Medicina nel mondo antico: storia, sviluppi e pregiudizi

Medicina nel mondo antico: storia, sviluppi e pregiudizi

È convenzione che ogni indagine sulle origini del pensiero medico occidentale abbia come punto di partenza il grado di evoluzione raggiunto dalla medicina nella civiltà greca arcaica.

In realtà, le nozioni di malattia e medicina, prima di raggiungere la connotazione di “scienza” che caratterizzano l’opera di Ippocrate e i primi testi conservatici della letteratura medica occidentale risalenti al V secolo a.C., avevano già raggiunto un livello notevole in Oriente: infatti, i primi medici di cui abbiamo notizia provengono dalla Mesopotamia, come documentano i sigilli di medici professionisti risalenti al III millennio a.C.; ancora, nel codice di Hammurabi – dell’inizio del II millennio a.C. – sono contenute disposizioni precise su come un medico dovesse essere ricompensato o punito a seconda degli esiti delle sue prestazioni professionali.

Fu però nell’antico Egitto che i medici, eredi della figura complessa del divino Imhotep/Asclepio, venerato per secoli come dio della medicina, praticarono un’arte evoluta, di cui resta ampia traccia nei sofisticati metodi d’imbalsamazione dei cadaveri. Significativa e copiosa è la letteratura medica tramandata dai papiri egiziani: il famoso Papiro Ebers, risalente al 1500 a.C., è il più antico testo medico che si conosca e contiene circa novecento ricette dedicate alla cura delle malattie più varie, combattute con il ricorso ad un’accorta farmacopea, ma anche con l’aiuto di formule magiche e di scongiuri.

La pratica della medicina in Grecia e a Roma

Le pratiche della medicina primitiva in Grecia non furono molto diverse da quelle in uso nel mondo orientale, dove gli uomini si affidavano ai rituali e alle piante prodigiose, per fronteggiare pestilenze e malattie inviate dalle divinità. È nell’azione di Ippocrate – il vero fondatore della medicina, in quanto aveva saputo separarla dalla filosofia e si era distinto per competenza medica e talento letterario – che è ricondotta la maturazione del pensiero medico nel V secolo a.C.

La medicina razionale greca conobbe il suo pieno sviluppo ad Alessandria d’Egitto, la città fondata da Alessandro Magno sulla costa del Mediterraneo nel 331 a.C.: l’ambiente cosmopolita della nuova capitale della dinastia lagide, insediatasi dopo la dissoluzione dell’Impero macedone, offrì ai medici greci emigrati le condizioni ideali per condurre in piena libertà le loro ricerche anatomiche, che favorirono i progressi della scienza medica. Tuttavia, si era ben lontani dal concetto moderno di eziologia e di terapia causale, giacché Ippocrate si limitò a proporre l’uso di blandi medicamenti associandoli alle pratiche del clistere e del salasso; per spiegare questa sua profonda avversione per la chirurgia, è opportuno ricordare che, a quell’epoca, era sconosciuta ogni pratica anestesiologica e antisettica, con conseguenze fatali per i pazienti.

La medicina a Roma, invece, si affermò relativamente tardi e, come in altri campi fondamentali della vita culturale e sociale, si sviluppò nel III secolo a.C.  grazie agli stimoli provenienti dal mondo greco. Tuttavia, essa si giovava di un sapere medico prescientifico e preletterario – con caratteristiche diverse a seconda dei vari popoli italici, per i quali la magia giocava un ruolo non secondario – che ha influito notevolmente nel successivo processo di valutazione critica, di razionalizzazione e di formazione di una scienza medica, dal peculiare vocabolario tecnico.

Nel mondo antico, infatti, la malattia era vissuta come punizione divina impartita agli uomini: pertanto in ogni civiltà era praticata una forma di medicina popolare, basata sull’autocura mediante il ricorso ad erbe medicamentose. Ma non va trascurata la pratica chirurgica dell’epoca, che annoverava svariati interventi – di cataratta, tonsillectomia, craniotomia, incisione degli ascessi, cura delle fratture, splenectomia e manovre ostetriche – i quali dimostrano una buona conoscenza dell’anatomia e anche degli oppiacei.

La cattiva reputazione del medico nel mondo antico

Appartiene alla più antica tradizione greca l’immagine del medico avido di denaro e imbroglione; a Roma, in particolare, la figura del medico avvelenatore conosce una sua fortuna nell’oratoria giudiziaria. Tale polemica dei letterati contro la mancanza di scrupoli dei medici e i loro facili arricchimenti ottenuti grazie a terapie stravaganti, non era, in realtà, priva di fondamento: i medici, per lo più schiavi o liberti, in gran parte di provenienza greca e orientale, erano sottoposti a varie forme di coercizione dai padroni, che ne traevano profitto inviandoli a curare i malati, dopo aver dato loro una sommaria istruzione di medicina. Essendo, poi, remunerativo l’esercizio della professione, molti individui del tutto inesperti, come ciabattini e tessitori, diventavano da un giorno all’altro medici.

La situazione della medicina romana iniziò a mutare tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., quando si iniziò a sentire l’esigenza di vincoli etici sui fini di lucro. Tuttavia, ancora in età imperiale i medici figurano in contesti molto dubbi, accostati a maghi, sacerdoti ed astrologi, con i quali condividono le doti di scaltrezza mentale. Insomma, perdurano fino al Medioevo i lati oscuri di un mestiere che pare non conoscere regole certe e che stenta a emanciparsi dai sospetti d’improvvisazione e superficialità.

[L’immagine di copertina è tratta da MARCONE A., ANDORLINI I., Medicina, medico e società nel mondo antico, 2004, Le Monnier Università] 

A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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