Disintegrazione al Teatro Civico 14: intervista agli artisti

Disintegrazione

Disintegrazione è uno spettacolo messo in scena al Teatro Civico 14 di Caserta; abbiamo intervistato, per l’occasione, la compagnia. Lo spettacolo ha debuttato il primo ottobre ed è stato in cartellone fino al 3 ottobre, ma sono programmate altre date, in vari teatri italiani.

Disintegrazione: intervista alla compagnia

Disintegrazione è una «contaminazione artistica»: cosa intendete? Qual è il senso profondo di questa rappresentazione scenica?

Electroshocktherapy è un nuovo progetto che nasce per sperimentare tra i confini del teatro e della musica, passando per le arti visive, dando vita a una performance ibrida non strettamente legata agli schemi dell’una e dell’altra disciplina, coinvolgendo di volta in volta artisti diversi per indagare nuovi linguaggi e possibilità̀ di creazione collettiva. DISINTEGRAZIONE è la prima produzione di EST, che vede mescolarsi tra loro teatro, musica e visual art in un’unica performance dal vivo, attraverso la distruzione e ricostruzione (secondo i canoni di EST) di artisti e storie che hanno caratterizzato la formazione e il percorso dei componenti del progetto. Un percorso sonoro e visivo, tutto in forma live, scandito dalle parole di David Bowie, Marilyn Monroe, the Cure, J. C. Ballard, Joy Division, Baudelaire e da una preghiera in onore della Santissima Muerte messicana, con momenti in lingua madre.

Siete un collettivo giovane: chi sono gli Electroshock Therapy [EST]? Qual è il loro messaggio sul palco?

Electroshocktherapy nasce durante il lockdown ai tempi del COVID19. Paky Di Maio, musicista e sound designer, e Ilaria Delli Paoli, attrice e organizzatrice teatrale, lavorano da dieci anni insieme realizzando spettacoli per il teatro. I loro percorsi si intrecciano con quello di Francesco Zentwo Palladino, designer e visual artist.

La possibilità di manipolare, conservare e generare suoni al di fuori del contesto tradizionalmente musicale è al centro del percorso di ricerca musicale della sound art di Paky Di Maio: una pratica artistica ibrida, non istituzionalizzata, a cavallo tra sperimentazioni artistiche e produzione musicale, soprattutto elettronica; in essa possono essere incluse tutte le produzioni nell’arte contemporanea che introducono il suono come sua componente essenziale, come le registrazioni ambientali.

A livello attoriale, invece, per Ilaria Delli Paoli, esplorare la propria voce e i suoi margini di possibilità richiede non soltanto un impegno attento e considerato, ma anche un certo coraggio emotivo e immaginativo: è un’avventura strabiliante nella sua libertà e diversità, non solo confinabile ad escursioni folli o eroiche, esilaranti, come questi viaggi potrebbero essere. L’esplorazione potrebbe essere lunare, lirica o deliziosamente triste, potrebbe far arrivare fantasmi inaspettati e ricordi, incontri emozionanti oppure spaventare; in sintesi: ad ogni persona e ad ogni luogo la propria immaginazione e musicalità.

Il tutto è supportato dalla presenza live del visual artist Francesco Zentwo Palladino, che riproduce con la tecnica del visual mapping le sensazioni e le suggestioni sonore attraverso ombre, luci, colori ed effetti digitali sulle pareti del cubo nel quale i tre perfomer sono immersi/inseriti/ingabbiati.

Sul palco condividiamo semplicemente col pubblico quello che siamo, il che significa un sacco di cose diverse che molte persone sono propense a giudicare male e a odiare: un carnefice, una schizofrenica, un martire, una dipendente, una rockstar, una strega. Viaggiatori del tempo, sovversivi, ammutinati, eretici, anarchici. La piaga e la cura.
L’abominio e l’incanto.
In una parola:
performers.

Il vostro spettacolo ha debuttato in apertura alla XIII stagione del Teatro civico casertano: quali sono state le emozioni ad essere lo spettacolo “apri-fila” della stagione?

