Nike di Samotracia | Analisi dell’opera di Pitocrito

Nike di Samotracia | Analisi dell'opera di Pitocrito

La Nike di Samotracia è una scultura ellenistica, diventata un’icona culturale dei giorni nostri, che è possibile ammirare nella sua mastodontica bellezza al Museo del Louvre a Parigi. La scultura in marmo e pario, alta 245 cm, raffigura un personaggio femminile, privo di testa e di braccia, bensì dotata di ali, ben spiegate dietro la schiena e il corpo è avvolto da un panneggio che aderisce perfettamente alle sensuali forme della donna.

Secondo la mitologia greca, Nike è una dea, figlia del titano Pallante e della ninfa Stige. I Greci veneravano la dea come simbolo di vittoria nella guerra e nello sport, infatti la traduzione italiana del nome è Vittoria, da qui il nome con cui è altresì conosciuta la scultura, “Vittoria Alata”. La statua è raffigurata come protesa in avanti e le ali spiegate fanno pensare al vento che soffia in favore della prua di una nave. La scultura è stata scolpita da Pitocrito a Rhodi, in occasione della vittoria della lega delio-attica durante la battaglia contro il re Antioco III. Alcune testimonianze riportano la volontà di recidere le ali per far sì che la Vittoria non lasciasse Atene.

La particolare sagoma della Nike di Samotracia ha assunto un valore iconico ed è stata valorizzata dall’imponente scalinata progettata da Hector Lefuel nel Museo del Louvre, al fine di raccordare la Galerie d’Apollon con il Salon Carré. Tale capolavoro è stato portato al Louvre nell’800, dopo aver sostato nella Santuario dei Grandi Dei di Samotracia. Forse non è un caso, e neppure un difetto, che la scultura sia monca della testa, perché ammirandola da vicino si percepisce l’essenza di questa figura non identificabile, che celebra la Vittoria, non di qualcosa o di qualcuno, ma nel senso più viscerale, secondo il quale, la Vittoria è tale quando da essa non scaturisce il male, ma un senso di riscatto e dinamismo. 

La Nike e il futurismo

La Nike è stata grande ispirazione anche per altri artisti nel corso dei secoli, come ad esempio la “Double Victoire de Samothrace” di Salvador Dalì, il quale raffigura una doppia Vittoria Alata, che come fosse davanti uno specchio, si riflette in se stessa; oppure l’opera futurista di Umberto Boccioni, conosciuta come “Forme uniche della continuità nello spazio“, una figura antropomorfa che simboleggia l’uomo moderno che si spinge verso il futuro.

Pertanto, occorre ammirare una simile opera d’arte, unica nel suo genere, capolavoro di tecnica e bellezza, con una vena filosofica, al fine di poter respirare il mito greco e la brezza marina, come fossimo anche noi sulla prua della nave da guerra, su cui si poggia la Dea.

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