Il Neoconfucianesimo: origini e principi fondamentali

neoconfucianesimo

Il termine “Neoconfucianesimo” è molto fuorviante: si tratta di un’etichetta data a delle correnti di pensiero che in cinese si chiamano 大学 (daxue) oppure 理学 (lixue). Da nessuna parte, in cinese, è presente il termine “Confucio” o “neo”; questo crea dei problemi perché, già da questo primo approccio, c’è una differenza tra quello che è storicamente il filone culturale ed il nome che viene dato in Occidente. Ad ogni modo, per definizione, il Neoconfucianesimo è una corrente ideologico-filosofica che si è diffusa in Cina durante la dinastia Song 宋 (960-1279). La sua origine vede il confluire di vari aspetti delle dottrine giù diffuse e consolidate in Cina all’interno di un’unica linea di pensiero. Furono proprio i confuciani del tempo ad esser fortemente influenzati da certi principi taoisti e buddhisti e dunque a voler riformulare una dottrina che li prevedesse in concomitanza coi principi confuciani.

Origine ed influenze del Neoconfucianesimo

Il termine “Confucianesimo” all’interno della parola “Neoconfucianesimo” risulta esser fuorviante, perché con questo termine ci si riferisce a correnti che in cinese vengono definite “Ru” 儒 (infatti, “la scuola confuciana” in cinese si scrive 儒家 e il termine lo si intende come “classicisti“) e che non hanno un collegamento diretto con la figura di Confucio, men che meno in questo caso.
Esiste comunque del vero nell’utilizzo del termine “Neoconfucianesimo”: si tratta di una previsione, una rielaborazione di quelli che sono i principi confuciani e classicisti alla luce delle nuove circostanze, sia sociali che intellettuali, come ad esempio i secoli intercorsi tra il periodo degli Stati combattenti (453 a.C. – 221 a.C) ed il periodo della dinastia Song, che hanno visto l’emergere di altre tradizioni religiose e filosofiche, con correnti del Confucianesimo o in qualche modo differenti, come il Taoismo e soprattutto il Buddhismo.
Il Neoconfucianesimo è anche parzialmente una reazione confuciana alle grandi domande che il Buddhismo ha introdotto nel pensiero cinese.

C’è anche un flusso delle nuove scoperte scientifiche e astronomiche; c’è un contesto diverso in cui una serie di fattori fa sì che molti pensatori inizino a ritenere che il classicismo confuciano, lo studio dei classici e il pensiero tradizionale (legato alla classe imperiale) necessitino di una revisione.
Se volessimo riassumere l’obiettivo dei neoconfuciani, potremmo dire che loro desiderano ricercare un principio universale delle cose, qualcosa che spieghi la realtà, un modello con cui conformarsi nel corso delle nostre esistenze.

Rispetto alle altre scuole di pensiero, se paragonassimo l’esigenza neoconfuciana a quella confuciana nel periodo degli Stati combattenti, c’è una differenza: l’esigenza di fornire un’ideologia da seguire era soprattutto politica, si desiderava creare un modello filosofico che fosse utilizzabile per ricostruire un modello politico coeso.
Durante il periodo degli Stati combattenti, il territorio cinese era suddiviso in vari staterelli tutti in guerra tra loro per l’egemonia. Nello stesso periodo naquero e si diffusero varie correnti filosofiche, tutte con un quesito più o meno diretto: “Come ricostituisco l’ordine cosmologico/politico in questo caos?” Nel caso del periodo Song la situazione è leggermente diversa, poiché esisteva l’ordine imperiale e non c’era la guerra civile. Possiamo dire, perciò, che l’esigenza neoconfuciana è rovesciata; nel periodo Song ci si chiede: “Come faccio a riempire di principi morali questa comunità politica? Come legittimo questo nuovo sistema sociale?

La società era molto diversa, quindi è ovvio che, come sempre accade in un momento di trasformazione sociale profonda, anche il versante filosofico ed ideologico ha bisogno di essere riadattato a queste circostanze.
Sicuramente, il Neoconfucianesimo, rispetto al confucianesimo delle origini, ha una connotazione meno diretta politica: difatti, questo vuole veicolare un messaggio che viene rivolto innanzitutto alla nuova élite, ma potenzialmente a tutti i cittadini dell’Impero, per contribuire alla creazione di una società più stabile, in cui questa differenziazione sociale che è sempre più evidente non si trasformi in un conflitto. Difatti è chiaro che, dal momento in cui esiste una società che si va differenziando man mano, in cui mancano quei principi tradizionali che giustificavano il vecchio ordine gerarchico, si debbano trovare dei nuovi valori, dei nuovi principi che tengano insieme la società.

Quali sono i concetti alla base del pensiero neoconfuciano?

Il Neoconfucianesimo riterrà che, per avviare un processo di crescita personale che contribuisca alla stabilità della società, sia necessario servirsi di pratiche come la delegazione, quindi vi è l’utilizzo di tanti spunti necessari per arrivare a rispondere a questa domanda: “Come troviamo un ordine, un modello, per la nostra società?

