Motti dannunziani: i 7 più famosi

motti dannunziani

I motti dannunziani sono espressioni coniate dal celebre poeta, militare, politico e giornalista italiano Gabriele D’Annunzio, una figura molto popolare che ha vissuto tra il XIX ed il XX secolo, un patriottico e nazionalista le cui gesta sono ben note, anche data la grande risonanza che esse hanno avuto nell’Italia a lui contemporanea, a tal punto da influenzare gli usi e i costumi del periodo, che fu definito, appunto, dannunzianesimo.

Le modifiche alla lingua apportate da D’Annunzio furono innumerevoli: fu lui a stabilire, in una lettera a Gianni Agnelli, il famoso proprietario della FIAT, che la parola automobile era al femminile, non al maschile; chiamò il sandwich, tramezzino; vigile del fuoco; velivolo; folla oceanica; l’espressione milite ignoto e, verso la fine della Grande Guerra, decise che il famoso fiume Piave, all’epoca chiamato al femminile, dovesse essere maschile, data la potenza maschia del fiume che resistette al nemico. Tra i motti dannunziani, invece, ne ricordiamo 7.

I motti dannunziani da conoscere

Il più famoso tra i motti dannunziani è il Memento Audere Semper, abbreviato in MAS, che ha il significato di ricordati di osare sempre. La locuzione latina coniata dal poeta nacque, probabilmente, dall’acronimo dei famosi motoscafi armati siluranti, MAS, appunto, che lo stesso poeta aveva utilizzato durante la Prima guerra mondiale. Uno dei gruppi MAS più importanti del Regio Esercito, fu la famosa Decima Mas o Xª Flottiglia MAS, che, negli ultimi tempi, è particolarmente stata oggetto di discussione.

Eia! Eia! Eia! Alalà fu una sorta di grido d’esultanza dei combattenti italiani, che nacque nel corso della Prima guerra mondiale, al posto del barbarico Hip Hip Hurrà. Ripreso e strumentalizzato dal regime fascista di Mussolini, fu uno dei motti dannunziani più famosi e continuò ad essere utilizzato anche durante il ventennio, la Guerra d’Etiopia e la Seconda guerra mondiale, come incitamento prima di una battaglia o di uno scontro a fuoco. L’esclamazione fu anche inserita nella Canzone del Quarnaro, composta da Gabriele D’Annunzio, in maniera da ricordare la famosa Beffa di Buccari della Grande Guerra.

Bis Pereo è un motto che letteralmente ha il significato di Muoio due volte e nacque da un evento ben specifico: il poeta si era miracolosamente salvato da un bombardamento degli austriaci, anche se lo scoppio aveva distrutto un prezioso vaso che egli aveva sul comodino.  Il 21 agosto del 1918, egli raccolse i cocci del vaso, li avvolse in un drappello tricolore insieme al messaggio Bis Pereo e li sganciò sull’arsenale di Pola, una cittadina croata, insieme ad una buona quantità di bombe. Col motto, egli espresse la sua contrarietà alla distruzione delle opere d’arte.

Un’espressione ancora oggi molto utilizzata è Cosa fatta capo ha, che indica «una cosa fatta non può essere disfatta». Il motto è attribuito ad una figura del XIII secolo, un condottiero e politico italiano chiamato Mosca dei Lamberti che fu citato da Dante Alighieri, nel suo XXVIII canto dell’Inferno: «Ricordera’ti anche del Mosca, che disse, lasso!, “Capo ha cosa fatta”, che fu mal seme per la gente tosca»”. Questo motto fu ripreso da D’Annunzio per festeggiare l’impresa fiumana.

Hic manebimus optime, “Qui staremo benissimo”, fa riferimento, anche in questo caso, alla Presa di Fiume avvanuta nel settembre del 1919. Questo motto, era già stato utilizzato in precedenza da Tito Livio, a proposito del Sacco di Roma e della difesa del territorio dai Celtici; da Quintino Sella, per la Breccia di Porta Pia, del 1870; e, successivamente, anche da D’Annunzio, per la Presa e l’occupazione di Fiume, tra il 1919-1920. Ovviamente, D’Annunzio alludeva al fatto che, in quel territorio, la sua Reggenza del Carnaro si sarebbe stanziata per molto tempo e che sarebbero stati benissimo.

Uno tra i motti dannunziani ancora oggi più rappresentativi, soprattutto negli ambienti neofascisti, è A noi!, celebre espressione utilizzata dagli Arditi della Prima guerra mondiale e, ancora una volta, resa celebre dall’avventura di Fiume. Il motto degli arditi recitava: «A chi sarà sempre riservata la gloria e la gioia di osare l’impossibile? “A NOI!”». Nel febbraio del 1918, il maggiore dell’esercito Freguglia stava cercando di sostituire il barbaro Hip Hip Hurrà, con un’espressione più italianizzata: venne proposto il grido A noi!, che iniziò ad essere utilizzato già dall’indomani. Il motto fu una delle espressioni più famose ed utilizzate dai fascisti.

Un motto dannunziano, definito spregiudicato e schietto, è Me ne frego!, che apparve per la prima volta sui volantini dagli aviatori che essi lanciarono nell’Impresa di Fiume, ed era presente, in alcune versioni, anche come «Me ne strafotto». Fu, anche in questo caso, coniato dal Maggiore Freguglia durante la cosiddetta Battaglia del Solstizio, o Seconda battaglia del Piave: uno scontro armato tra gli italiani e gli austro-ungarici, definito dal Maggiore stesso «una missione suicida», ma che, per il bene della patria, doveva essere portata a termine. Zaninelli, un altro generale, si rivolse a Freguglia in questo modo: “Signor comandante io me ne frego, si fa ciò che si ha da fare per il re e per la patria“. D’Annunzio lo riprese e ne fece un vero e proprio slogan. Questo motto dannunziano fu, tra le altre cose, il titolo di una canzone fascista che protestava contro le sanzioni regalate all’Italia.

Fonte immagine: Wikipedia Commons

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