Notre Dame De Paris: quanto è attuale?

Notre Dame De Paris: quanto è attuale?

L’opera popolare Notre Dame de Paris, attualmente in scena in numerose nazioni e tradotta in nove lingue, ha raggiunto, negli anni, numeri da record

L’opera popolare è tratta dall’omonimo romanzo di Victor Hugo del 1831 e portata a teatro per la prima volta in Francia nel 1998 grazie a Riccardo Cocciante, autore delle musiche, Luc Plamondon, autore del libretto originale e i produttori David Zard e Charles Talar. L’opera popolare va in scena in Italia per la prima volta nel 2002 con un cast attoriale completamente italiano e un libretto curato da Pasquale Panella. Il successo internazionale lo si deve, tra le tante, ad un nuovo linguaggio teatrale e musicale: c’è un netto distacco dal mondo del musical di Broadway, dal Cabaret o dal teatro in versi. L’opera popolare Notre Dame de Paris è accompagnata da un sottofondo di basi post-prodotte che sono il frutto di una commistione innovativa di strumenti musicali molto diversi tra loro, non esistono intermezzi recitati, inoltre, oltre al cast di attori cantanti è presente un corpo di ballo e un gruppo di acrobati che portano in scena uno stile contemporaneo, che fa da sfondo agli avvenimenti che si susseguono.

Il romanzo di Victor Hugo Notre Dame de Paris sembrerebbe avere una caratteristica insita di atemporalità, caratteristica avvalorata dalla sua trasposizione in opera popolare.

In una intervista rilasciata nel 2022, durante la conferenza stampa di avvio del tour in occasione del ventesimo anniversario, Riccardo Cocciante conferisce alla trama particolare forza divulgativa facendo riferimento al problema dell’ ‘escluso’ e della diversità. La storia di fondo, infatti, oltre alle trame d’amore e passione che si sviluppano, evidenzia un pressante riferimento all’ingresso di clandestini andalusi alle porte di una Parigi di fine quattrocento che richiedono riconoscimento sociale. Le scelte registiche e l’utilizzo strategico di alcuni elementi stereotipanti sono patenti: costumi stracciati e scoloriti e capigliature con dreadlock per identificare gli stranieri clandestini. In particolare, la scelta dei capelli rasta per il personaggio di Clopin rimanda ad una essenza nera. «Come fare un mondo dove non c’è più l’escluso?» (Cocciante, “Condannati”, 2002); «Dei pranzi del mondo siamo noi gli avanzi.» (Cocciante, “La Corte dei miracoli”, 2002); «Noi siamo chi non ha l’immunità, nel mondo noi siamo la nullità.» (Cocciante, “I Clandestini”, 2002). La battaglia dei clandestini in Notre Dame de Paris ci interroga sul nostro presente e sulla posizione nella storia. Se il successo del romanzo è stato forte con Victor Hugo, che lo ambientava secoli prima e lo è ancora oggi, è fondamentale diventi spunto di riflessione.

In che misura si può ritenere attuale? Certo è che il discorso sull’esclusione dello straniero andrebbe adattato al contesto storico e temporale di riferimento.

Se la tematica è parsa attuale sia venti anni fa che oggi, infatti, non è perché riscontriamo le stesse contingenze del XIX secolo (contesto di Victor Hugo) o del basso medioevo. La trama del romanzo, ambientato nel 1482, si riferisce a un gruppo di fuggitivi provenienti dai territori della penisola iberica sotto il dominio musulmano, a motivo delle pressioni crescenti con i regni cristiani. L’opera popolare entra in scena per la prima volta in Italia nel 2002, quando protagoniste dei giornali e telegiornali erano le immagini dei profughi fuggitivi dalla ex-Jugoslavia, le pressioni sul sistema economico e la precarietà delle istituzioni nel far fronte alle politiche migratorie. In occasione del tour che ha avuto luogo appena l’anno scorso, il riferimento contestuale è stato il flusso di rifugiati provenienti dall’Ucraina C’è sempre una determinazione storica da far emergere: il discorso sull’immigrazione è stato, nei secoli, troppo eterogeneo per diventare semplicemente ciclico e immutabile.
Se andassimo a teatro a vedere Notre Dame de Paris e trovassimo una familiarità con il nostro presente, bisognerebbe considerare l’insistenza del passato non come una rassegnazione storica, quanto in vista di una rottura dell’omogeneità diacronica. L’appello è ad uno sguardo critico: il concetto di fondo, al di là della sua resa in termini letterari prima e registici poi, si fa filtro per una riflessione globale sulla società.

Nell’opera, spesso si allude ad una ‘ineluttabilità degli eventi’: «-Ditemi, che significa ΑΝΑΓΚΗ? -Lei regna su di te. ΑΝΑΓΚΗ è greco ma per noi è fatalità.» (Cocciante, “Ananche”, 2002). «Fatalità, ha il tuo destino in mano […] la trovi sulla tua via […] la vita la devi a lei.» (Cocciante, “Fatalità”, 2002). «Il mondo cambierà e si mescolerà, saranno poi milioni che ti domanderanno asilo.» (Cocciante, “L’attacco a Notre Dame”, 2002).  Naturalmente, in questo caso, il fato richiama la tragicità della trama stessa, il cui epilogo sembra inevitabile a partire dalla prima nota. Interessante. è traslare questo concetto alla universalizzazione dello straniero costantemente in lotta per difendere la propria libertà individuale, una libertà non connessa ad un concetto di popolo o nazione, ma che include il gruppo come necessità: un gruppo che ha come unico denominatore comune la rivendicazione identitaria in una società straniera. È proprio qui che individuiamo un qualcosa di familiare e tragicamente attuale.

fonte immagine: wikipedia

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