La rivoluzione culturale cinese: tra terrore e progresso

La rivoluzione culturale in Cina: tra terrore e progresso

Quando si pensa alla Cina una delle prime figure che viene in mente è quella di Mao Zedong, il leader politico che nel 1949 ha dato vita alla Repubblica popolare cinese. La figura di Mao è una delle più controverse del panorama della storia mondiale, in Occidente viene ricordato soprattutto per i suoi metodi di governo dittatoriali. La figura di Mao, tra le numerose riforme politiche che mette in atto durante gli anni della RPC, è nota soprattutto per la nascita della Rivoluzione culturale cinese.

Ma che cos’era la rivoluzione culturale cinese?

Con Rivoluzione culturale cinese o Grande rivoluzione proletaria si intende il periodo storico che affronta la Cina a partire dal 1966 fino al 1976. Parliamo di dieci anni di vera e propria guerra civile, questa campagna politica nasce in realtà con lo scopo di ripulire completamente la Cina dall’opposizione dei riformisti come Liu Shaoqi che minavano il governo socialista voluto da Mao. Durante gli anni della Rivoluzione culturale cinese tutto ciò che era considerato come vecchio doveva essere completamente cancellato, ciò per eliminare le parti del partito più moderate e ottenere il pieno controllo su di esso. Ma per riuscire nel suo intento il Grande timoniere non poteva agire da solo, non aveva la maggioranza al governo e quindi si riferì al popolo, in particolare ai giovani.

L’esercito Maoista delle guardie rosse

Mao fomentò a suon di slogan e manifesti i giovani studenti cinesi, invitandoli a insorgere contro il vecchio mondo. Mossi da una fanatica venerazione per il leader e dagli slogan rivoluzionari di quest’ultimo, i giovani studenti divennero l’esercito principale della Rivoluzione culturale cinese ricordato come guardie rosse. La milizia studentesca cominciò a insorgere verso chiunque poteva considerarsi un pericolo per Mao e per i suoi obiettivi politici. Nessuno più era al sicuro. Personaggi politici, insegnanti e persino familiari erano continuamente sottoposti alla pressione dei giovani studenti pronti ad accusare chiunque di cospirazione contro il loro leader. Le numerosissime presunte minacce al partito vennero spedite in campi di “rieducazione”, altri ancora torturati, uccisi o umiliati pubblicamente seguendo il concetto cinese del “perdere la faccia”.

La fine della Rivoluzione culturale cinese

Purtroppo si sa, quando la rivoluzione comincia diventa inarrestabile. Così Mao si rese conto di aver perso il controllo: le guardie rosse si scagliavano con grande ferocia su chiunque, andando a gettare le basi per lo scoppio di una vera e propria guerra civile della quale Mao non aveva più controllo. Il leader della Repubblica popolare cinese si rese conto di dover calmare le folle e così come le aveva fomentate un decennio prima, adesso cercava di placare gli animi violenti. I metodi di Mao furono altrettanto violenti: i giovani vennero inviati in campagne per essere rieducati, dove svolgevano lavori forzati. La Rivoluzione culturale cinese si concluse definitivamente con la morte di Mao nel 1976, celebrata con un maestoso funerale al quale partecipò l’intero popolo cinese. Dopo la morte del leader gli ultimi rivoluzionari furono arrestati e si pose definitivamente fine alla Grande Rivoluzione culturale proletaria.

Fonte immagine di copertina: Pixabay, di PublicDomainPictures

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A proposito di Serena Uvale

Studentessa presso l'università degli studi di Napoli "L'Orientale", amante della culturale e della lingua cinese.

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