Tra i più straordinari siti archeologici scoperti in Cina nel XX secolo figura quello di Sanxingdui, situato nel distretto di Guanghan, nella provincia del Sichuan, nell’area sud-occidentale del Paese, al confine con l’altopiano tibetano. Questo sito ha rivelato una civiltà avanzata e autonoma, rimasta a lungo sconosciuta, ma oggi considerata una delle più importanti culture dell’età del bronzo cinese.
La scoperta del sito di Sanxingdui: da ritrovamento casuale ad antica capitale
Sanxingdui venne scoperto casualmente negli anni ’20, quando alcuni contadini durante lavori agricoli rinvennero oggetti in giada, poi immessi nel mercato antiquario. L’interesse suscitato da questi manufatti spinse gli archeologi ad avviare scavi sistematici in varie zone dell’area, portando alla luce un’antica città murata di circa 12 km², risalente al 1400 a.C., contemporanea alla fondazione di Anyang, ultima capitale della dinastia Shang. La città era protetta da mura su tre lati, mentre il quarto lato era naturalmente difeso dal fiume Jian. All’interno delle mura si distinguevano quattro aree funzionali:
- una zona di laboratori artigianali, vicino al fiume
- un’area centrale riservata all’élite regnante
- una zona residenziale
- un’area sacrificale situata nell’angolo sud-occidentale
Sanxingdui è stata identificata come la capitale dell’antico regno di Shu, nome arcaico della regione del Sichuan. Questo popolo viene menzionato in alcune ossa oracolari dell’epoca Shang, ma non esistono iscrizioni dirette lasciate da loro. Fino al 1986, il sito non aveva ancora restituito reperti di eccezionale rilievo; tutto cambiò con la scoperta di due grandi fosse rettangolari, interpretate come pozzi sacrificali, databili intorno al 1200 a.C., coevi alla celebre tomba di Fu Hao.
I reperti di Sanxingdui: cosa è stato trovato nei pozzi sacrificali
I due pozzi contenevano oltre 1.200 oggetti realizzati in bronzo, oro, giada, ceramica e materiali organici come ossa, conchiglie e zanne di elefante. Molti di questi reperti erano frammentati o bruciati, suggerendo una funzione rituale e sacrificale. L’organizzazione interna dei depositi era stratificata:
- Strato inferiore: oggetti minuti in giada e conchiglie
- Strato mediano: grandi bronzi cerimoniali
- Strato superiore: zanne e denti di elefante
Questa disposizione fa supporre un rituale progressivo, in cui gli oggetti venivano offerti e deposti per strati, forse al termine di cerimonie complesse.
Le opere di bronzo: maschere e statue monumentali
Tra i reperti più sorprendenti vi sono le maschere in bronzo e una statua alta oltre due metri, raffigurante una figura maschile in tunica, scalza, adornata con gioielli, copricapo e fori auricolari, in origine probabilmente destinata a impugnare oggetti oggi perduti. Le teste e maschere bronzee, alte anche più di 60 cm, si suddividono in due grandi tipologie:
- Maschere antropomorfe: con tratti umani realistici
- Maschere ibride o simboliche: con orecchie non umane o elementi stilizzati non realistici
Dal punto di vista tecnico, le maschere venivano fuse in più parti, come orecchie, bulbi oculari, volto e successivamente assemblate. Un ulteriore elemento distintivo rispetto alla coeva cultura Shang è l’uso di decorazioni in oro, come fogli d’oro applicati su maschere e oggetti cerimoniali, elemento raro per l’epoca e indicativo di pratiche e credenze originali.
Il mistero di Sanxingdui: una civiltà unica ancora da decifrare
Sanxingdui rappresenta una civiltà sofisticata, autonoma e visivamente potente, che si sviluppò al di fuori dell’influenza diretta della Cina centrale, pur essendo contemporanea ai grandi centri Shang. I suoi monumenti, l’organizzazione urbanistica e soprattutto le imponenti opere rituali in bronzo e oro, continuano a sfidare gli archeologi e a ridefinire i confini della storia antica cinese.
Fonte immagini: Michael Gunther via Wikimedia Commons, kudumomo via Flickr