Teoria delle finestre rotte: ordine per ottenere ordine

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Nata negli Stati Uniti negli anni ’80, la teoria delle finestre rotte è un concetto che ha spaccato a metà le opinioni dei sociologi dell’epoca. Nel tempo ha raccolto schiere di sostenitori e detrattori, ciononostante resta un approccio ancora largamente utilizzato dai dipartimenti di polizia negli Usa. A parlarne per la prima volta furono George L. Kelling e James Q. Wilson nel numero di marzo del mensile “The Atlantic”, anno 1982. L’articolo partiva da un esperimento sociologico condotto dallo psicologo della Stanford University, Philip Zimbardo nel 1969, riadattato su più ampia scala.

Di cosa si tratta?

L’esperimento di Zimbardo prevedeva che due automobili identiche fossero piazzate in due zone molto differenti: nel quartiere Bronx di New York City e in una ricca zona di Palo Alto, in California. Quello che accadde fu quello che tutti immaginiamo. In poche ore la vettura lasciata nel Bronx fu completamente distrutta. Tutto ciò che era possibile rivendere fu rubato e il resto vandalizzato. A Palo Alto, invece, l’automobile restò intatta. Ma non era questo il fine ultimo dell’esperimento. Infatti, Zimbardo spaccò un finestrino di quest’ultima auto. La cosa curiosa fu scoprire che, dopo una settimana che la vettura era rimasta intatta, subito dopo aver rotto un vetro, anche questa fu derubata e vandalizzata nel giro di poche ore. Cosa intendeva dimostrare Zimbardo con quest’esperimento? È chiaro. Le persone hanno maggiori probabilità di vandalizzare e commettere un crimine se qualcosa sembra trascurato.

La più ampia teoria delle finestre rotte

Ma la teoria delle finestre rotte prende solo spunto da questo esperimento per allargarsi a riflessioni più ampie. Lavorando sullo studio di Zimbardo, Kelling e Wilson hanno ipotizzato che non contrastare da subito situazioni di degrado o di disordine sociale nei quartieri poteva generare una spirale di crimine e violenza che poteva in poco tempo sfuggire a qualsiasi controllo. I segni di “abbandono e disordine” includono persone che vagano, spazzatura, graffiti, prostituzione e giri di droga. Tutti questi problemi, infatti, denotano poco interesse da parte degli abitanti a prendersi cura del posto in cui vivono. Per questo motivo, se le forze dell’ordine – o più in generale, chi deve occuparsi del controllo del territorio – è in grado di contrastare problematiche partendo dalla base, per esempio vetri rotti o questioni come quelle elencate pocanzi, è meno probabile che si verifichino eventi peggiori.

New York: l’esempio del Sindaco Giuliani sulla teoria delle finestre rotte

Negli anni ‘90, il Sindaco di New York Rudy Giuliani, grande sostenitore della teoria delle finestre rotte, decise di seguire i principi di questo studio. D’accordo con la polizia, dedicando particolare attenzione ai crimini minori, fu registrato un calo effettivo del tasso di criminalità. Tuttavia, non è certo che il risultato sia da attribuire a questa politica, in quanto in quel periodo si registrò un calo del tasso di criminalità anche in molte città che non avevano seguito lo studio Kelling-Wilson.

Dibattito aperto

Ancora oggi – soprattutto facendo riferimento ai fatti recenti e al neonato movimento Black Lives Matter – questa teoria divide in due l’opinione pubblica americana. C’è chi sostiene la teoria delle finestre rotte sia il mezzo giusto per un buon mantenimento dell’ordine da parte delle forze di polizia per ridurre la criminalità. Dal canto loro, gli oppositori sostengono che le forze dell’ordine siano andate troppo oltre, specialmente nei confronti delle comunità minoritarie.

 

Fonte immagine: Pixabay.

A proposito di Cinzia Esposito

Classe ’96 e studentessa magistrale in Corporate communication e media all’Università di Salerno. Vengo da una di quelle periferie di Napoli dove si pensa che anche le giornate di sole vadano meritate, perché nessuno ti regala niente. Per passione scrivo della realtà che mi circonda sperando che da grande (no, non lo sono ancora) possa diventare il mio lavoro.

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