Nascosto tra le colline di Busan, il Gamcheon Culture Village oggi brilla come una delle mete turistiche più iconiche della città, con le sue case color pastello e i vicoli pittoreschi. Ma dietro a questa facciata vivace si cela un passato ben diverso: un tempo dimenticato e segnato da povertà e difficoltà, questo luogo ha attraversato decenni bui prima di rinascere come simbolo di speranza e creatività.
Il difficile passato del villaggio
Un rifugio per la classe operaia
Sorto tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento, il villaggio di Gamcheon fu inizialmente concepito per ospitare la fascia più povera della classe operaia di Busan. La sua posizione, sulle colline a ridosso del porto, lo teneva a debita distanza dalle aree più centrali e frequentate della città, pur restando strategicamente vicino ai luoghi dove la manodopera era essenziale.
L’ondata di sfollati dopo la Guerra di Corea
A partire dagli anni ’50, dopo la Guerra di Corea, divenne un vero e proprio rifugio per migliaia di sfollati provenienti da tutto il paese: circa 800 nuove famiglie si stabilirono nell’area, portando la popolazione locale a raggiungere i 30.000 abitanti. Di fronte alla necessità di accogliere così tante persone in poco tempo, il governo optò per la costruzione rapida di piccole abitazioni, che si moltiplicarono senza ordine lungo le pendici della collina.
La crisi urbana dimenticata
Le condizioni critiche dello slum: tra degrado e povertà
Purtroppo, sebbene garantissero un tetto sopra la testa, queste case erano prive dei servizi essenziali per una vita dignitosa: le reti fognarie erano carenti, l’acqua potabile limitata e le infrastrutture pressoché assenti. A peggiorare ulteriormente la situazione, la grave scarsità di risorse alimentari nel dopoguerra. Gamcheon era, a tutti gli effetti, uno slum, dove la fame e la povertà dominavano la vita quotidiana.
La fuga verso la città: dal sovraffollamento al silenzio
Ogni abitante cercava, come poteva, di sopravvivere un giorno alla volta e sostenere la propria famiglia. Ma col tempo, di fronte a una realtà fatta solo di miseria e desolazione, molti scelsero di andarsene. In cerca di un futuro migliore, lasciarono il villaggio per tentare la fortuna nelle grandi città. Questo esodo portò la popolazione di Gamcheon da circa 30.000 a meno di 8.000 abitanti, lasciando dietro di sé migliaia di case vuote, abbandonate al degrado e al silenzio.
La rinascita di Gamcheon
Il progetto “Sognando Machu Picchu a Busan”
Con l’arrivo del nuovo secolo si cercò di migliorare le condizioni di quello che stava lentamente diventando un villaggio fantasma. Così, nel 2009, il Ministero della Cultura e del Turismo della Corea del Sud avviò un progetto di riqualificazione della zona, conosciuto come “Sognando Machu Picchu a Busan”, che in poco tempo trasformò il villaggio da baraccopoli a centro culturale e artistico.
Una nuova Gamcheon: l’arte nata dal collettivo
Professori, artisti e studenti d’arte provenienti da ogni parte del Paese si unirono per dare nuova vita al villaggio. Con l’aiuto attivo degli abitanti, le case vennero ridipinte con colori vivaci, ristrutturate e, in alcuni casi, trasformate in musei e gallerie. Le strade iniziarono a popolarsi di murales e installazioni artistiche, molte delle quali ispirate alla storia de Il Piccolo Principe, mentre nei vicoletti cominciavano a spuntare piccole botteghe, caffè e punti ristoro. Il villaggio di Gamcheon era finalmente diventato il Gamcheon Culture Village, grazie allo sforzo e alla volontà di migliaia di volontari e artisti.
Memoria e identità: Gamcheon oggi
Un passato che non si dimentica
Nonostante la sua nuova luce, però, si decise di non dimenticare il difficile passato di questo luogo, anche per onorare in qualche modo i sacrifici di coloro che vi avevano vissuto in precedenza. Per questo, ancora oggi, sulla mappa del villaggio è possibile trovare alcuni punti che collegano questo ormai rinomato centro turistico al suo passato. Uno di questi è “le scale per vedere le stelle”: nonostante il nome quasi poetico, questi 148 gradini con una pendenza notevole, un tempo rappresentavano il collegamento più diretto tra la parte bassa e quella alta del villaggio. Si racconta che chi le percorreva, spesso trasportando carichi pesanti, arrivasse in cima talmente stremato da vedere davvero le stelle, stordito dalla fatica.
Una nuova vita tra arte e turismo
Oggi il Gamcheon Culture Village è una delle mete turistiche più apprezzate di Busan, le sue case color pastello, i murales artistici, le installazioni creative e i vicoli animati da bar, ristoranti e piccoli negozi attirano turisti da tutto il mondo. La sua storia ci ricorda che, come spesso accade, è nelle crepe della fatica che germoglia qualcosa di inaspettatamente bello.
Fonte immagine: Archivio personale