Streghe di Salem, la stregoneria nel Nordamerica

Streghe di Salem

La stregoneria fu un fenomeno che interessò l’Europa fin dal medioevo per poi intensificarsi tra il ‘500 e il ‘600 tramite la Controriforma, la risposta della Chiesa di Roma alle tendenze riformiste del protestantesimo di Martin Lutero e anche al progresso scientifico e filosofico che colpì figure del calibro di Giordano Bruno e Galileo Galilei. Ma la scure dei tribunali dell’Inquisizione sparsi in Europa colpì soprattutto comunità di persone accusate di tramare contro il mondo cristiano tramite atteggiamenti che venivano fraintesi come degli osanna al diavolo e che portarono le donne ad essere etichettate come streghe, ovvero come individui che secondo la credenza popolare si riunivano di notte nei boschi per compiere riti pagani e oscuri. Tra i tanti episodi che le cronache del tempo hanno registrato su carta, il più famoso è quello delle Streghe di Salem, in quanto si verificò nelle neocolonizzate terre del Nordamerica.

Streghe di Salem, gli antefatti 

La cittadina di Salem, situata nello stato del Massachusetts (regione del New England), fu fondata nel 1626 da una comunità di pellegrini guidati dal colono Roger Conant, per sfuggire alle persecuzioni verso le minoranze religiose volute del re inglese  anglicano Carlo I.

Coloro che misero piede sul suolo della città americana infatti seguivano la dottrina del puritanesimo, una diramazione del calvinismo che professava una rigida religiosità fatta di divieti e fanatismo, in nome di una timorata esperienza di fede votata alla più totale estraneità al peccato. Danzare a ritmo di musica o anche andare in giro con un vestito più corto erano segnali sufficienti per guadagnarsi l’inimicizia degli abitanti. Come se non bastasse la guerra di Re Filippo, combattuta tra il 1675 e il 1678 e che vide contrapposti i coloni inglesi ai nativi americani, portò i cittadini a pensare che Dio li avesse puniti lasciando vagare il diavolo in mezzo alla loro comunità.

Era quindi necessaria una valvola di sfogo e questa giunse nell’inverno del 1691-1692 quando Elizabeth Parris ed Abigail Williams, due bambine di 9 e 11 anni e rispettivamente figlia e nipote del reverendo Samuel Parris, iniziarono a manifestare alcuni disturbi: contorcevano i loro corpi, avevano atteggiamenti aggressivi nei confronti dei genitori, parlavano adoperando un linguaggio incomprensibile e diventavano all’improvviso mute. I medici che le visitarono erano unanimi riguardo la diagnosi: possessione diabolica o “malocchio“, confermata da un episodio identico che interessò altre sei ragazze della comunità. Esse manifestarono gli stessi disturbi di Elizabeth e Abigail, cosicché furono chiamate a testimoniare nel processo contro quelle che furono conosciute come le “Streghe di Salem”.

Il processo

L’isteria di massa si sparse come un’infezione tra gli abitanti di Salem, convinti che tra di loro si aggirasse una strega. La storica americana Mary Beth Norton, nel saggio In the Devil’s Nare, scrive che si arrivò ad usare metodi a dir poco sconcertanti come quello della “torta delle streghe” (Witches’ Cake): veniva preparata una focaccia con la segale mescolata all’urina delle persone possedute e veniva data in pasto ad un cane, con la convinzione che questi sarebbe riuscito a fiutare l’odore della strega e quindi a rilevarne la presenza.

Nello stesso 1692 fu comunque istituito un tribunale, dove sul banco degli imputati di quello che fu il primo processo finirono Elizabeth Parris, Abigail Williams, Ann Putnam ed Elizabeth Hubbard (queste ultime erano due delle sei ragazze accusate di essere possedute dal diavolo) e una schiava indiana di nome Tituba.  Stando alle parole del reverendo Samuel e della figlia Elizabeth ella era solita parlare con una misteriosa ombra, probabilmente un retaggio di religioni pagane e riti sciamanici. Ciò bastò ai giudici per accusare Tituba di stregoneria e oltre a lei furono condannate altre due donne: Sarah Good, un’anziana signora caduta in disgrazia e Sarah Osborne, donna di origini francesi che fu sorpresa mentre parlava da sola.

