Il progetto Prada Marfa: un pezzo d’arte nel deserto texano

Prada Marfa: l’espressione del consumismo nel deserto texano

Il progetto Prada Marfa prese vita il 1° ottobre 2005, ideato dagli artisti Michael Elmgreen e Ingar Dragset e progettato dagli architetti Ronald Rael e Virginia San Fratello.

Ideata come una vera e propria boutique di Prada, l’installazione fu commissionata dall’Art Production Fund e dall’organizzazione no-profit Ballroom Marfa ed è situata nel mezzo del deserto del Chihuahua, in Texas, a circa 60km dalla cittadina di Marfa.

Inizialmente, il progetto Prada Marfa doveva essere temporaneo, tanto che la coppia di artisti non chiese il permesso all’azienda milanese per utilizzare il loro logo. Successivamente, quando l’installazione divenne permanente, Elmgreen e Dragset si misero in contatto con il brand per chiedere il permesso: a quel punto, non solo Miuccia Prada consentì l’utilizzo del logo Prada ma curò in prima persona il merchandise della scultura, fornendo borse e scarpe della collezione FW05; inoltre, diede informazioni sul design aziendale da utilizzare per rendere la scultura il più somigliante possibile a una vera boutique Prada. Ovviamente, nonostante questa collaborazione, va tenuto bene a mente che l’opera non vuole essere una sponsorizzazione del marchio. 

La struttura del progetto Prada Marfa

A partire dagli anni ’70, l’architetto e designer Donald Judd acquistò vari ettari di terreno a Marfa e ci si stabilì, accumulando una serie di opere d’arte, sia sue che di altri artisti, che confluirono tutte nella Chinati Foundation, una vera e propria Mecca per gli esteti.

È proprio dallo stile minimalista di Judd che Elmgreen e Dragset presero ispirazione: all’interno dell’opera sono presenti tre ripiani che scorrono longitudinalmente, paralleli ai pannelli di vetro. Gli scaffali ospitano in tutto venti scarpe, tutte col tacco e tutte per il piede destro ed esclusivamente del numero 37; ci sono, in aggiunta, due piccoli piedistalli con tre borse ciascuno. La parete sul fondo, color verde pistacchio, illuminata di notte, si riflette sul buio della strada texana, quasi a richiamare le luci extraterrestri, parte fondamentale del folklore locale.

Il significato iniziale del progetto Prada Marfa

L’opera fu costruita con materiali biodegradabili, in particolare con mattoni fatti di terra e materiali organici. Il concept iniziale, infatti, era di costruire una struttura che si degradasse naturalmente nel tempo. Ma quest’intenzione svanì molto rapidamente.

Subito dopo l’apertura ufficiale del progetto Prada Marfa l’opera fu vittima di vandalismo: venne imbrattata con pittura spray, la porta fu tirata via con un camion e la merce all’interno venne rubata.

A questo punto sia la Ballroom, sia l’APF che i due artisti decisero di restaurare la scultura poiché l’atto vandalico avvenne così prematuramente che pochissime persone erano state in grado di vedere l’opera nel suo stato originale.

Prada donò nuovamente sei borse identiche alle precedenti e furono tirate fuori dalle scatole le scarpe del piede destro da esporre sugli scaffali. In più, per evitare futuri furti, il fondo delle borse fu bucherellato.

Tuttavia, nel 2014, ci fu un altro grande atto di vandalismo: stavolta voleva essere un’opera d’arte su un’altra opera d’arte. Da questo secondo attacco, Elmgreen e Dragset trassero un’interessante riflessione sul ruolo che il progetto Prada Marfa stava iniziando ad avere. A tal proposito, nel 2019, i due dichiararono che Prada Marfa si era trasformato in qualcosa al di là del loro controllo e che non potevano sperare in qualcosa di meglio: «Come artisti siamo qui solo per innescare un dibattito, per fornire piattaforme per le interpretazioni altrui».

L’arte pubblica al di fuori delle mura di un museo non solo viene esposta agli elementi naturali ma anche a un pubblico che non ha chiesto un’esperienza artistica e questo porta a pensare che anche il vandalismo può essere visto come un tratto positivo, segno che le persone sentono di avere voce in capitolo nello spazio pubblico.

Il progetto Prada Marfa e il consumismo 

Il progetto Prada Marfa fu concepito da Elmgreen e Dragset come una denuncia nei confronti del consumismo americano e della gentrificazione, imponendosi come provocazione ironica verso il materialismo caratteristico dell’Occidente. Inoltre, nel 2001, i due artisti idearono il precursore dell’installazione texana, a New York: stamparono sulla finestra di una galleria a Chelsea la scritta OPENING SOON, PRADA, facendo effettivamente credere ai collezionisti d’arte che stesse per aprire una vera boutique Prada al posto della galleria.

Tuttavia, va considerato che, quando l’opera fu realizzata nel 2005, le piattaforme social non esistevano ancora e come loro anche la selfie culture, e che, nel tempo, con l’emergere dei social network, Prada Marfa è diventata una tappa principale per blogger e celebrity di tutto il mondo. Così, l’artwork, da denuncia divenne atto consumistico.

Il fenomeno Prada Marfa iniziò poi ad allargarsi: vennero stampati segnali stradali per Prada Marfa come decoro per le camere da letto, ancora oggi super in voga tra gli amanti della moda.

Le conseguenze dell’opera sulla cittadina di Marfa

A causa della Chinati Foundation di Judd e, soprattutto, del progetto Prada Marfa, la cittadina di Marfa ha subito un forte rincaro nel settore immobiliare dando vita, a dispetto delle intenzioni iniziali, a una vera e propria gentrificazione.

Marfa è una cittadina con poco meno di 2.000 abitanti, i quali hanno un reddito annuo medio non superiore ai 40mila dollari. Tuttavia, oggigiorno, trovare case al di sotto dei 500mila dollari è diventato impossibile. Di conseguenza, nonostante il turismo generato dalle installazioni artistiche e dal progetto Prada Marfa abbia aiutato fortemente l’economia locale, molti residenti storici fanno fatica a viverci.

Fonte immagine: Wikipedia

A proposito di Di Costanzo Mariachiara

Mariachiara Di Costanzo, classe 2000. Prossimamente laureata in Lingue e Culture Comparate all'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Appassionata di moda, musica e poesia, il suo più grande sogno è diventare redattrice di Vogue.

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