Le innovazioni tecnologiche e produttive del neolitico ebbero importanti conseguenze anche sulle caratteristiche degli insediamenti umani. Infatti lo sviluppo dell’agricoltura permise una crescita della popolazione e al tempo stesso la creazione di eccedenze ovvero di prodotti non immediatamente non destinati al consumo. Se dunque in precedenza tutte le persone erano impegnate per l’intero tempo disponibile a procurare il cibo nel neolitico la situazione cambiò. Infatti la possibilità di accumulare i prodotti permise che alcuni si dedicassero ad altre attività necessarie alla vita delle comunità come la costruzione di attrezzi, la fabbricazione di ceramiche e i commerci. Per effetto di questi cambiamenti alcuni villaggi si ampliarono fino a dar vita a nuovi tipi di insediamenti più complessi dal punto di vista architettonico, economico e sociale, ovvero le prime città. La nascita delle città verso la fine del 4 millennio a.C. è un fenomeno di tale importanza che gli storici hanno parlato a tale riguardo di una vera e propria “rivoluzione urbana.”
Le differenze tra la città e il villaggio neolitico non consistevano solo nelle dimensioni notevolmente maggiori o nella più complessa struttura urbanistica, ma anche nelle nuove funzioni esercitate dal centro urbano. Per comprendere questo punto possiamo fare riferimento alle città che sorsero intorno al 3000 a.C. in luoghi dove l’agricoltura ebbe un grande sviluppo grazie all’irrigazione resa possibile dalla presenza di grandi fiumi: la valle del Nilo in Egitto, il bacino del Tigri e dell’Eufrate nella cosiddetta Mesopotamia, corrispondente all’odierno Iraq, i bacini dell’Indo in India e del Fiume Giallo in Cina. In tali luoghi si praticava la cosiddetta agricoltura irrigua poiché utilizzava l’acqua del fiume per l’irrigazione. Tale agricoltura permetteva una produzione notevolmente superiore a quella ottenuta nelle zone geografiche nelle quali si utilizzava l’acqua fornita dalle piogge. Infatti in tali zone geografiche era sufficiente un anno di scarsa piovosità per compromettere l’intero raccolto.
Dobbiamo dire che le popolazioni delle aree dove si praticava l’agricoltura irrigua raggiunsero non solo un notevole benessere materiale ma anche un notevole livello di civiltà e di complessità sociale. Ciò si spiega con il fatto che il sistema agricolo fondato sulla irrigazione richiedeva che i lavori per la regolamentazione delle acque fossero coordinati su territori abbastanza vasti. Di conseguenza era necessario provvedere a forme di organizzazioni complesse ed estese sul territorio, nonché ramificate. Questo nuovo modello di vita ebbe il proprio centro nelle città. Uno dei primi esempi di centro proto urbano neolitico è l’insediamento di Catalhoyuk, unico situato sull’altopiano anatolico.
Ma quali erano le principali funzioni della città neolitica? In primo luogo, la città neolitica esercitava funzioni economiche, dal momento che in essa venivano coordinate i lavori di canalizzazione delle acque, si immagazzinavano le eccedenze, si concentravano le attività artigianali e si gestivano i commerci. Nelle città neolitiche nacquero anche le prime forme di specializzazione produttiva. Infatti, in esse comparvero gli artigiani, i commercianti, i funzionari dello stato e del culto. La crescita della produzione agricola creò delle eccedenze, permettendo di conseguenza che ci fossero persone che si dedicavano a compiti diversi dal lavoro nei campi. Proprio in questa fase della storia umana fece la sua comparsa un fenomeno molto conosciuto dagli uomini del nostro tempo. Stiamo parlando in pratica del fenomeno della divisione del lavoro. Tale fenomeno socio-economico trova la sua ragion d’essere quando compaiono le prime forme di specializzazione produttiva. Per dirla in modo conciso, la divisione del lavoro consiste nella attribuzione di compiti differenti ai diversi componenti della società. A volte tali compiti sono altamente specializzati. In definitiva, possiamo dire che la città neolitica era un organismo complesso molto diverso dal villaggio.