Aprire la stagione teatrale quando si gioca in casa è sempre una responsabilità e un’emozione forte. Veniamo dalle restrizioni per il covid19, quindi la nostra platea era ridotta a 30 posti (dagli originari 80), ma non abbiamo assolutamente pensato a questo e alle difficoltà imposte dal protocollo sanitario; abbiamo lavorato a lungo ( lo spettacolo ha avuto una gestazione di 10 mesi) e sperimentando continuamente, senza mettere freni a stimoli e creatività; abbiamo impiegato tutte le forze a disposizione della squadra del Civico 14 (tutta la compagnia è stata coinvolta nell’allestimento della perfomance: Antonio Buonocore e Nicola Bove con le scene, Alina Lombardi con i costumi, Marco Ghidelli con le foto, e i soci del teatro Roberto Solofria e Luigi Imperato per i consigli tecnici e di regia). Siamo felici di aver aperto nuove possibilità di linguaggi alternativi alla prosa, sia per il teatro che per il pubblico.

La vostra idea è riassumibile con l’azione di «sperimentare tra i confini del teatro e della musica, passando per le arti visive, dando vita a performance ibride non strettamente legate agli schemi dell’una e dell’altra disciplina, coinvolgendo di volta in volta artisti diversi per indagare nuovi linguaggi e possibilità di creazione collettiva»: cosa, praticamente, intendete realizzare e fin dove spingete la vostra concezione artistica?

La vita umana, dicevano gli antichi, è breve. L’arte, invece, è lunga, immortale: sopravvive alle generazioni degli uomini che, come foglie, nascono e dileguano nel tempo di un mattino.
Se la
performance possiede uno statuto specifico, allora, è quello di dar vita ad una sorta di ‘anti-paradigma’ che agisca in modo di destrutturare dalle fondamenta il paradigma tradizionale. La creatività propugnata dalla performance è una forza umana universale, un’energia vitale che permette a ciascuno, con qualunque mezzo egli disponga, di ‘divenire ciò che è’. Poco importa quale forma assuma, alla fine, questo conatus; tutto infatti può farvi parte: l’intero mondo della vita ne è oggetto, nel suo più comune dispiegarsi in routine, abitudini, atteggiamenti e attività banali come mangiare, scrivere, parlare, sedersi, camminare.
Sul palcoscenico, gli artisti performativi non ‘rappresentano’ altri che loro stessi, anche qualora l’intento performativo sia di lasciare che la pluralità discorde degli io si dispieghi davanti al pubblico. Quando un
performer interpreta un personaggio, sostiene infatti l’artista cileno Guillermo Gómez-Peña, «lo fa sempre volutamente in modo parziale, muovendosi dentro e fuori dal ruolo senza mai abbandonare del tutto la propria identità di persona singola». Le azioni compiute nelle performance, i materiali che vi si utilizzano, gli effetti che ne derivano non pretendono di essere null’altro da ciò che sono: essi sono ‘brutalmente’ reali, sono veri: il loro significato è contenuto, in altre parole, in una autenticità che non inganna, non finge, ma semplicemente si manifesta sulla scena.

Disintegrazione ha debuttato nei giorni scorsi a Caserta e prossimamente sarà portato in vari teatri italiani: ricordate ai nostri lettori le prossime tappe del vostro viaggio teatrale?

Le prossime date saranno sempre a Caserta al Teatro civico 14, nei giorni 12, 13 e 14 novembre 2021. Poi saremo ospiti della stagione di Off Topic di Fertili Terreni con Cubo Teatro, saremo nel 2022 al Nuovo Teatro Sanità di Napoli e al Mulino Pacifico di Benevento; ma altre date sono in via di definizione, e speriamo di portare Disintegrazione in spazi non convenzionali, all’aperto, magari in qualche festival, anche di musica elettronica.

Ringraziando la compagnia, ricordiamo i riferimenti per seguire i membri del collettivo e il Teatro Civico 14:

@teatrocivico14 (facebook e instagram)

www.teatrocivico14.it

@electroshocktherapy su face book

@electroshocktherapy_est su Instagram

https://electroshocktherapy.it/ (in costruzione)

Fonte immagine in evidenza: Teatro Civico 14

A proposito di Roberta Attanasio

Redattrice. Docente di Lettere e Latino. Educatrice professionale socio-pedagogica. Scrittrice. Contatti: [email protected] [email protected]

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