Tra i più importanti cineasti del XX secolo, Jean-Luc Godard è stato uno dei protagonisti della Nouvelle Vague, un punto di riferimento per i giovani registi degli anni Sessanta. Ha segnato i confini tra epoche nella storia del cinema grazie a una ricerca costante, rimanendo all’avanguardia per tutta la sua carriera senza mai tradire una concezione cinematografica forte e senza compromessi.
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L’impatto di Godard con il cinema
Nato a Parigi nel 1930, Jean-Luc Godard frequentò assiduamente la Cinémathèque Française, considerata la “palestra” dei talenti della sua generazione. Lì, e in seguito alla Sorbona, strinse amicizia con futuri registi come François Truffaut, Éric Rohmer e Jacques Rivette. Insieme a loro, iniziò a scrivere per i Cahiers du Cinéma, la rivista che divenne il cuore teorico del movimento, promuovendo la “politique des auteurs” e celebrando il cinema autoriale. Dopo alcuni cortometraggi, nel 1960 realizzò il suo primo lungometraggio, À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro), che vinse l’Orso d’argento per la miglior regia al Festival di Berlino e divenne il film simbolo della Nouvelle Vague.
Che cos’è la Nouvelle Vague?
Intesa come “nuova onda”, la Nouvelle Vague è un fenomeno che si affermò in Francia alla fine degli anni ’50. Il termine, inizialmente uno slogan giornalistico per descrivere i nuovi costumi giovanili, fu traslato in ambito cinematografico. I registi della Nouvelle Vague, tra cui Godard, Truffaut, Rivette, Rohmer, Claude Chabrol e Agnès Varda, disprezzavano il cosiddetto “cinéma de papa”, percepito come obsoleto e accademico. Volevano un cinema libero dagli schemi, girato per le strade, che catturasse lo spirito del tempo e la vita reale.
Le caratteristiche della “nuova onda”
I registi della Nouvelle Vague, un vero “gruppo di amici” formatosi attorno ai Cahiers du cinéma, condivisero un approccio rivoluzionario alla produzione cinematografica. L’obiettivo era creare un cinema moderno, capace di riflettere la crisi e la metamorfosi dell’individuo, rompendo con le convenzioni del passato.
Principio della Nouvelle Vague | Manifestazione pratica nel cinema di Godard |
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Autoproduzione e budget ridotti | Riprese in location reali (le strade di Parigi), uso della macchina a mano per un senso di immediatezza e realismo |
Rifiuto delle regole narrative classiche | Uso innovativo del jump cut (montaggio a stacco), che crea un ritmo discontinuo e spezzato, riflettendo l’instabilità dei personaggi |
Centralità del regista come autore | Film personali, con dialoghi improvvisati e continue citazioni cinefile che mostrano la visione del regista-critico |
Uso di attori esordienti | Lancio di icone come Jean-Paul Belmondo e Anna Karina, i cui volti diventano simbolo di una nuova generazione |
Fino all’ultimo respiro: il manifesto di Godard
À bout de souffle (1960), interpretato da Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, è il manifesto del nuovo cinema francese. Basato su un soggetto di François Truffaut, il film racconta la fuga di un piccolo delinquente, Michel. Ciò che lo rende rivoluzionario non è tanto la trama, ma lo stile: l’uso della camera a mano e, soprattutto, un montaggio frenetico e discontinuo che fa ampio uso del jump cut, immergendo lo spettatore in un’esperienza visiva completamente nuova. Girato in quattro settimane con un budget ridotto, il film incarna perfettamente i principi della Nouvelle Vague: un cinema che, come affermava il filosofo Gilles Deleuze, abbandona l’azione per esplorare il tempo, i momenti morti e i personaggi che vagano senza meta, riflettendo le stratificazioni dell’esperienza soggettiva.
Per approfondire la storia del movimento, si può visitare il sito della Cinémathèque Française.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia, tratta dal film ”À bout de souffle”.
Articolo aggiornato il: 09/09/2025