L’antropologia medica: quando la medicina diventa cultura

L’antropologia medica : quando la medicina diventa cultura

L’antropologia medica è una branca della più grande disciplina nota come Antropologia.

Il termine “Antropologia” deriva dal greco ἄνθρωπος (ànthropos), che significa uomo, e λόγος (lògos), ovvero discorso. Letteralmente si tratta, dunque, dello studio dell’uomo.
L’antropologia è una delle dottrine che si occupa di studiare l’uomo, in particolare dal punto di vista biologico e culturale.
Inizialmente veniva studiata come unica disciplina, solo a partire dagli anni ’20 del Novecento si è parlato di differenziare l’ambito biologico da quello culturale.
All’interno dell’antropologia culturale sono sorte, a loro volta, una serie di branche di studi differenti, tra cui: l’antropologia medica. Oggi questi settori specifici di studi antropologici si affiancano ai settori scientifici per rendere più efficaci gli studi sull’uomo e i suoi comportamenti.

L’antropologia medica: cosa studia

Come settore di studio, l’antropologia medica nasce negli anni ’60 del Novecento, nel contesto della scuola antropologica statunitense.
L’ambito medico viene studiato da un punto di vista culturale.
La disciplina si occupa, ad esempio: di come viene vissuto il rapporto medico-paziente nelle diverse culture, del concetto stesso di malattia e dei processi di guarigione nelle diverse culture, anche il corpo diventa oggetto di interesse, in particolare come il corpo venga concepito nelle varie società.
Il senso comune porta a considerare l’individuo come unione di tre componenti: il corpo (considerato entità materiale), la mente (considerata immateriale) ed infine i rapporti interpersonali, frutto delle dinamiche sociali.
L’antropologia medica ha come obiettivo quello di mostrare la connessione presente tra queste tre entità.
Secondo questi studi l’esperienza della malattia, della guarigione e del concetto di corpo sono, in realtà, intrisi di esperienza culturale.
La malattia viene scissa in tre componenti:
-l’esperienza del dolore vissuta dal paziente
-i tentativi del paziente di comunicare i dolori
-l’aspetto biologico del corpo, su quest’ultimo punto la medicina moderna centra la sua attenzione
Tuttavia, il secondo punto mostra la natura culturale intrinseca della malattia: i sintomi non sono qualcosa di oggettivo, sono i pazienti attraverso il proprio linguaggio culturale a descriverli, lasciando ai medici il compito di decodificare questo stesso linguaggio culturale.
Questa è dunque la prima prova che decreta quanta cultura ci sia anche in un ambito scientifico come quello medico.
La seconda prova a favore di questa tesi è data dal fatto che concetti come corpo, salute, malattia, guarigione… cambiano il loro significato a seconda del contesto culturale in cui sono inseriti.
Nelle culture primitive le diagnosi e i processi di guarigione dipendevano dall’affidamento a erbe, pratiche esoteriche e rituali magici e religiosi, ed ancora oggi in alcune culture ciò è valido.
Tuttavia, seguendo i concetti di un tipo di medicina positivista, affermatasi a partire dall’800, che poneva una differenza tra credenze (illusorie) e conoscenze (veritiere perché scientifiche) si è preso a considerare queste realtà come non efficaci, semplicemente perché lontane dai precetti della biomedicina.
Va comunque sottolineato che l’antropologia medica non vuole opporsi alla biomedicina, piuttosto vuole affiancarsi a questa branca di studio mostrando che esistono delle realtà alternative; non si tratta, dunque, di assumerne una come vera e giudicare, a priori, le altre come illusorie, bensì studiarle e compararle per avere una visione completa di come, nelle diverse società, si affronti l’ambito medico.

La tripartizione della malattia

Un esempio utile al fine di mostrare validità degli studi dell’antropologia medica opposti alla biomedicina è la teoria della tripartizione del concetto di malattia, questa viene scissa in:
disease, malattia come cambiamento evidente della struttura o funzionalità del corpo, rappresenta l’aspetto biomedico
illness, vissuta come esperienza soggettiva di sofferenza da parte del paziente
sickness, concezione culturale della malattia, vista dal punto di vista sociale, cioè come la società si rapporta al paziente
Queste tre realtà non sempre sono presenti insieme e non sempre rimandano al concetto biomedico, giudicato ad oggi come unico veritiero.
Ad esempio, ci possono essere casi di illness senza disease: cioè la presenza di una sofferenza da parte del paziente che non trova una risposta biomedica, perché il corpo non presenta anomalie.
Solo uno studio a retaggio culturale può spiegare queste incongruenze.

La teoria del corpo

Altro punto di centrale interesse per l’antropologia medica è la concezione di corpo, il quale non è percepito in maniera univoca in tutte le culture.
La cultura occidentale è portata a considerare il corpo come il primo esempio di individuo ed individualità; tuttavia, questo concetto non è universalmente valido, vi sono delle culture, in particolar modo quelle orientali, in cui non si parla di individuo, bensì di “dividuo”. Il corpo, in queste culture, non è del singolo ma della comunità, si parla di un “noi” e non di un “io”. Questa riflessione antropologica ha portato alla nascita, anche nel panorama occidentale, di una nuova classificazione del corpo.
Il primo a proporre una teoria del corpo è stato l’antropologo M. Mauss nella sua opera Le tecniche del corpo.
Egli analizza gli usi che il corpo apprende nelle diverse culture, secondo l’antropologo all’interno del corpo vengono incorporate, in maniera spontanea, gli aspetti culturali, per cui il corpo diventa esempio dei rapporti sociali e dei rapporti di potere presenti in una determinata cultura.
Anche l’antropologa M. Douglas si occupa del corpo, proponendo la teoria dell’esistenza di due corpi: il corpo fisico e il corpo sociale, queste due dimensioni sono in tensione tra loro: il corpo fisico manifesta o meno le sue esigenze a seconda del volere del corpo sociale.
Queste teorie hanno il merito di aver slegato l’idea di corpo dalla visione puramente materiale data dall’ambito biomedico, ed hanno contribuito a rendere evidente i suoi aspetti culturali.

Il pluralismo medico

In conclusione, ciò a cui gli studi dell’antropologia medica aspirano è l’affermarsi del concetto di pluralismo medico.
Questo fa riferimento alla compresenza di aspetti biomedici ed aspetti culturali, che fanno riferimento ai sistemi di medicina tradizionali, nei sistemi di diagnosi e cura delle malattie.

 

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Alessia Nastri

Studentessa di venti anni iscritta all'università l'Orientale di Napoli. Appassionata dell'arte in ogni sua forma, amo particolarmente leggere e studiare le letterature. La mia personalità si costruisce su pochi aspetti: i libri, la scrittura, Taylor Swift e la mia frangetta.

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