Questo articolo non vuole essere un’analisi critica, ma un viaggio attraverso cinque componimenti di Alda Merini, scelti per ripercorrere le tappe fondamentali della sua poetica e della sua vita. Dalla nascita alla follia, dall’orrore del manicomio all’amore per le figlie e per i suoi compagni, fino alla morte. Ogni poesia è una “molecola di narratività” che ci permette di incontrare la “poetessa della vita”.
In questo approfondimento:
Le 5 poesie in sintesi: un percorso di vita
Poesia | Tappa della vita | Tema principale |
---|---|---|
Il gobbo | Gli esordi e la giovinezza | La poesia come salvezza e profezia. |
Quel sentirmi chiamare | La maternità e la famiglia | L’amore per le figlie e la premonizione dell’abbandono. |
Il dottore agguerrito | L’esperienza del manicomio | La disumanizzazione e la resistenza del poeta. |
Non voglio che tu muoia | L’amore maturo e la malattia | Il legame profondo e disperato con Michele Pierri. |
Le maschere | La riflessione sulla follia e l’identità | La dualità tra sofferenza interiore e apparenza pubblica. |
5 poesie per 5 tappe di una vita
Alda Giuseppina Angela Merini nacque il 21 marzo 1931 a Milano. Il suo destino è, sin da subito, fatto di pane e poesia.
1. “Il gobbo” – Gli esordi
A 15 anni, il talento di Alda Merini viene scoperto dal critico Giacinto Spagnoletti. “Il gobbo” è una delle sue prime poesie pubblicate e rivela già la sua visione della poesia come unica salvezza di fronte a una vita “insoluta”.
Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall’espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
… e nessuno m’aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d’allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.
Analisi: la quotidianità è una fatica (“mi guadagno palmo a palmo il giorno”). L’unica speranza è rappresentata dal “gobbo”, una figura simbolica che rappresenta la poesia stessa: un messaggero di allegria e profezia che la “traghetta” oltre le difficoltà.
2. “Quel sentirmi chiamare” – La maternità
Nel 1953 sposa Ettore Carniti, un operaio. Da lui avrà quattro figlie: Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A causa della sua instabilità mentale, le figlie le verranno presto allontanate.
Quel sentirmi chiamare
mamma
quando eri nel cortile,
il cortile del canto,
e muovevi un pallone tutto tuo
per quel tuo sapiente rigiocare
sulle scintille dell’adolescenza:
era già un abbandono
e non sapevo.
Analisi: in questi versi struggenti, il semplice ricordo della voce di una figlia che la chiama “mamma” diventa la premonizione di una perdita. Il gioco della bambina nel cortile, un simbolo di crescita e indipendenza, è vissuto dalla madre come il presagio di un inevitabile abbandono.
3. “Il dottore agguerrito” – Il manicomio
La prima diagnosi di disturbo bipolare arriva a 16 anni. Alda Merini subirà diversi ricoveri in ospedali psichiatrici. L’esperienza del manicomio è al centro della sua raccolta più potente, “La Terra Santa” (1984).
Il dottore agguerrito nella notte
viene con passi felpati alla tua sorte,
e sogghignando guarda i volti tristi
degli ammalati, quindi ti ammannisce
una pesante dose sedativa
per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
attacca una flebo che sommuova
il tuo sangue irruente di poeta.
Poi se ne va sicuro, devastato
dalla sua incredibile follia
il dottore di guardia, e tu le sbarre
guardi nel sonno come allucinato
e ti canti le nenie del martirio.
Analisi: la poesia descrive la disumanizzazione del manicomio. Il medico non è una figura che cura, ma un carceriere “agguerrito” e “sogghignante”. La sua “follia” è quella di un sistema che cerca di sedare il “sangue irruente di poeta”. Di fronte a questa violenza, al poeta non resta che cantare il proprio martirio.
4. “Non voglio che tu muoia” – L’amore maturo
Dopo la morte del primo marito, nel 1983 sposa il poeta e medico Michele Pierri. Sarà un periodo di grande felicità e serenità, interrotto dalla malattia terminale di lui, che la farà ripiombare nella crisi.
Non voglio che tu muoia, no.
Se tu tremassi nella morte,
io cadrei come una foglia al vento,
eppure con le mie grida e i miei sospiri
io ti uccido ogni giorno;
ogni giorno accelero la tua morte,
sperando che anche per me sia la fine
e mi domando dove Dio stia
in tanta collisione di anime,
e brancolo nel buio della follia
cercando il tentacolo della scienza.
Analisi: questa poesia esprime l’amore disperato e totalizzante per il marito morente. C’è la paura della perdita (“cadrei come una foglia al vento”), ma anche il senso di colpa per una sofferenza che sembra quasi contagiosa (“io ti uccido ogni giorno”). È un grido di dolore di fronte a un destino ineluttabile.
5. “Le maschere” – La riflessione finale
Tornata a Milano, dagli anni ’80 in poi Alda Merini diventa una figura pubblica, celebrata ma anche etichettata come “poetessa pazza”. Questa poesia inedita, dettata al telefono nel 2001, è una riflessione su questa condizione.
Maschere che ho buttato in un canto
ora per ora
per salvare il mio cuore
maschere che hanno lacrime dipinte
e un fiore sempre verde nel labbro
maschere che hanno fumato i miei limiti
che hanno tenuto in bocca le mie sigarette
o maschera gigante
che hai coperto il mio volto
per dieci lunghissimi anni
e che non hai mai riso
nessuno mi identificherà mai
in questo grande teatro che è la vita
perché anche se vengo a vederti
e piango nel mio cuore
ti porto una maschera di solarità
Analisi: la maschera è il simbolo della dualità tra il dolore interiore e l’immagine pubblica. La poetessa parla delle maschere indossate per sopravvivere (“per salvare il mio cuore”), in particolare quella della follia (“maschera gigante che hai coperto il mio volto”). Il verso finale svela la condanna del poeta: anche nel dolore, deve indossare una “maschera di solarità” per il suo pubblico.
Fonte immagine di copertina: Casa delle Arti – Spazio Alda Merini
Articolo aggiornato il: 25/08/2025