Il mito di Giacinto: quando la felicità dura troppo poco

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Questo è uno dei miti più incantevoli ma fatali della mitologia greca, nonché la straziante storia d’amore tra il principe spartano Giacinto e il dio Apollo. È un racconto puro, a tratti favolistico e paradisiaco che però non trova il lieto fine: quest’amore, infatti, viene rovinato dal dio Zefiro, geloso di Giacinto e del suo dolce rapporto con Apollo. Il mito di Giacinto, perciò, parla della bellezza spezzata di un amore e del forte dolore dovuto alla perdita del proprio amato. Secondo varie fonti e versioni del mito di Giacinto, il principe sarebbe figlio di Clio – musa della storia – e di Pierus – figlio del re Magnete – oppure del re Ebalo di Sparta o, ancora, del re Amyclus di Sparta o, infine, della ninfa Dafne.

Il mito di Giacinto tra bellezza, amore e tragedia

Il protagonista del mito è quindi il principe spartano Giacinto: inutile dire che fosse un ragazzo dall’aspetto etereo e meraviglioso; particolarmente dedito all’esercizio fisico, decise di partecipare alle prestigiose Olimpiadi. Grazie alla sua bellezza, fece cadere ai suoi piedi diversi spasimanti: il dio del vento dell’Ovest, ovvero Zefiro; poi Borea, il vento del Nord ed infine il poeta e musico Tamiri. Questi cercarono di conquistare il bel Giacinto, ma il cuore di quest’ultimo batteva per il dio Apollo. E come dargli torto? Apollo era il dio del sole, delle arti, della medicina, della musica e così via… Il dio, nonostante gli impegni, trovava sempre il modo per passare del tempo con l’innamorato e secondo alcune versioni del mito di Giacinto, pur di stare accanto al giovane, Apollo dimenticò i suoi doveri – ad esempio abbandonò il suo santuario di Delfi. Visitarono assieme tutte le terre sacre di Apollo sul carro trainato dai cigni e, inoltre, il dio gli insegnò l’uso dell’arco, della lira e l’arte profetica. Purtroppo la felicità dura sempre troppo poco, soprattutto in amore: un giorno, la coppia decise di recarsi in un bosco per allenarsi al lancio del disco in preparazione delle Olimpiadi. Quando Apollo lanciò il disco e Giacinto si mise a correre per riprenderlo, il vento forte di Zefiro ne deviò la traiettoria e così colpì violentemente la tempia del principe. Apollo, afflitto e disperato, tentò di salvare il suo amato invano con l’uso di erbe e ambrosia: il dio era distrutto, pianse fino a non avere più lacrime in corpo. Dalla testa di Giacinto spuntò un fiore rosso sangue che porta ancora oggi il suo nome: Apollo decise così di incidere due suoni sui suoi petali, «αι αι» («ai ai»), un suono che evoca una voce straziata dal dolore di un amore perduto. Il dio era talmente innamorato che desiderò diventare mortale per unirsi a Giacinto nella morte: sarebbe stato disposto anche a farsi uccidere da suo zio Ade pur di raggiungere la sua metà; ma questo non era possibile poiché immortale, di conseguenza Apollo promise al suo amato di onorarlo e ricordarlo per l’eternità. Il mito di Giacinto è, quindi, il perfetto connubio di vita e morte, amore e disperazione: è la vera e propria tragedia dell’amore infelice.


La morte di Giacinto, 1636, di Pieter Paul Rubens (Fonte: Wikipedia)

Giacinto: personificazione della primavera che nasce e decade

Giacinto personifica la vegetazione che germoglia in primavera e che viene in seguito uccisa dal calore dell’estate: dopo la sua apoteosi nel mito di Giacinto, il principe diventa simbolo e rappresentazione del ciclo naturale del decadimento e rinnovamento, di morte e rinascita della natura. Infine, il fiore che nacque dalla testa del principe non sarebbe uguale a quello che conosciamo oggi: secondo vari studi, il giacinto sarebbe stato più simile ad un iris. Inoltre, il mito di Giacinto ci ha lasciato anche un termine particolare, «capelli giacinti»: questo si riferirebbe ai capelli ricci del principe somiglianti ai petali arricciati del fiore che porta il suo nome!


Distesa di giacinti in fiore (Fonte: Wikipedia)

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia.

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