Qual è la storia di Galvarino, coraggioso comandante Mapuche?
La storia di Galvarino è una storia di forza e determinazione e, proprio per questo, vale la pena scoprirla.
Egli fu un comandante guerriero della tribù Mapuche, Che – Mapu ovvero popolo della terra. I Mapuche sono un popolo coraggioso e orgoglioso originario del Cile centro-meridionale e del sud Argentina, un popolo fiero e difficile da sottomettere.
Questa tribù si scontrò con molti popoli valorosi: tra loro spiccano gli Inca e i Conquistadores spagnoli con i quali intrapresero un conflitto durato ben 250 anni (dal 1536 e che culminò nei primi anni dell’800) che ebbe inizio con La guerra di Arauco, così chiamata perché lo scontro è avvenuto nella regione dell’Araucania, parte dell’odierno Cile.
La battaglia di Lagunillas
I due schieramenti si scontrarono numerose volte. I latini, nonostante non avessero un’organizzazione statale, erano un popolo molto unito e riuscirono più volte a respingere l’invasore. La tribù usò a proprio vantaggio il fiume Bio Bio, che era considerato una frontiera naturale, e utilizzando ingegno e numerose tattiche di guerriglia riuscirono a respingere gli spagnoli.
Dall’inizio della guerra tra gli araucani e gli invasori spagnoli passarono anni con continui capovolgimenti da una parte e dall’altra. Nel 1557 con la Battaglia di Lagunillas iniziò la storia di Galvarino, guerriero del comandante mapuche Lautaro. In questa battaglia, lui ed altri 150 guerrieri furono catturati ed imprigionati dall’esercito spagnolo guidato dal governatore García Hurtado de Mendoza. Hurtado, per punirli della loro insurrezione, li fece mutilare; alcuni persero il braccio sinistro ed il naso mentre altri, tra cui Galvarino, entrambe le braccia.
Molti storici cileni, per alimentare il mito del guerriero Mapuche, riportano che sia stato lui, dopo aver perso il braccio sinistro, ad offrire ai suoi torturatori anche il destro e guardando l’ascia tagliargli l’arto lui non si scompose.
La battaglia di Millarapue
I 150 mapuche furono liberati ed ebbero la possibilità di ritornare nella loro tribù. Furono rilasciati dagli spagnoli come monito «se non vi sottomettere succederà di nuovo solo che stavolta non tornerete a casa». Ma la storia di Galvarino non finisce qui: egli tornò e, davanti al consiglio di guerra, fece vedere le mutilazioni ricevute ma non chiese al capo di arrendersi; anzi, chiese al capo mapuche Caupolican giustizia e vendetta. Nonostante non avesse più le braccia, voleva ancora combattere; così fece legare due spade al posto delle braccia. Vedendo tanta determinazione, Caupolican nominò Galvarino comandante di uno squadrone di guerrieri mapuche, che egli guidò il mese dopo, contro l’esercito spagnolo.
Gli eventi furono narrati da un cronista spagnolo, Jeronimo de Vivar, nel suo Cronica: «Giunse comandando come un sergente ed animando i suoi uomini in questo modo: “Ea, miei fratelli, vedo che state combattendo molto bene, non vorrete essere senza mani come me, e non essere in grado di lavorare né di mangiare, se non vincete!”. E sollevò le proprie braccia, mostrandole per convincerli a combattere con maggiore spirito e dicendo loro: “Quelli che state per combattere le tagliarono, e lo faranno con chiunque cattureranno, e nessuno potrà fuggire ma dovrà morire, perché morite difendendo la vostra madre patria”. Si spostò davanti allo squadrone, e disse con voce potente che sarebbe morto per primo e che, anche senza le mani, avrebbe fatto il necessario con i denti».
La battaglia durò circa un’ora e vide vincitori gli spagnoli. Alla fine della battaglia furono uccisi 3000 mapuche e 8000 furono imprigionati, ma la storia di Galvarino continua: egli, infatti, fu proprio uno di questi prigionieri.
La storia di Galvarino: una morte da eroe
Il governatore García Hurtado de Mendoza ordinò di giustiziare Galvarino gettandolo in mezzo ai cani. Alonso de Ercilla, poeta spagnolo, toccato dalle gesta del guerriero Mapuche, cercò di intercedere per lui con il governatore Hurtado per salvargli la vita. Galvarino rifiutò tale offerta: «preferisco morire piuttosto che avere salva la vita da voi, merito la morte per non avervi fatto a pezzi con i miei denti».
Secondo Alonso de Ercilla, Galvarino non trovò la morte venendo gettato in pasto ai cani ma per impiccagione.
Questo conclude la storia di Galvarino. Con la sua morte diventò un esempio di forza ed eroismo per il suo popolo che molto probabilmente sarebbe stato annientato dai conquistatori spagnoli.
Il popolo Mapuche vive ancora in Cile e in Argentina, anche se in numero inferiore, e mantiene le sue radici e tradizioni.
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