I Promessi Sposi: il romanzo della Provvidenza e della Provvida Sventura
Pubblicato per la prima volta nel 1827 (la cosiddetta edizione ventisettana), I Promessi Sposi è il primo romanzo della letteratura italiana, un esempio magistrale di romanzo storico, nel quale l’autore, Alessandro Manzoni, illustra anche la propria concezione di vita, dopo la conversione.
Come già accennato, l’evento fondamentale della vita di Manzoni fu la sua conversione che gli permise di avere una visione finalistica della vita che sostituì quella meccanicistica, secondo cui tutti gli avvenimenti possono essere spiegati con le leggi della scienza: l’uomo, corrotto dal peccato, ha la responsabilità di scegliere tra il bene e il male. Tale cambiamento lo portò ad una narrazione del vero, basata sulla descrizione delle cose così come accadono nella realtà, ripudiando i nobili e i potenti e concentrando la propria attenzione sugli umili e gli indifesi.
Il tema centrale del romanzo è la religione, intesa come ricerca della giustizia, ma non dal punto di vista terreno, bensì come ricerca di un equilibrio individuale, protesa al bene, nonostante i condizionamenti negativi della società. Con la Divina Provvidenza, l’autore cerca il modo di affrontare il dolore, senza spiegarlo, vedendo nella Grazia lo strumento di aiuto e vicinanza divini, che spingono il malcapitato ad avere sempre fiducia nel bene e nel coraggio. I personaggi che la Provvidenza aiuta maggiormente sono i seguenti:
- Renzo, il quale dopo la rivolta di Milano, viene portato dall’intervento divino sulla riva dell’Adda, il confine tra Milano e Venezia rappresenta per lo sposo il confine tra ingiustizia e giustizia;
- Lucia, la quale profondamente addolorata e spaventata per il rapimento di cui è vittima, si affida alla Provvidenza, facendo anche un voto di castità;
- l’Innominato, la cui conversione è da considerare l’evento provvidenziale per eccellenza, che, turbato dai modi garbati della giovane fanciulla che ha rapito, per l’appunto Lucia, decide di passare dalla parte dei più deboli, facendosi guidare in un percorso di redenzione.
Nonostante gli eventi siano per lo più drammatici, la Provvidenza garantisce il “lieto fine”, poiché viene alimentata dalla fede e dalla forza d’animo dei protagonisti che vi si affidano ciecamente. Essa, però, sembra essere più simile al caso che ad un disegno seguito pedissequamente, in quanto attraverso la peste permette ai promessi sposi di ritrovarsi, ma al contempo uccide Fra Cristoforo, esempio di fede e carità cristiana e lascia in vita, impunito, Don Abbondio, eroe dell’egoismo e codardo per eccellenza. Pertanto, qui si ritrova il concetto di Provvida Sventura, che è letteralmente la sventura mandata dalla Provvidenza: così facendo Manzoni risponde all’invettiva che viene sempre posta nei confronti della religione: “Perché se Dio è buono, agisce contro i buoni?” L’autore crede che la Provvidenza agisca, talvolta commettendo del male per un fine superiore: nella sofferenza, Manzoni percepisce la presenza e la vicinanza di Dio, che mette alla prova le sue creature, ma che non abbandona mai.
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