Ma questo era solo il primo atto di un processo che mano a mano giunse a trasformarsi in un vero e proprio “gioco al massacro”, alimentato da una psicosi collettiva che tra le sue varie giustificazioni elevava quelle della paura di ciò che è avverso al “normale” mondo puritano e il disprezzo verso le persone socialmente umili e deboli. Prima di Tituba a subire il giudizio del processo alle Streghe di Salem fu Bridget Bishop, condannata all’impiccagione per la scoperta nella sua dimora di una collezione di bambole vudù con cui si credeva che avesse compiuto atti di stregoneria. Celebre fu anche il caso di Giles Corey, accusato dalle imputate di essere uno stregone e che morì sotto tortura a causa del peso di alcune pietre poste sul petto che finirono per schiacciargli il torace in quanto si rifiutò fino all’ultimo di confessare.

Interessante è anche il caso di una schiava di origini africane, tale Candy Black che sostenne apertamente di servire il diavolo, ma non nell’accezione con cui lo considerava il mondo cristiano. Candy infatti faceva riferimento a riti pagani tipici della propria terra, così come era già successo con Tituba, che l’occhio dell’uomo cristiano interpretava come un omaggio a Satana.

Il processo alle Streghe di Salem mostrò così il suo lato più veritiero: quello di un’occasione per alcune famiglie di disfarsi di persone “scomode” tanto per motivi personali quanto per ribadire la presunta innocenza di leggi e divieti al limite del bigottismo che entravano in crisi per via di atteggiamenti non ritenuti nella norma.

Il risultato fu che in un solo anno, tra il giugno e il settembre del 1692, furono arrestate 200 persone. Di queste 54 confessarono sotto tortura di essere streghe e 19 furono giustiziate. Soltanto quando i pastori si resero conto che tale processo si era tramutato in uno spettacolo di violenza gratuita decisero di porre fine a questa caccia alla streghe, usando come motivazione principale il fatto che le prove usate contro i condannati (perlopiù le loro visioni) non erano sufficienti.

Le Streghe di Salem nella cultura di massa

Il processo alle Streghe di Salem e la sua controversa storia ha influenzato moltissimo l’immaginario della cultura americana. Nel mondo della letteratura basti citare La Lettera Scarlatta, romanzo del 1850 scritto da Nathaniel Hawthorne (discendente addirittura di uno dei giudici del tribunale di Salem) in cui si narra del processo nei confronti di una donna accusata però non di stregoneria, ma di adulterio. La città di Salem ha poi ispirato lo scrittore Howard Phillips Lovecraft per il racconto I sogni nella casa stregata del 1933, dove la cittadina di Arkham è chiaramente ispirata a quella del Massachusetts.

Anche il cinema ha spesso attinto a questa vicenda per alcune celebri pellicole. Si possono citare La Seduzione del Male, ispirato dal dramma teatrale Il Crogiuolo di Arthur Miller e diretto nel 1996 da Nicholas Hytner che vede tra gli interpreti principali Winona Ryder e Daniel Day-Lewis e il recente Le Streghe di Salem, film diretto da Rob Zombie nel 2012 liberamente ispirato alla storia del processo trapiantandone alcuni elementi al giorno d’oggi. Famoso però è anche Hocus Pocus, prodotto dalla Disney e diretto da Kenny Ortega nel 1993 in cui tre streghe condannate alla fine del ‘600 ritornano in vita dopo trecento anni e seminano il panico in una cittadina americana durante la notte di Halloween, il tutto in un’atmosfera comica e fantastica. Infine non si può tralasciare il mondo delle serie TV accennando almeno a Streghe dove le sorelle Halliwell, le protagoniste della storia, sono le discendenti di una strega uccisa proprio a Salem.

Ciro Gianluigi Barbato

Fonte immagine copertina: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2018/01/le-streghe-di-salem.html

 

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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