Le leggende sulle sirene popolano le storie di ogni cultura. Dal Giappone arriva l’incredibile racconto di Yaobikuni, una monaca che, secondo il mito, ottenne una vita di 800 anni dopo aver mangiato la carne di un ningyo. Questa creatura è uno yōkai, ovvero un’entità soprannaturale del folklore giapponese, il cui nome (人魚) significa letteralmente “pesce-persona”.
Indice dei contenuti
1. Il ningyo: immortalità e maledizioni
Secondo le leggende, la carne di ningyo conferisce a chi la ingerisce una longevità straordinaria o la vita eterna, insieme alla perenne giovinezza. Questo dono ha però un prezzo: la creatura è considerata un presagio. La sua cattura è associata a una terribile maledizione che si abbatte su coloro che l’hanno ferita o pescata. Esistono racconti nella cultura popolare di interi villaggi spazzati via da onde anomale o terremoti dopo che un esemplare era stato trovato nelle reti. A differenza delle sirene occidentali, il ningyo non è sempre descritto come una creatura di bellezza, ma spesso con tratti scimmieschi e un corpo di pesce ricoperto di scaglie dorate, come documentato da diverse fonti sul folklore giapponese.
Elemento chiave | Ruolo e significato nella leggenda |
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Il ningyo (persona-pesce) | È lo yōkai la cui cattura scatena la vicenda, portatore sia di sventura che del dono della longevità. |
La carne del ningyo | È la fonte dell’immortalità involontaria della protagonista, un cibo temuto e rifiutato da tutti tranne che da lei. |
Yaobikuni (monaca degli 800 anni) | È la giovane donna che, mangiando la carne, è condannata a vedere morire tutti i suoi cari e a vagare per secoli. |
La caverna a Wakasa | Rappresenta il luogo del suo ritiro finale, dove cerca pace dalla sua lunga e dolorosa esistenza. |
2. La leggenda di Yaobikuni, la monaca immortale
La storia di Yaobikuni (talvolta descritta come figlia di un pescatore, altre di un nobile) inizia quando suo padre trova nelle reti un grande pesce con una faccia umana. Ignaro della sua natura, organizza un banchetto per servirlo agli abitanti del villaggio. Durante la festa, un commensale più accorto si intrufola in cucina e scopre che si tratta di un ningyo. Spargendo la voce, tutti gli invitati, terrorizzati dalle conseguenze, decidono di non mangiare. Fingendo di aver gradito il pasto, nascondono la carne nelle maniche dei loro kimono per poi gettarla sulla via di casa. Uno di loro, però, a causa dell’ubriachezza, dimentica di sbarazzarsene e, una volta a casa, la offre alla sua giovane figlia.
L’uomo si rende presto conto del suo gesto e teme che una maledizione colpisca la ragazza. Invece, non accade nulla e la fanciulla cresce in buona salute. Il tempo, però, inizia a svelare la vera natura del dono: mentre tutti i suoi familiari e amici invecchiano e muoiono, lei conserva intatta la sua giovinezza. Rimasta sola al mondo, decide di farsi monaca, prendendo il nome di Yaobikuni.
3. Il lascito e i luoghi della monaca
La monaca trascorre gran parte della sua lunghissima esistenza viaggiando per il Giappone, aiutando i bisognosi e compiendo buone azioni. Stanca delle continue sofferenze e perdite a cui la sua immortalità la costringe ad assistere, Yaobikuni sceglie infine di ritirarsi in solitudine in una caverna nella provincia di Wakasa (oggi parte della prefettura di Fukui). Lì, si dice che abbia pregato giorno e notte per poter finalmente porre fine alla sua vita, fino a tramutarsi in una roccia. Ancora oggi, la sua leggenda è legata a luoghi reali: racconti locali menzionano alberi antichi che si dice siano stati piantati da lei durante i suoi viaggi. La prefettura di Fukui, in particolare la zona di Obama, è ricca di templi e luoghi legati al suo mito, mantenendo viva la memoria della monaca immortale.
Fonte immagine di copertina: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 15/09/2025