Teoria del piacere: un’indagine sulla felicità dell’uomo

Teoria del piacere: un'indagine sulla felicità dell'uomo

Giacomo Leopardi, celebre poeta, scrittore, filologo italiano, nacque a Recanati nel 1798, ed è una delle personalità più studiate ed analizzate, del panorama letterario italiano.
Tra le innumerevoli e meravigliose opere della produzione leopardiana, spicca, lo Zibaldone, una raccolta di pensieri, nella quale è enunciata la famosa teoria del piacere, così come egli stesso la denomina. La celebre teoria, è racchiusa in circa venti pagine, scritte tra il 12 e il 23 luglio del 1820.

La teoria del piacere in Leopardi si fonda su un principio cardine, ossia: ciò che muove le azioni degli uomini, è il raggiungimento del piacere.
La vita dell’uomo è caratterizzata dalla presenza quasi costante di desideri, tendenzialmente infiniti, poichè, l’individuo vorrebbe che non finissero mai. In realtà, è bene precisare che, l’inclinazione o tendenza al piacere non conosce limiti perché essa stessa è connaturata all’esistenza. Tuttavia, al contrario, gli strumenti con i quali l’uomo può soddisfare i propri piaceri, tendendo alla felicità, sono limitati, effimeri e ciò crea una distanza incolmabile tra il desiderio del piacere e l’impossibilità di soddisfarlo.

Nel pensiero leopardiano, l’uomo in quanto essere finito, è infelice, perché la felicità è identificata esclusivamente con il piacere materiale, che è infinito.
La teoria del piacere, elaborata nello Zibaldone, si collega secondo gli studiosi, alla prima parte del pessimismo leopardiano, dell’esistenza intesa come sofferenza e quindi come impossibilità di appagare i propri desideri.

Teoria del piacere: un’indagine sull’infelicità dell’uomo

Giacomo Leopardi, dopo aver preso consapevolezza della vanità delle cose che caratterizzano la quotidianità, e l’impossibilità di soddisfare i piaceri dell’animo umano, definisce questi due importanti aspetti, gli “assiomi” della teoria del piacere, quindi causa e contesto in cui e per mezzo di quali, si sviluppa la teoria stessa.
Essa si identifica quindi come una vera e propria indagine sull’infelicità dell’uomo. In questa visione, la felicità è identificata con il piacere; ogni uomo, per sua natura desidera il piacere, che però è infinito e quindi sostanzialmente irraggiungibile.

A causa di queste motivazioni, nel corso dell’esistenza, l’individuo continua a provare sofferenza per l’incapacità di soddisfare i propri piaceri, che si tramutano in desideri non appagati e quindi in pessimismo.

Secondo Loepardi, la vita è un continuo alternarsi di desidero di piacere e insoddisfazione e quindi dolore per il mancato raggiungimentoL’uomo, anche nel momento di pieno piacere, continuerà incessantemente a sentirsi insoddisfatto e inappagato, preso dal desiderio di appagare altri piaceri.

Teoria del piacere e felicità: un legame indissolubile

Lo scopo primario della vita dell’uomo è il piacere e quindi l’appagamento individuale. Come è scritto in un passo della “teoria del piacere”, – l’uomo non esisterebbe se non provasse questo desiderio – infatti, in riferimento a ciò, si determina uno degli aspetti principali del pensiero leopardiano, il piacere come sinonimo di felicità, raccolti in un legame indissolubile.

Ogni individuo, grazie al desiderio, può sentirsi vivo, poiché una vita senza piacere non sarebbe vera esistenza; è dunque esso che rende gli uomini vivi e al contempo infelici.
Un desiderio soddisfatto corrisponde ad un altro desiderio da soddisfare, e quindi una continua pena, cui si è sottoposti.

Tuttavia, in questa condizione, nonostante ogni persona non riesca a raggiungere una vera e propria felicità e una condizione di piacere, esistono delle compensazioni, quale ad esempio l’immaginazione, che consente di prefigurarsi dei piaceri finiti per sé, i quali però, spesso creano solo illusioni. Ovviamente, la vera ed unica responsabile di tutto ciò, è la natura, tema cardine della poetica di Giacomo Leopardi; proprio la natura, in questo caso matrigna, con l’immaginazione spinge l’uomo ad illudersi, in uno stato di profonda infelicità.

In questa visione, pienamente letteraria e filosofica al tempo stesso, si può affermare che, il piacere si concentra nell’immaginazione (seppur effimera) del piacere stesso.

Una teoria estremamente vasta, che permette di analizzare il pensiero di uno degli autori più studiati della letteratura italiana, qual è Giacomo Leopardi.
Lo Zibaldone, nel quale la teoria citata è espressa, può essere visto come un mondo autonomo, e quindi come un diario di vita, non solo dell’autore stesso, ma dell’uomo in quanto parte della società.

 

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