L’interiorità individuale diverrà la chiave per costruire un sistema in cui la società è tenuta in ordine perché ciascuno di noi segue un proprio percorso. Vi è una visione ottimistica confuciana e menciana della natura umana; questo sistema si basa sul fatto che tutti gli individui siano perfettibili e possano essere migliorati perché c’è una base buona, virtuosa, che può essere riscoperta e coltivata. Solo da questa base si può costruire una società armoniosa, non dall’inquisizione.
Dal punto di vista individuale, per poter essere partecipi di questo processo di armonizzazione della società, bisogna capire il principio delle cose, quindi qual è il meccanismo che manda avanti la realtà e che dà forma alla realtà, ed adeguarvisi con il proprio comportamento. Dal punto di vista quotidiano, bisogna liberarsi dagli eccessi emotivi evitando il male, in senso non cristiano ma dal punto di vista delle cattive azioni.
Si tratta di un pensiero da una parte individuale, di crescita e meditazione, per inserirsi al meglio nel sistema sociale; dall’altra, esiste invece un lato socio-politico che va di pari passo e che vuole costituire l’idea di una società che non sia generata dal caos e dal conflitto, ma che sia ordinata e che rispetti i principi cosmologici naturali.

Il “Li” ed il “Qi”

Come dice il nome stesso in cinese, “理学 lixue“, dobbiamo capire cosa si intende con 理 Li (principio). Per fare ciò, dobbiamo metterlo in coppia con un altro termine “Qi“, che significa “soffio vitale/energia“, cioè un’energia sottile che pervade tutti i corpi. Il “Li” è il principio che distribuisce il “Qi“, che dà forma alle cose.
Questa divisione è un contributo della metafisica buddhista che i neoconfuciani prendono ed utilizzano nel loro pensiero.
Il “Li” è una specie di hardware della realtà che stabilisce come ci si deve distribuire, però non è una divinità. Più concretamente, si tratta di una rete che costituisce la realtà e su cui poi si dispone il “Qi“, l’energia che, con forme più o meno condensate, crea tutto.
È importante tenere a mente questa dicotomia perché è comune a tutti i pensatori neoconfuciani, ma il modo in cui si risolve questa differenza tra “Li” e “Qi” cambia a seconda dei vari pensatori.
Il primo filone che appare in epoca Song e che poi contribuisce a creare questa corrente neoconfuciana è quello dei cosmologi che, come dice il nome stesso, hanno un punto di partenza più cosmologico, nel senso che partono dal tentativo di comprendere le regole del cosmo, della natura, più che da un’esigenza politica o individuale.
Questi primi pensatori neoconfuciani si caratterizzano per l’utilizzo della matematica per provare a mettere ordine nel cosmo, per capire quali sono le regole/strumenti che noi definiremmo oggi “più scientifici”, un po’ come gli scienziati che tramite i numeri provano a definire le regole della fisica e dell’universo.

L’idea è la stessa: si parte dal dato matematico per provare a definire delle regole che danno ordine al cosmo, per poi provare ad utilizzare quelle stesse regole che noi oggi chiameremmo “regole della fisica o dell’astronomia”, a livello individuale, per capire come nel singolo si possano seguire quegli stessi principi per integrarsi nel cosmo in maniera migliore. Insomma, se esistono della regole che determinano il movimento di una stella o la crescita di un albero, non si vede perché non dovrebbero determinare anche la crescita personale. Questa è un’idea olistica della natura, che era molto viva in Cina e che ora stiamo riscoprendo anche a livello scientifico. Questo tipo di pensiero è molto diverso da quello caratterizzante l’Occidente: ad esempio, Cartesio ha fornito l’idea della separazione tra materia pensante e materia concreta, la separazione tra anima e corpo, che sono in qualche modo legate; di fatto, però, quest’idea prevede la separazione tra uomo e universo, cioè che l’uomo sia in qualche modo al di fuori delle regole universali. Il Taosimo (ma in generale quasi tutta la filosofia cinese), al contrario, riteneva che ciascun elemento della natura fosse correlato, e che noi non possiamo assolutamente staccarci né come esseri umani, né come individui, né come specie umana. I cosmologici riprendono questo orientamento e cercano di definire quelle regole che, allo stesso modo, definiscono la vita degli organismi naturali e la nostra vita, perché siamo organismi naturali noi medesimi.

Quindi, la ricerca del “Li“, parte dalla ricerca del “Li” della natura, da come si muovono gli astri, da come si generano gli organismi viventi, e dal provare ad individuare delle regole che possiamo applicare agli essere umani.
Uno dei testi più utilizzati per questo è, tra i classici, “Il Classico dei mutamenti” (易经 Yijing), un libro molto complesso al cui interno vi sono varie combinazioni di esagrammi che darebbero la spiegazione di tutte le dinamiche naturali.
In generale c’è un forte incoraggiamento a leggere i testi classici, in particolare per portare alla scoperta dei principi universali che siano allo stesso tempo cosmologici, ma anche individuali.

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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