In un piccolo comune di poco meno di 5000 abitanti, ha luogo, nel mese di dicembre, il rito del fuoco più grande al mondo. Stiamo parlando di Agnone, un borgo medioevale che sorge sulle montagne dell’Alto Molise. Oltre ad essere famoso per la produzione millenaria di campane, Il borgo molisano fa da sfondo alla ‘Ndocciata di Agnone, un evento tanto antico quanto spettacolare, riconosciuto Patrimonio d’Italia per la tradizione nel 2011.
Il rito: origine e significato
Le origini della ‘Ndocciata di Agnone risalgono agli antichi Sanniti che utilizzavano delle grandi fiaccole in un rituale legato al passaggio delle stagioni. Il legame con il paganesimo è evidente: la ‘Ndocciata di Agnone viene infatti celebrata da tempi immemori durante la Vigilia di Natale, periodo dell’anno che combacia perfettamente con la tradizione romana del Sol Invictus. Con l’avvento del Cristianesimo, il fuoco iniziò a rappresentare un modo per sacralizzare e purificare il territorio e rinvia senza dubbio anche alla pastorizia. Infatti, i pastori, durante la transumanza, utilizzavano il fuoco come mezzo per proteggere i propri greggi.
La tradizione
Le ‘ndocce hanno una forma a ventaglio e sono realizzate in abete bianco, spesso reperito nei boschi del posto. Le torce possono essere singole o multiple ma sempre in numero pari. Si parte da una sola fiaccola per arrivare anche fino a venti fuochi. Vengono portate in spalla dagli uomini del paese, che si sfidano per aggiudicarsi il trofeo artistico dello ‘Ndocciatore. Cinque sono i gruppi che animano la ‘Ndocciata di Agnone, e ognuno di essi rappresenta una contrada del paese: Capammonde e Caballe e Contrada Sant’Onofrio sono rispettivamente il più numeroso e il più antico tra i gruppi. Solitamente gli ‘ndocciatori indossano un panno sulle spalle, chiamato cappa, e un cappello a tronco di cono dai colori neutri: nero, verde o marrone. Sulle scarpe portano le ghette che coprono la gambe e il collo del piede, e sono spesso realizzate in pelle di agnello o, le più moderne, in tela di lino. Prima dell’arrivo delle fiaccole, vi è una lunga sfilata a cui partecipano soprattutto le donne e i bambini, con lo scopo di rappresentare scene di vita contadina. Anche le figuranti si vestono con abiti tipici: il fazzoletto bianco sulla testa, gonne lunghe e pesanti per affrontare agevolmente le basse temperature e calze di lana. Portano con loro tinozze di rame , agnellini e prodotti caseari tipici del posto. Dopo questa lunga rappresentazione, iniziano a sfilare le ‘ndocce che, man mano che aumentano (si parte da una singola ‘ndoccia per arrivare anche a venti fuochi) infiammano l’intero corso cittadino, creando un vero e proprio fiume di fuoco.
L’8 dicembre 1996
In occasione del cinquantesimo anniversario di sacerdozio di Papa Giovanni Paolo II, l’8 dicembre 1996 Piazza San Pietro fece da sfondo alla ‘Ndocciata di Agnone. L’evento, diffuso via satellite in tutta Europa, fu un vero e proprio successo: 1200 ‘ndocce sfilarono lungo tutto il perimetro della Piazza, fino ad arrivare sotto la finestra del Pontefice, dove le fiaccole vennero adagiate per dare vita al cosiddetto Falò della fratellanza. Il Papa, al termine dello spettacolo, espresse parole di gratitudine nei confronti degli ‘ndocciatori e dei figuranti. La sfilata delle ‘ndocce a Roma aprì nuovi orizzonti per la tradizione agnonese: dopo il 1996, si decise di istituire una seconda ‘Ndocciata di Agnone proprio il giorno dell’Immacolata (oltre alla tradizionale ‘Ndocciata della Vigilia di Natale). Attualmente viene svolta il secondo sabato di dicembre.
La ‘Ndocciata di Agnone è un evento unico, apprezzato in tutta Italia anche da personalità artistiche di spicco come Vittorio Sgarbi che, in un post su Instagram, ha dichiarato: «Il fascino della ‘Ndocciata di Agnone […], tradizione che merita il riconoscimento dell’UNESCO». Uno spettacolo atavico e scenografico, che non può essere raccontato né descritto ma solo ed esclusivamente vissuto.
Fonte immagine: Gabriella Ricci