Il capitalismo e le sue origini: uno sguardo storico

Il capitalismo e le sue origini: uno sguardo storico

Fornire delle coordinate temporali in cui inquadrare l’avvento del primo capitalismo, un modello economico tristemente legato alla contemporaneità, non è un’impresa immediata.

In linea generale, possiamo definire il capitalismo come un sistema socioeconomico fondato sul capitale – ossia la proprietà privata dei beni e dei mezzi di produzione- e irrimediabilmente legato a complesse dinamiche di disuguaglianza sociale, che vengono non solo sfruttate ma soprattutto rafforzate dal sistema capitalista.
L’importanza sempre maggiore rivestita dal capitalismo nel modello economico odierno ha inasprito e cementato la stratificazione sociale, organizzandola in una piramide impossibile da scalare per chi abita alla base.

Una simile descrizione risulta quantomai calzante per illustrare la realtà economica e sociale dei nostri tempi, ma non solo. Il modello capitalista che oggi intreccia le maglie del tessuto sociale è il lascito invisibile di tempi andati, delle rivoluzioni e del progresso che hanno favorito l’evoluzione e il benessere di una parte ben specifica della piramide.

Per spiegare le origini e l’evoluzione del capitalismo così come lo conosciamo oggi, procediamo a ritroso passando per un periodo fondamentale: gli anni della Rivoluzione industriale in Inghilterra, a cui è associabile quello che è passato alla storia come capitalismo industriale.

Ma perché proprio in Europa?
Per comprendere appieno le dinamiche che hanno permesso che lo sviluppo delle industrie avvenisse proprio in Europa, bisogna tornare indietro nel tempo di circa un secolo.
Già a partire dal Seicento, l’Europa è al centro dei traffici mondiali; le esplorazioni geografiche delle epoche precedenti avevano aperto numerose rotte commerciali verso le Americhe e l’Asia, territori dai quali l’Europa aveva avuto la possibilità di attingere non solo a numerose materie prime, ma anche a metalli preziosi che avevano contribuito al suo costante arricchimento.
Proprio per questo motivo, mentre il continente asiatico, nonostante la ricchezza dei propri territori, si imperniò attorno ad un isolamento commerciale piuttosto rigoroso, in Europa va costituendosi l’imprenditoria, che sarà centrale per lo sviluppo del capitalismo così come lo conosciamo oggi.
È bene mettere in chiaro che la borghesia imprenditoriale trova pieno sostegno nel clima culturale di quel periodo. Ci troviamo in un contesto squisitamente illuminista, ricco di idee riformatrici che indirizzano la sensibilità europea verso il progresso e che sostengono il liberismo economico, il quale incoraggia l’iniziativa privata degli imprenditori. Questi ultimi si ritrovano dunque a beneficiare delle risorse acquisite per mezzo dei traffici commerciali che dall’Europa si snodavano verso tutto il mondo.

Ma perché proprio in Inghilterra?
L’economia della Gran Bretagna del Settecento è caratterizzata da una serie di fattori che hanno reso possibile lo sviluppo dell’industria al suo massimo grado fino a giungere al capitalismo. Innanzitutto, è il primo paese europeo la cui l’economia passa da agricola a industriale: bisogna partire dal presupposto che in Inghilterra il settore dell’agricoltura fosse in costante sviluppo già all’inizio del diciottesimo secolo per mezzo del fenomeno delle enclosures -recinzioni poste attorno a terreni detti demaniali, cioè a disposizione di tutti i cittadini. A seguito di ciò, vaste porzioni di terra senza proprietario, precedentemente a disposizione di tutti, vengono sottratte all’uso comune, privatizzate e destinate all’imprenditoria, per investire nell’agricoltura e nell’allevamento.

La produttività inglese, di conseguenza, era in costante aumento, così com’era la domanda di beni, generata dall’incremento demografico che si registra nella Gran Bretagna di questo periodo.
In aggiunta a questo, anche le innovazioni scientifiche e tecnologiche hanno posto solide basi per il consolidamento dell’industria: l’Occidente viene sconvolto da una serie di nuove e impensabili possibilità provenienti dall’Inghilterra del diciottesimo secolo, in seno alla quale vennero progettati e perfezionati nuovi macchinari che non tardarono a diffondersi nelle industrie di tutta l’Europa.
Il lavoro cambia radicalmente. La serie di fattori appena elencati favorirono la meccanicizzazione del lavoro e la conseguente nascita del capitalismo: la manodopera e la piccola industria non può gestire la domanda in costante crescita della popolazione, e il ruolo dell’artigiano scompare quasi del tutto, sostituito, lentamente, dalla macchina.

Cosa succede ai lavoratori?
La presenza massiccia nel Regno Unito di ex contadini ai quali il processo di dissoluzione feudale aveva tolto il lavoro gioca un ruolo fondamentale nella nascita del nuovo sistema socioeconomico: la figura dell’operaio si origina dall’incontro tra l’avvento delle prime fabbriche -conseguenza delle grandi scoperte tecnologiche del periodo- e il bisogno di questa classe posta ai margini della società di trovare un impiego. 
In un’Inghilterra che si sta lentamente industrializzando le campagne si svuotano in favore delle città, il cui profilo comincia definitivamente a cambiare. 
Ai margini dei centri cittadini, il fumo si addensa nell’aria, fuliggine e sudiciume si deposita sulle strade e sui corpi degli operai. Il lavoro sempre più intenso all’interno delle fabbriche riempie la maggior parte delle loro giornate. 
Questa rinnovata struttura della città riflette la marginalizzazione della classe operaia e il ruolo centrale rivestito da quella borghese, in cui rintracciamo il nucleo fondamentale da cui si snoda l’imprenditoria così come la conosciamo oggi.
La macchina è un investimento costoso, acquistato con ingenti capitali. Va sfruttata dunque al massimo della sua potenzialità in modo da coprirne le spese d’acquisto da parte dell’imprenditore e garantire un ingente guadagno.

La realtà socioeconomica che viviamo oggi è la naturale evoluzione del capitalismo industriale di cui abbiamo appena parlato. Oggi come allora i problemi che trascina con sé sono molteplici: sfruttamento, inquinamento e classismo sono solo alcune delle dinamiche immischiate in questo sistema dominante e totalizzante. 
Oggi più che mai una via d’uscita sembra un miraggio lontano e irrealizzabile; le condizioni che hanno costituito le basi del capitalismo sono ormai talmente radicate nella nostra società che agire in maniera differente ci appare quasi come un’impossibile.

Fonte immagine: Wikipedia

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