Tsundoku: voce del verbo “accumulare libri senza leggerli”

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Tsundoku: quando acquistare libri in modo compulsivo si trasforma in una vera dipendenza!

Se state leggendo questo articolo sullo tsundoku significa che vi siete ritrovati fra chi “accumula libri serialmente senza leggerli”. E soprattutto siete fra chi entra in tutte le librerie che incontra acquistando libri per poi impilarli sugli scaffali o sul comodino in attesa di un momento libero dalla routine lavorativa o universitaria. Solo che quel momento, molto spesso, non arriva mai.

Dunque, se avete a casa pile di libri che mettono in pericolo l’incolumità mentale dei vostri coinquilini o anche vostra, sì, presentate tutti i sintomi e siete affetti dalla sindrome di tsundoku, un termine coniato in Giappone proprio per descrivere questa abitudine. La notizia positiva è che non è contagiosa, ma può diventarlo. Anzi, è auspicabile che ciò avvenga.

La parola tsundoku è nata, secondo il professore Andrew Gerstle, docente di giapponese pre-moderno all’Università di Londra, in epoca Meiji (1868-1912) e usata nello slang giapponese: infatti, presente in un testo del 1879, questo termine era probabilmente già in uso prima di tale anno. Essa è costituita dai termini tsunde e oku che indicherebbero l’“impilare tante cose” (da tsumu) e rimandare o “abbandonare momentaneamente (o per sempre)”.

Oggi entrata a far parte del vocabolario italiano fra altre parole giapponesi come sudoku, sushi o ikebana, secondo alcuni linguisti, combina il verbo tsun con doku che significa invece “leggere”: di qui, l’espressione completa che assume il significato di “impilare libri e metterli da parte per il momento”. Nonostante solo nella lingua giapponese sia stato ideato un unico termine per indicare tale abitudine – mentre nelle altre lingue è usata una perifrasi, in inglese ci sono alcune parole che descrivono atteggiamenti simili come abibliophobia, ovvero la paura di rimanere senza niente da leggere, e  bibliotaph o bibliotaphist, che invece è colui che ammassa libri o li nasconde (dal termine greco τάφος, ”tomba”).

Nota fin dal Medioevo, quando tale pratica accumulatoria di libri era tipica delle popolazioni arabe e condannata dagli occidentali, durante l’Illuminismo essa era considerata contraria ai principi di trasmissione e accesso al sapere altrui, dal momento che ciascun lettore conservava per sé preziosi testi e conoscenze che invece dovevano essere diffusi e condivisi. Nel XIX e XX secolo, invece, possedere una ricca e variegata biblioteca significava non solo apprezzare la cultura, ma rendere manifesta la propria ricchezza non solo libraria.

Descritta anche dallo scrittore inglese Thomas Frognall Dibdin nel suo romanzo Bibliomania (1809) in cui i due protagonisti manifestano un atteggiamento quasi malato e ossessivo verso la letteratura (la bibliomania del titolo), oggi caratterizza i booklovers più accaniti come una sorta di fame continua a divorare testi, come un’“ansia” – nella sua accezione positiva – di non avere abbastanza libri da leggere e un prolungato desiderio di possedere un testo (e/o più edizioni di uno stesso testo), perché “non ho mai abbastanza libri”, o perché è appena uscito in libreria l’ultimo lavoro di uno scrittore noto e prima che tutti lo acquistino e lo leggano, si sente il bisogno di prenderlo e assicurarsi di averlo in casa anche se poi non si ha tempo o voglia di leggerlo.

A conferma di queste mancanze, secondo un rilevamento Istat del  2018, 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno, mentre i “lettori forti” ovvero quelli che leggono almeno un libro al mese sono solo il 14 % della popolazione. Si può, dunque, pensare che nonostante il costo dei libri, tanto ignorato da chi è “affetto” da tsundoku, sia all’ultimo posto fra le motivazioni principali (fra l’altro si è registrata una lieve diminuzione del prezzo medio di copertina di un testo: da 20,21 euro a 19,65 euro), siano soprattutto altre le cause della disaffezione alla lettura, fra cui la noia, la mancanza di passione per la lettura (35,4 %), il poco tempo libero a disposizione (30 %) e la preferenza ad altri svaghi (23,7 %). Pertanto, pur essendo in netta ripresa il mercato librario anche grazie ai bonus per l’acquisto o alla deducibilità dalle spese e al mercato digitale (oltre 27mila i titoli pubblicati) che promuove soprattutto le novità, sembra più preoccupante il calo dei lettori.

Dunque, non limitatevi solo ad acquistare tanti libri, ma leggeteli! Oppure seguite i consigli pubblicati qui, ovvero ordinarli magari su nuovi scaffali e spolverarli (la polvere è uno degli effetti negativi di questa mania), donarli a chi saprà maggiormente apprezzarli (e vorrà leggerli!) o convertirsi agli e-book reader, che occupano meno spazio e contengono sicuramente più testi!

L’importante è leggere perché, come scriveva Umberto Eco, «non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade».

Fonte immagine: https://stuckintranslation.home.blog/2019/02/20/tsundoku-larte-di-accumulare-libri/

Eleonora Vitale

A proposito di Eleonora Vitale

Nata a Napoli il 29 luglio 1988, conduce studi classici fino alla laurea in Filologia, Letterature e Civiltà del Mondo Antico. Da sempre impegnata nella formazione di bambini e ragazzi, adora la carta riciclata e le foto vintage, ama viaggiare, scrivere racconti, preparare dolci, dipingere e leggere, soprattutto testi della letteratura classica e mediorientale.

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