Al Campania Teatro Festival debutta lo spettacolo di Elio Germano Il sogno di una cosa, liberamente inspirato al capolavoro di Pasolini e accompagnato dalle musiche evocative di Teho Teardo. Lo spettacolo, andato in scena nel cortile della Reggia di Capodimonte lo scorso 28 Giugno, è un racconto in parole e musica attraverso il quale Germano e Teardo rievocano fantasmi di un passato prossimo che somigliano in maniera impressionante ai fantasmi di oggi.
1948, il secondo conflitto mondiale è appena dietro le spalle e l’Italia, come il resto dell’Europa, cerca con fatica di rialzarsi dal letto di macerie e sofferenze che la guerra ha lasciato dietro di sè. E’ una terra dilaniata e affamata quella che si è appena risvegliata dall’incubo della guerra, una terra i cui figli hanno negli occhi il buio della disperazione, disperazione per quello che è appena passato ma soprattutto disperazione per un futuro che appare loro ancora più tetro. Di questo scenario di dolore Pasolini ci offre un crudo e autentico ritratto scegliendo tra tanti angoli d’Italia uno dei più lontanti e più martoriati, il Friuli Venezia Giulia. Protagonisti tre giovani appena ventenni che hanno vissuto la guerra da spettatori ma sono costretti a subirne tutte le conseguenze muovendo i loro primi passi adulti in un contesto di estrema povertà e precarietà.
I giovani friulani de Il Sogno di una cosa si materializzano sul palcoscenico attraverso le parole e l’intensa interpretazione di Elio Germano, sembra quasi di vederli mentre si incamminano verso il confine camminando sotto la pioggia per chilometri e chilometri verso la Slovenia, la terra del comunismo e delle speranze di rivincita popolare. E ancora ne sentiamo il dolore e la delusione attraverso le musiche di Teho Teardo quando, rinchiusi in una cella, vedono infranti tutti i sogni di riscatto e ripensano con malinconia alla familiare povertà dei loro paesi nativi. Le immagini si susseguono tra le pagine che Germano lascia cadere sul palcoscenico e sembra di volare nel tempo, ancora un salto in avanti alle lotte contadine e popolari che vedono coinvolti i tre giovani al rientro a casa, una nuova coscienza politica li anima ma a far scattare la molla e ancora e soprattutto una condizione di indigenza e povertà senza speranza.
I mesi trascorrono e quel boom economico che l’Italia aspetta con ansia comincia già a fare capolino oltre il decennio, restituendo al disordine un nuovo ordine e nuovi sogni. La vita ormai adulta si presenta sotto una dimensione diversa dove non c’è più spazio per i grandi sogni e le ideologie politiche, ma solo per sogni di cose piccole e concrete, una ragazza da amare, un lavoro che consenta una vita dignitosa, una famiglia e una casa. La trasformazione borghese è ormai arrivata e il desiderio di integrarsi e omologarsi contagia tutti spingendoli oltre ogni limite fino a morirne.
Ne Il sogno di una cosa di Germano e Teardo c’è il racconto di un passato che sembriamo aver cancellato dalla memoria, c’è il tentativo di ricordare a tutti come siano simili i sogni e la disperazione, che animava pochi decenni fa i nostri padri a lasciare la terra natia per andare incontro all’ignoto, a quelli che vediamo impressi negli occhi dei migranti che approdano oggi sulle nostre coste. E’ un destino che si inverte ma attraversando il tempo coserva ancora le stesse forme e lo stesso dolore, un destino che ci accomuna tutti e che va affrontato insieme, con la consapevolezza che non c’è salvezza senza solidarietà. Il messaggio di Germano, mutuato dalle parole di Pasolini e consacrato dalle note di Teardo, arriva forte e chiaro, è un messaggio sempre uguale a se stesso ma mai come oggi necessario.
LIBERAMENTE TRATTO DAL CAPOLAVORO DI PIER PAOLO PASOLINI
DI E CON ELIO GERMANO, TEHO TEARDO
PRODUZIONE INFINITO TEATRO DI PIERFRANCESCO PISANI