Scipione l’Africano: il generale romano che sconfisse Annibale
Quale sarebbe stato il destino dell’Europa se Annibale, il grande generale cartaginese, avesse vinto contro i Romani? Probabilmente, il mondo non sarebbe come lo conosciamo. La Storia è scritta dagli uomini. Ed un uomo, Scipione l’Africano, tanti secoli fa, scrisse la sua e quella di Roma. Ultor patriaeque domusque, «vendicatore della patria e della famiglia»: così il poeta Silio Italico definisce Publio Cornelio Scipione, l’uomo che rovesciò le sorti della Seconda Guerra Punica (218-202 a.C.) e che, soprattutto, sconfisse Annibale. Scipione l’Africano è stato uno dei più grandi generali romani, una figura leggendaria che ha segnato la storia di Roma e del Mediterraneo.
Chi era Scipione l’Africano: biografia di un predestinato
Publio Cornelio Scipione nacque nel 235 a.C. a Roma, nel seno della gens Cornelia, una delle famiglie più illustri della città. Secondo una leggenda riportata da Tito Livio, la sua nascita fu di origine divina, come quella di Alessandro Magno. Al di là del mito, Scipione era destinato a una carriera politico-militare. La sua vita cambiò nel 218 a.C., quando il padre, console, lo portò con sé a combattere contro Annibale. A soli diciassette anni, il futuro Africano si distinse nella Battaglia del Ticino e nel 216 a.C. fu tra i pochi ufficiali a sopravvivere alla catastrofe di Canne. La svolta arrivò dopo la morte in Spagna del padre e dello zio: a soli venticinque anni, Scipione l’Africano fu nominato proconsole e inviato a vendicarli.
Le imprese di Scipione l’Africano: dalla Spagna alla vittoria su Annibale
In Spagna, Scipione dimostrò subito il suo genio. Conquistò la base cartaginese di Cartagena con un attacco a sorpresa e, soprattutto, nella battaglia di Ilipa, utilizzò contro i cartaginesi la loro stessa tattica: la manovra a tenaglia. Era la prova che aveva studiato a fondo il suo nemico. Come scrive Gastone Breccia, la sua regola era concepire piani semplici e chiari. La seconda regola, per la pace, era essere generoso con gli sconfitti. Fu lui a concepire il piano audace di portare la guerra in Africa per costringere Annibale a lasciare l’Italia. Dopo aver sbaragliato i nemici in Africa, alleandosi con il re numida Massinissa, si preparò allo scontro finale.
La campagna di Spagna: la nascita di un condottiero
La conquista della Spagna fu il vero banco di prova per Scipione l’Africano. Non si limitò a vincere battaglie, ma seppe anche guadagnarsi la lealtà delle tribù locali attraverso la sua famosa clementia. Mostrando clemenza verso i prigionieri e rispettando le popolazioni sottomesse, creò una solida base di potere e di risorse, dimostrando di essere non solo un grande tattico, ma anche un abile politico e diplomatico. Le sue vittorie in Hispania furono fondamentali per tagliare i rifornimenti ad Annibale in Italia e per preparare l’invasione dell’Africa.
La battaglia di Zama: Scipione l’Africano contro Annibale
A Zama, nel 202 a.C., si scontrarono due tra i più grandi strateghi della storia. Prima della battaglia, i due si incontrarono. Annibale, forse, voleva che Scipione lo ricordasse come un uomo, non solo come un nemico. In battaglia, il genio di Annibale quasi prevalse, ma Scipione l’Africano dimostrò di aver imparato la lezione: neutralizzò la carica degli elefanti da guerra creando dei corridoi tra i suoi manipoli e, grazie alla superiore cavalleria numida di Massinissa, riuscì ad accerchiare e distruggere l’esercito cartaginese. Aveva ripreso le tecniche di Annibale, le aveva perfezionate e aveva vinto. Da quel giorno fu chiamato l’Africano. Con magnanimità, Scipione concesse ad Annibale di salvarsi la vita e di restare una figura politica a Cartagine, contro il volere di molti a Roma.
L’eredità di Scipione l’Africano: tra gloria, politica e cultura
Tornato a Roma, Scipione fu accolto trionfalmente, ma il suo enorme prestigio e la sua apertura verso il mondo greco gli attirarono l’ostilità della fazione più conservatrice del Senato, guidata da Catone il Censore.
Il processo e l’esilio volontario a Literno
I suoi avversari politici intentarono ripetuti processi contro di lui e suo fratello Lucio per presunta corruzione. Sebbene le accuse si rivelassero infondate, Scipione l’Africano, deluso e amareggiato, si ritirò in un esilio volontario nella sua villa di Literno, in Campania. Qui morì nel 183 a.C., nello stesso anno del suo grande rivale Annibale. A lui è attribuita la famosa frase: “Ingrata patria, non avrai le mie ossa”.
Il Circolo degli Scipioni e l’apertura alla cultura ellenistica
L’eredità di Scipione l’Africano non fu solo militare. Egli fu il promotore del cosiddetto Circolo degli Scipioni, un gruppo di intellettuali e politici aperti alla filosofia e alla letteratura greca. Questo circolo, portato avanti poi dal suo omonimo adottivo Scipione Emiliano, fu fondamentale per l’introduzione della cultura ellenistica a Roma. Ospitò figure come lo storico Polibio e il commediografo Terenzio, favorendo un clima di cosmopolitismo e raffinatezza che si contrapponeva al rigido tradizionalismo romano. Scipione, quindi, anticipò la figura dell’uomo nuovo, capace di unire la virtù romana con la sofisticação greca. La sua figlia più giovane, Cornelia, fu la madre dei famosi fratelli Gracchi, la cui azione politica, pur con metodi diversi, può essere vista come una continuazione di quell’eredità. Ma questa, è un’altra storia.
Nunzia Serino