Tuttavia i villaggi e i territori circostanti conservarono un’importanza fondamentale dal momento che praticavano l’agricoltura che forniva il cibo anche agli uomini che vivevano nelle città. Per garantirsi le derrate alimentari necessarie alla propria esistenza, la città esercitava sul territorio circostante un vero e proprio dominio. Infatti, la città estendeva il proprio controllo su aree sempre più ampie e inoltre esigeva una sempre maggiore quantità di tributi dai contadini. Dobbiamo dire che il rapporto tra città e campagna è non solo un rapporto di tipo comportamentale, ma anche un rapporto notevolmente conflittuale. Il rapporto complementare ma anche conflittuale tra città e campagna rappresenta un’altra delle grandi tematiche dell’intera storia del genere umano. Tale rapporto, sia complementare che conflittuale, incominciò a profilarsi proprio a cominciare dal neolitico.
La nascita delle città determinò anche un altro fenomeno socio-economico di grande importanza, ovvero la fine della sostanziale uguaglianza sociale che aveva caratterizzato i gruppi di contadini del neolitico. Tali gruppi di contadini erano caratterizzati da un’organizzazione sociale egualitaria, quasi per nulla gerarchizzata. A causa di tale fenomeno sociale (fine della sostanziale organizzazione sociale egualitaria), le donne vennero a mano a mano allontanate dal lavoro agricolo e di conseguenza vennero assegnate quasi esclusivamente alle attività domestiche, venendo quindi escluse dalle decisioni e dal governo della comunità. In definitiva, il potere si concentrò nelle mani degli uomini che detenevano il controllo di tutte le attività produttive e commerciali. La terra, almeno inizialmente, restò di proprietà comune, ma alcune grandi famiglie cominciarono a possedere in proprio animali, depositi e prodotti agricoli, assumendo inoltre autorità e potere nella città.
Ma la cosa più importante è che in una società complessa come quella urbana, divenne necessario un centro di decisione politica, ovvero un potere che provvedesse all’organizzazione della vita collettiva, al mantenimento dell’ordine, all’amministrazione della giustizia, alla difesa, nonché alla raccolta dei tributi per finanziare le attività d’interesse generale: quello che oggi chiamiamo stato. Tuttavia non dobbiamo fare l’errore di considerare le organizzazioni politiche del neolitico degli stati moderni, con le istituzioni, gli organi amministrativi e i corpi di funzionari che conosciamo. Tuttavia, anche nelle città del neolitico si realizzarono prime forme di centralizzazione del potere che veniva esercitato da un unico centro e valeva per tutti gli individui della comunità. Al vertice poteva essere un sovrano che aveva sostituito il consiglio degli anziani tipico delle comunità di villaggio, oppure un sacerdote figura autorevole, poiché era depositaria del rapporto con la divinità. Nel primo caso, il luogo più rappresentativo del potere era il palazzo reale, nel secondo caso il tempio. Il palazzo ed il tempio erano centri e simboli di due diversi tipi di potere, uno politico, l’altro religioso.
Dobbiamo dire che strettamente legata all’organizzazione della città è l’invenzione della scrittura. Essa con tutta probabilità fece la sua comparsa in Mesopotamia, nella città di Uruk, verso la fine del 4 millennio a.C. In maniera estremamente sintetica, possiamo dire che la scrittura è un sistema di simboli, cioè di segni. Ma per quale motivo la scrittura nacque nella città del neolitico? Essa nacque come risposta all’esigenza pratica di controllare e registrare il flusso di beni in entrata e in uscita dallo stato. La scrittura fu un metodo di registrazione che si rivelò vincente perché permetteva grandi economie di spazio e di tempo. Ma aldilà della sua importanza pratica immediata, dobbiamo mettere in evidenza che grandissimo fu il significato culturale della scrittura. Dalle sue forme più primitive come il sigillo agli alfabeti simili a quello che noi utilizziamo oggi, la scrittura ha consentito l’accumulo delle conoscenze, la loro trasmissione, nonché la circolazione delle informazioni. In ultima analisi, la scrittura ha permesso la conservazione di una traccia delle cose accadute, rendendo disponibile una “memoria esterna” al cervello umano di straordinaria efficacia. La scrittura ha dunque segnato in modo indelebile l’intero corso della storia umana. Pertanto, non ci si deve meravigliare che gli antichi attribuissero ad essa un carattere sacro. Detto ciò, riteniamo concluso il nostro discorso sulla rivoluzione urbana nel neolitico.
Prof. Giovanni Pellegrino