della scena all’interno di un ambiente architettonico fittizio e la resa dettagliata dei corpi, dei panneggi e dei vestiti.

 

Storie di San Francesco, Basilica superiore di Assisi,1292-1305

Affini agli affreschi del Maestro di Isacco, sono sicuramente le Storie di San Francesco, rappresentanti scene tratte dalla biografia ufficiale del santo, redatta da San Bonaventura. La due serie di affreschi presenti nella Basilica superiore presentano, infatti, numerose similitudini ed elementi di contiguità. Primo fra tutti vi è l’uso del chiaroscuro e di architetture scorciate. Giotto per giustificare l’interruzione delle varie vicende, disposte una di fianco all’altro, si serve infatti di una serie di colonne, che simulano un loggiato e danno allo spettatore l’illusione che la scena prosegua alle spalle delle costruzioni, prendendo le distanza dalla tradizione bizantina e delle sue miniature.

Il Presepe di Greccio, Basilica superiore di San Francesco, Assisi, 1295-99

Il Presepe di Greccio, è senza dubbio, tra i dipinti di Giotto, uno dei più affascinanti. La rappresentazione, oltre ad essere ampiamente famosa,  è anche uno straordinario documento dell’epoca. Nessun pittore si era mai spinto a tanto realismo. La posizione dello spettatore è del tutto inedita, infatti è possibile osservare la scena come se si fosse situati nell’abside, una parte di solito riservata ai soli sacerdoti e religiosi.
Prendendo spunti da Nicola Pisano e il suo Pulpito, ma anche dall’arte greca (Oplontis/Cubiculum), Giotto realizza un dipinto estremamente realistico e innovativo, dove la moltitudine di personaggi è collocata perfettamente nello spazio. Un altro carattere fondamentale, che poi è caratteristico del ciclo di dipinti su San Francesco, è l’umanizzazione della vita del Santo.  Il tema religioso è calato totalmente in una dimensione storica, all’interno della quale tutti i contesti terreni sono definiti nei loro valori spaziali e architettonici, e sono popolati da figure espressive e da oggetti quotidiani. 

I dipinti di Giotto che hanno rivoluzionato l'arte italiana

 

Maestà di Ognisanti, Uffizi a Firenze, 1310 

La Maestà di Ognissanti merita di sicuro un posto d’onore tra tutti i dipinti di Giotto, essa rappresenta l’espressione della sua pittura più matura. Il pittore toscano qui riprende e rielabora alcuni stereotipi tipici della rappresentazione dell’icona sacra della Vergine Odigitria (colei che indica la via). Attraverso un delicato passaggio di luci e ombre e a un raffinato preziosismo nei dettagli, Giotto restituisce perfettamente allo spettatore una  dimensione tattile. Il dipinto presenta inoltre, un’organizzazione spaziale coerente e realistica. Posta su uno splendido trono tridimensionale, di fattura gotica, la Madonna con in braccio il bambin Gesù domina la scena, circondata da santi, i quali è possibile vedere di sguincio attraverso le finestrelle ai lati di Maria. 

 

 

Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303-05

Incaricato dal ricchissimo banchiere Enrico degli Scrovegni di decorare l’oratorio privato del suo palazzo, Giotto realizza un progetto iconografico unitario, attraverso una serie di dipinti teologici dalla fattura sontuosa. L’opera giottesca raggiunge qui degli apici quasi inarrivabili, soprattutto per quanto riguarda il rapporto unitario che si instaura tra lo spazio architettonico e quello pittorico. Il programma iconografico, incentrato sul tema della salvezza segue un preciso ordine di lettura.
Oltre all’incredibile livello tecnico che Giotto raggiunge con i suoi affreschi, ciò che fu un elemento di assoluta novità e che segnò un punto di svolta per l’arte pittorica fu soprattutto la consapevole resa illusionistica dello spazio. Giotto dona alla  cappella, con la sua pittura, un senso di profondità e dimensione, all’interno dei quali inserisce delle vere e proprie  illusioni pittoriche.
Due elementi di assoluta innovazione sono senza alcun dubbio i coretti dell’abside, due dipinti decorativi all’interno dei quali in un ambiente “spazioso” si affaccia per la prima volta una resa prospettica, accompagnata dallo sfondo celeste di un cielo tenue e atmosferico, rivoluzionario per un’epoca dominata dal blu lapislazzulo e dall’oro bizantino.

 

 

Fonte immagine di copertina: Picryl.com 

Fonte Immagini: Wikimedia, Creazilla

A proposito di Giuseppe Musella

Laureato in mediazione linguistica e culturale presso l'Orientale di Napoli. Amo tutto ciò che riguarda la letteratura. Appassionato di musica, anime, serie tv e storia. Visceralmente legato a Napoli.

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