Il cimitero delle bambole, l’esordio di Iervolino Maria | Recensione

“Il cimitero delle bambole”, da un libro di Maria Iervolino, edito da IoScrittore

La trama

Boccapianola è un nucleo di sole e cemento, un piccolo paese non lontano da Napoli, abituato a nascondere i propri sentimenti, il proprio coraggio, la propria insussistenza dietro alla grande città. Boccapianola è un piccolo serbatoio: di emozioni e umanità, per affrontare una Storia sempre troppo grande e troppo distante; di manodopera per la camorra, sempre pronta a riempire pance e svuotare sguardi, a distruggere e ricreare una piccola morale quotidiana, utile a chi comanda. A Boccapianola non è difficile incontrare corpi riversi ai bordi delle strade disastrate. Nel maggio del 2010 una donna viene ritrovata, uccisa, in un campo. Pare un delitto come tanti, ma, in realtà è rivelatore di tutto un mondo, di sangue che non ha mai smesso di scorrere, di amore che non ha mai smesso di seccarsi a un sole troppo forte e per nulla benefico. Soprattutto è cosa da donne, uniche e fragili, aggredite fin da piccole, inchiodate a necessità sempre imposte da uomini, anch’essi allo stesso tempo vittime e carnefici. Queste donne, Melina e le altre, sapranno raccontare e soprattutto vivere questa storia; sapranno dare senso ai loro gesti e direzione ai loro passi. E noi abbiamo la possibilità, attraverso i loro occhi e la loro voce, di rievocare quarant’anni di un entroterra accorto e nascosto, di un popolo ingenuo e perverso, condannato a essere solo un cimitero di bambole.

Contrasti di scenari

Il romanzo parte fin da subito con un forte contrasto, da un lato si ergono i noccioleti di Boccapianola, dall’altro il rosso di una donna uccisa sul ciglio della strada. Il contrasto cromatico rende fin dall’inizio la storia spaccata in due decisi scenari, da una parte la vita contadina che si annida quasi in una quotidianità noiosa, dall’altra gli effetti conturbanti di una modernità violenta e imprevedibile.

Boccapianola viene presentato come un luogo tranquillo dove la vita per molto tempo si è perpetuata in maniera tenue, tuttavia, laddove l’occhio umano non giunge, si può arrivare all’ombra della questione. Il paese di campagna, infatti, a poco a poco, nella narrazione della Iervolino, cambia veste, diventando un luogo dove gli affari di malavita, il denaro e la morte giungono in maniera prepotente e feroce.

La Iervolino racconta in maniera esaustiva il degrado contadino, il peso delle condotte camorristiche, la gravità di alcune azioni riconducibili agli episodi di cancro e cattiva salute, per giungere fino agli eventi di riconduzione storica, come il terremoto o le eruzioni. Anche il tema del sesso, attraverso alcuni personaggi sarà indagato in maniera efficace. Si racconterà di rapporti superficiali quasi al limite con la fanciullezza, fino a toccare la profondità di effusioni complete, di rapporti seri e duraturi. Anche la morte sarà vista da vicino attraverso alcune sparizioni scioccanti, o attraverso il sangue di alcune morti prevedibili o meno.

Melina e le altre piccole donne

Il personaggio cardine è senz’altro quello di Melina. Conosciamo la sua figura fin da subito attraverso una narrazione sincera e verace. L’autrice racconta la spontaneità di una bambina che gioca a fare la mamma, e la voglia di non lasciar cadere mai le vesti di figlia e bambina, a dispetto di altri personaggi, che di continuo vedremo impegnati nella ricerca di una sfera adulta e sessualizzante. Melina è ingenua e differente rispetto alle sue coetanee, nonostante il suo desiderio di -non crescere mai- però, spesso dimostra una prontezza di scelte che altri non sembreranno avere. Attraverso le vicende che la riguardano vedremo da vicino il cambiamento curioso che attraversa il corpo e la mente di una bambina. Vedremo una Melina che gioca, e poi una che guarda le sue coetanee impegnate in giochi d’amore, fino a toccare la sua adolescenza, guardando più da vicino l’arrivo del ciclo mestruale, lo sviluppo fisico, e quasi un cambiamento di intenti per ciò che concerne il suo futuro.

A fare da contro parte è senz’altro il personaggio di Anna, amica di Melina, che mette i suoi sogni prima di ogni altra cosa. Con Anna assisteremo al desiderio d’emancipazione che poco aleggiava nell’aria di quegli anni. Anna sarà quasi un legame con la modernità che conosciamo, sarà il cavillo attraverso il quale scorgere la fuga, il cambiamento, e una spruzzata decisa di femminismo. Attraverso la sua storia vedremo ad occhi spalancati l’arretratezza di quegli anni, il patriarcato becero con il quale le donne potevano essere qualcosa e qualcuno solo in funzione degli uomini.

Accanto a Melina e Anna si staglieranno le figure di Teresa. Virginia e Daniela. Con le loro storie vedremo da vicino diversi macro argomenti, utili al fine della storia generale. Il gruppo di amiche, tutte diverse tra loro, permetteranno al lettore una visione diversificata degli avvenimenti, riuscendo a giungere ad una completa comprensione delle vicende.

Il personaggio antagonista della storia è quello di Renato.  Considerato il “malombra”, sarà tutto il tempo un uomo mascherato capace di compiere scelte efferate e contro natura. La sua figura non troverà mai redenzione fino alla fine. La sua maschera da fruttivendolo sorridente, toccherà le corde di una morbosità sporca e cattiva.

Sia gli eventi riguardo il terremoto che quelli sulla camorra saranno sapientemente descritti dall’autrice. Le cose viste attraverso vari occhi di varie età, faranno cogliere tutte le sfumature possibili, dall’ingenuità alla paura, dalla rabbia alla stanchezza, fino a giungere alla voglia di cambiare tutto e iniziare da capo.

Violenze sessuali e villa Ginestra

Gli episodi di violenza sessuale e assassinio saranno raccontati in maniera delicata senza mai tralasciare la nota negativa e cruda degli avvenimenti, i quali vanno eviscerati con diligenza e attenzione.

A metà tra il fiabesco e la realtà, gli eventi di Villa Ginestra, nominata più volte durante i capitoli, racconteranno un lato storico ed uno umano di un posto che un po’ mette i brividi e un po’ incanta.

I dialoghi disseminati da parti dialettali, sono efficaci e precisi, scritti da una penna capace di emozionare e aggiungere tensione laddove richiesta.

Il cimitero delle bambole, il cui titolo evoca la crudezza e la fanciullezza di un mondo rovesciato da mani inesperte, è un libro che merita tutta l’attenzione di chi necessita di vedere da vicino, ad occhio nudo, partenze, scelte, punti di arrivo e punti di ripartenza, in un libro che quasi sfiora il noir, dove le storie di piccole grandi donne diventano a poco a poco quelle di tutte noi.

Immagine in evidenza: Ufficio Stampa

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