La connessione tra Napoli e la Spagna in 5 parole

La connessione tra Napoli e la Spagna in 5 parole

Oltre due secoli di storia accomunano l’identità napoletana e quella spagnola, con architettura, costumi e lingua a rappresentare i maggiori punti di contatto tra i due popoli. Dell’esperienza del Viceregno (a partire dal 1503), l’idioma partenopeo conserva tutt’oggi prestiti lessicali di adstrato, ovvero il fenomeno di contatto tra una lingua e un’altra in cui la prima influenza la seconda senza farla scomparire.

Di seguito, cinque parole spagnole e napoletane che ricordano la connessione storica e culturale tra il Paese iberico e la città partenopea. 

  • Muntone – Montón

‘O muntone, oltre a essere il titolo di una poesia di Salvatore Di Giacomo, è un termine assai diffuso nella lingua napoletana che sta a indicare sia il mucchio di un qualunque ammasso sia un gioco diffuso all’interno degli orfanotrofi. Al grido di: «‘O muntone!» di uno dei ragazzi, «si buttavano uno addosso all’altro fino a costituire un solo mucchio, scaldandosi reciprocamente», come racconta Erri De Luca. Il termine deriva dallo spagnolo montón e, più precisamente, dal catalano muntó, che sta a significare proprio la “grande quantità di una cosa”

  • Taùto/tavuto – Ataùd 

Il termine napoletano taùto (o tavùto) indica la bara in cui viene riposto il defunto e deriva, secondo le teorie più accreditate, dallo spagnolo ataùd. Ad ogni modo, quest’ultimo discende, a sua volta, dall’arabo tabut, che significa arca. 

  • Jarra – Giarra 

«Se so’ rotte ‘e giarretelle» è un’espressione popolare usata per riferirsi alla rottura di un’amicizia o comunque di un legame intimo e affettivo. Le giarretelle sono delle piccole brocche, usate un tempo nelle case napoletane per la conservazione di vino e altre bevande, spesso offerte ad amici e familiari proprio nel tipico recipiente, dal momento che lo stretto legame affettivo trascendeva la necessità di presentare il servizio buono (ammesso che lo si possedesse). Con il tempo, nelle espressioni popolari, la giarretella è diventata dunque simbolo di amicizia e legame profondo. Il termine napoletano giarra deriva dallo spagnolo jarra (o dal francese jarre), a sua volta proveniente dall’arabo ǧárra

  • Palomma – Paloma 

Era il 1926 quando Armando Gill (pseudonimo di Michele Testa) cantava: «Palomma che pena a ‘stu core / penzanno a ll’ammore passato. / Mo ch’he truvato ‘o sciore avvelenato, / nun può ‘cchiù vulà». Il termine, usato per indicare la colomba o la farfalla, come nel caso della canzone classica napoletana, deriva dallo spagnolo paloma (appunto colomba). 

  • Nenna/Ninno – Niña/Niño 

Il termine spagnolo niño sta a indicare un fanciullo, un ragazzino. Nella lingua partenopea è stato arricchito con il tipico suffisso campano (-ello, -ella). Si ha, dunque, oltre alla nenna e al ninno, la nennella e il ninnillo, usati nelle più disparate espressioni popolari. 

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A proposito di Salvatore Toscano

Salvatore Toscano nasce ad Aversa nel 2001. Diplomatosi al Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “S. Cantone” intraprende gli studi presso la facoltà di scienze politiche, coltivando sempre la sua passione per la scrittura. All’amore per quest’ultima affianca quello per l’arte e la storia.

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