Poesie di Giordano Bruno: 3 da conoscere

Poesie di Giordano Bruno: 3 da conoscere

In questo articolo esploreremo la figura e 3 poesie di Giordano Bruno tra le più significative e caratteristiche, emblemi della sua poetica.

Filippo Bruno nacque a Nola da una famiglia nobile nel 1548,  sin dai primi anni manifestò il suo talento intellettuale e la sua fascinazione per la magia, la filosofia e la teologia. Unendosi ai frati domenicani prese il nome di Giordano, ma il suo carattere forte lo portò a scontrarsi con le autorità più volte, fino a fuggire in giro per l’Italia e l’Europa. Infine, approdò nella tollerante Venezia come insegnante di Giovanni Mocenigo pensando di essere al sicuro, ma egli tradì la sua fiducia consegnandolo all’inquisizione. Dopo 7 anni di carcere e abiure, Giordano venne condannato al rogo per eresia anticristiana e arso vivo il 17 febbraio 1600 davanti alla folla di piazza Campo dei Fiori a Roma.

Egli fu un innovatore della filosofia durante il Rinascimento e un precursore del pensiero moderno: si convinse che la superiorità dell’uomo esisteva, non per spiritualità, ma per la sua corporeità (cosa impensabile per il clero, dato che per il cristianesimo il corpo era solo una prigione per l’anima). Tra i suoi scritti più importanti ritroviamo i Dialoghi italiani e i Poemi Latini. Le poesie di Giordano Bruno sono difficili (quindi accompagnate da autocommenti che esplicano le basi filologiche, storiche e scientifiche), intense per immagini poetiche e per scelte linguistiche. Il Filosofo-Poeta si identifica col Furioso Eroico, un uomo all’incessante ricerca della verità attraverso la Filosofia della Natura, pur consapevole di non poterla mai raggiungere.

Spesso utilizzò la metafora della caccia intrinseca nel Mito di Atteone riferito a sé stesso come cacciatore della verità: riusciva solo a scorgere l’ombra della verità senza riuscire mai a carpire quella assoluta (vide solo Diana e mai Apollo). La verità assoluta fu trasposta nel Mito della Fenice, per l’eternità raggiunta dall’uccello di fuoco che si rincarnava sempre dopo 500 anni di vita.

Vediamo 3 poesie di Giordano Bruno da conoscere:

1. Alle selve i mastini e i veltri slaccia

«Alle selve i mastini e i veltri slaccia
Il giovan Atteon, quand’il destino
Gli drizz’il dubio ed incauto camino,
Di boscareccie fiere appo la traccia.
Ecco tra l’acqui il più bel busto e faccia,
Che veder poss’il mortal e divino,
In ostro ed alabastro ed oro fino
Vedde; e ‘l gran cacciator dovenne caccia.
Il cervio ch’a’ più folti
Luoghi drizzav’i passi più leggieri,
Ratto vorâro i suoi gran cani e molti.
I’ allargo i miei pensieri
Ad alta preda, ed essi a me rivolti
Morte mi dàn con morsi crudi e fieri.»

In questo sonetto vi è la ripresa del Mito di Atteone come in molte Poesie di Giordano Bruno: nel mito originale l’uomo perdendosi a caccia nei boschi trova e spia la ninfa Diana nuda e lei, perciò, lo trasforma in cervo; così in questa versione il filosofo-poeta va volontariamente alla ricerca della verità ed in virtù di questa si trasforma in cervo. Ma il finale comunica che i suoi cani da caccia (i mastini sono l’intelligenza mentre i veltri la volontà), non riconoscendolo in questa forma, lo attaccano come preda: metafora per comunicare sia di essere consumato dalla sua attività intellettuale, sia che il resto della plebe lo attacca come se fosse un banale esaltato.

2. Luna incostante, luna varia

«Luna inconstante, luna varia, quale
Con corna or vote e talor piene svalli,
Or l’orbe tuo bianco, or fosco risale,
Or Bora e de’ Rifei monti le valli
Fai lustre, or torni per tue trite scale
A chiarir l’Austro e di Libia le spalli.
La luna mia, per mia continua pena,
Mai sempre è ferma, ed è mai sempre piena.
E` tale la mia stella,
Che sempre mi si toglie e mai si rende,
Che sempre tanto bruggia e tanto splende,
Sempre tanto crudele e tanto bella;
Questa mia nobil face
Sempre sì mi martora, e sì mi piace.»

Alcune poesie di Giordano Bruno sono introspettive, e questa nello specifico riporta una similitudine tra la sua condizione e quella della luna. La luna segue il suo ciclo da piena a calante e viceversa, quindi varia, ma splende e si rigenera eternamente; invece, il poeta sente che la sua vita varia costantemente, ma si sente martoriato e gli viene sempre tolto qualcosa e mai dato, al contrario della luna. A discapito di ciò, si rallegra di questa sua florida attività speculativa, nonostante sappia che non sarà mai in grado di appagare il suo desiderio di conoscenza assoluta.

3. Unico augel del sol, vaga Fenice

«Unico augel del sol, vaga Fenice,
Ch’appareggi col mondo gli anni tui,
Quai colmi ne l’Arabia felice,
Tu sei chi fuste, io son quel che non fui.
Io per caldo d’amor muoio infelice;
Ma te ravviv’il sol co’ raggi sui.
Tu bruggi ‘n un, ed io in ogni loco;
Io da Cupido, hai tu da Febo il foco.
Hai termini prefissi
Di lunga vita, e io ho breve fine,
Che pronto s’offre per mille ruine;
Né so quel che vivrò, né quel che vissi:
Me cieco fato adduce,
Tu certo torni a riveder tua luce.»

In questo sonetto vi è la ripresa del Mito della Fenice, celebre tra le poesie di Giordano Bruno. Il parallelo è tra la sapienza eterna ispirata da Apollo che è incarnata dalla fenice immortale che continua ad ardere e splendere nei secoli; ed invece la sapienza limitata del filosofo che, guidato dall’Amore, dedica la sua breve vita ad affannarsi alla ricerca della verità irraggiungibile.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

A proposito di Eleonora Sarnataro

Studiosa di inglese e Giapponese, i suoi migliori amici da sempre sono carta e penna, per mettere nero su bianco emozioni, resoconti e pareri riguardo i più disparati stimoli culturali.

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