Riti scaramantici napoletani: i 10 gesti portafortuna più famosi

Riti scaramantici napoletani, i 5 gesti della scaramanzia napoletana da conoscere

La scaramanzia è una formula magica, orale o gestuale, che permette di allontanare la sfortuna. Sebbene la religione e la scienza la condannino, un po’ tutti, chi più chi meno, siamo superstiziosi. A Napoli la scaramanzia è parte integrante della vita quotidiana, un vero e proprio sistema culturale che si manifesta in gesti, oggetti e credenze. I riti scaramantici napoletani sono famosi in tutto il mondo e attirano la curiosità di chiunque visiti la città.

Sintesi rapida dei principali riti

Per chi ha fretta, ecco il significato essenziale dei simboli napoletani prima di approfondirne la storia:

Rito scaramantico Significato principale
Corno portafortuna Protezione dal malocchio, fertilità, prosperità.
Fare le corna (verso il basso) Scongiuro immediato contro la sfortuna.
Toccare ferro / parti basse Allontanare un presagio negativo.
Accarezzare la gobba Attirare la buona sorte.
Mangiare lenticchie a Capodanno Augurio di ricchezza e abbondanza.

I gesti scaramantici napoletani più comuni

Alcuni gesti sono diventati iconici e fanno parte del linguaggio non verbale di ogni napoletano.

1. Toccarsi le parti basse

Un gesto quasi istintivo di fronte a un presagio negativo. Toccarsi i genitali per allontanare la sfortuna è tra i riti scaramantici più diffusi in Italia. L’origine risale probabilmente all’epoca romana, quando il fallo era simbolo di fertilità e prosperità, e quindi un potente amuleto contro il male.

2. Fare le corna

Il gesto delle corna, fatto con indice e mignolo rivolti verso il basso, è uno dei più potenti scongiuri contro la iella e il malocchio. Le corna simboleggiano la forza e la virilità del toro, un animale considerato sacro in molte culture antiche. È un gesto da fare discretamente per “scaricare” a terra le energie negative.

3. Accarezzare la gobba di uno “scartellato”

A Napoli, incontrare un uomo con la gobba (“scartellato”) è considerato un segno di grande fortuna. La tradizione vuole che si accarezzi delicatamente la sua gobba per “assorbirne” l’energia positiva. La credenza si basa sull’idea che la deformità fisica attiri la benevolenza degli dèi. Attenzione però: la tradizione vuole che porti fortuna solo la gobba maschile.

4. Non passare sotto le scale

Una scala appoggiata al muro forma un triangolo, figura che nella simbologia cristiana rappresenta la Santissima Trinità. Attraversare questo spazio sacro è visto come un atto di sfida alla sorte. Se qualcuno ti accusa di essere superstizioso, la risposta è una sola, presa dalla commedia di Peppino De Filippo: “Non è vero… ma ci credo“.

Oggetti e cibi portafortuna

La scaramanzia napoletana si affida anche a una serie di oggetti e alimenti considerati potenti talismani.

5. Portare con sé un corno portafortuna

Il corno portafortuna, “o’ curniciello”, è forse il simbolo più famoso. Per essere efficace, deve rispettare regole precise: deve essere rosso (colore del sangue e della vita), fatto a mano (per trasmettere l’energia dell’artigiano), cavo all’interno, torto a spirale e, soprattutto, deve essere regalato, mai auto-acquistato. Simboleggia fertilità e allontana il malocchio.

6. Appendere una “capa r’aglio”

Una treccia d’aglio appesa fuori dalla porta o in cucina è un altro potente amuleto. L’aglio, con il suo odore forte, è considerato fin dall’antichità un repellente contro le forze del male, i vampiri e le “fatture”.

7. Il ferro di cavallo

Anche il ferro di cavallo è un classico portafortuna. Deve essere rigorosamente di ferro (materiale che si credeva scacciasse gli spiriti maligni) e va appeso con le punte rivolte verso l’alto, per “raccogliere” e trattenere la fortuna.

8. Mangiare uva e lenticchie a Capodanno

Dopo il cenone di Natale, a Capodanno è d’obbligo mangiare uva (12 acini, uno per ogni mese) e lenticchie. La loro forma rotonda ricorda le monete, rendendoli un simbolo di prosperità e ricchezza per l’anno nuovo.

Altri riti scaramantici napoletani

  • 9. Versare una goccia di vino per terra: prima di bere in compagnia, versare una goccia di vino a terra è un gesto propiziatorio, un’offerta agli spiriti per assicurarsi la loro benevolenza.
  • 10. Bussare tre volte sul legno: quando si dice qualcosa di avventato che potrebbe attirare la sfortuna, si bussa tre volte sul legno (“toccare ferro”) per neutralizzare il presagio. Il legno rappresenta un legame con la natura e la protezione.

Per approfondire, leggi anche cos’è la Smorfia napoletana e il nostro pezzo sulle superstizioni napoletane.

Fonte immagine: Pixabay

 

Altri articoli da non perdere
Mandolino napoletano: storia, caratteristiche e accordatura
Il mandolino napoletano, storia di un'icona

Tra gli strumenti musicali appartenenti alla famiglia dei cordofoni, il mandolino napoletano si distingue per il suo suono unico e Scopri di più

Autori greci: i 5 scrittori più famosi dell’antica Grecia
autori greci

La letteratura della Grecia antica ha posto le basi della cultura occidentale. Dai poemi epici al teatro, passando per la Scopri di più

Il museo più grande del mondo: Louvre o Ermitage?
Museo più grande del mondo: qual è?

La risposta alla domanda "qual è il museo più grande del mondo?" dipende dal criterio utilizzato: per superficie espositiva il Scopri di più

Hua Mulan: la vera storia dell’eroina Disney
Hua Mulan: la vera storia dell'eroina Disney

Molto spesso i classici Disney si ispirano a fonti esterne, come le fiabe dei fratelli Grimm da cui sono nate Scopri di più

Rare Beauty di Selena Gomez, perchè è un brand da supportare?
Perchè Rare Beauty di Selena Gomez è un brand da supportare

Tra i tanti make up brand attualmente in commercio, molti di questi sono di celebrità. Sono molti, infatti, i vip Scopri di più

La Corte dei Miracoli: la vera storia tra realtà e finzione letteraria
Corte dei Miracoli

Nell'immaginario romantico, il termine Corte dei Miracoli fa riferimento a luoghi dove mendicanti, ladri ed emarginati si riunivano secondo le Scopri di più

Condividi l'articolo!

A proposito di Antonio Brunato

Vedi tutti gli articoli di Antonio Brunato

Commenta